Nel condominio “contabilizzato” il proprietario dell’appartamento che si trova sopra una parte comune non coibentata non puo’ pretendere una riduzione delle spese di riscaldamento

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riferimenti normativi: art. 1123 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II., Sentenza n. 28282 del 4/11/2019

La vicenda

Una condomina proprietaria di un appartamento al primo piano, soprastante un androne di uso comune, aperto e non coibentato, non riusciva a scaldare sufficientemente l’appartamento.

Di conseguenza si rivolgeva agli altri condomini, chiedendo l’installazione di nuovi caloriferi senza variazione della tabella riscaldamento, con conseguente maggior calore e minore spesa: in altre parole pretendeva il riparto delle spese secondo i millesimi della tabella riscaldamento in vigore (calcolata sulla base della superficie radiante), senza nessun aumento dei suoi millesimi in ragione dell’aumento dei termosifoni.

L’assemblea accettava la proposta e si impegnava anche per il futuro ad accogliere tutte le richieste simili portate da altri condomini che avessero lamentato un minor riscaldamento della singola unità immobiliare per problemi dell’impianto centralizzato.

Poi però, il condominio passava, come imposto dalla legge, al sistema di contabilizzazione di calore. In particolare venivano installate le termovalvole e a ciascuno appartamento veniva attribuito in conto spese il consumo effettivo per l’82% del costo globale, mentre per la restante quota del 18% il riparto veniva eseguito secondo una nuova tabella approvata con apposita delibera.

La condomina notava che con le nuove tabelle approvate e applicate – basate sulle termovalvole che misurano il riscaldamento in concreto erogato in ogni appartamento – avrebbe dovuto sostenere una spesa ben superiore, rispetto al passato. Per quanto sopra si rivolgeva al Tribunale per richiedere l’annullamento della delibera di approvazione della diagnosi energetica e delle nuove tabelle per il riparto delle spese di riscaldamento e di acqua calda, nonché la decisione successiva ed esecutiva della prima, che aveva respinto la proposta di mediazione per una soluzione transattiva della vertenza.

Il condominio si difendeva sottolineando la piena validità della delibera in quanto l’approvazione della nuova tabella di riparto dei consumi di riscaldamento e di acqua calda era imposta dal D.Lgs. n. 102/2014 che aveva introdotto l’obbligo per tutti i caseggiati di dotarsi sugli impianti termici centralizzati di un sistema di contabilizzazione e termoregolazione di calore. Del resto i condomini notavano come secondo il tecnico incaricato della redazione delle tabelle i coefficienti correttivi fossero vietati dalla legge.

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La questione

Nel condominio “contabilizzato” il proprietario dell’appartamento che si trova sopra una parte comune non coibentata può pretendere una riduzione delle spese di riscaldamento?

La soluzione

Il Tribunale ha dato ragione al condominio.

Secondo lo stesso giudice, il sistema UNI 10200, voluto dalla normativa sulla contabilizzazione di calore, effettivamente penalizza nel calcolo dei millesimi sia i primi piani che gli ultimi. Come nota il Tribunale però rappresenta un semplice calcolo fatto dal tecnico che toglie ogni discrezionalità allo stesso. Del resto è emerso che anche altre unità immobiliare, collocate in una posizione del complesso condominiale svantaggiata, erano state allo stesso modo penalizzate con quote millesimali maggiori. In ogni caso per il Tribunale la maggior esposizione di un appartamento nel condominio, rispetto a quelli invece posti in piani superiori al primo e comunque non posti all’ultimo piano, non può essere addebitata agli altri condomini.

Le riflessioni conclusive

A seguito dell’adozione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione vi sono due diverse modalità per la ripartizione della spesa del riscaldamento.

La prima – come risulta dal rinvio fatto dall’articolo 9, comma 5, lettera d) del Dlgs. 102/2014 – è quella contenuta nella norma Uni 10200 che lega il costo del servizio riscaldamento agli effettivi consumi di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto.

La Uni 10200 distingue due tipologie di consumi connessi al riscaldamento: volontari ed involontari. I primi prevedono una quota variabile e si riferiscono alle abitudini dei singoli condòmini, che regolano a loro piacimento, (nel rispetto dei limiti di legge), la temperatura dei caloriferi. I consumi involontari, al contrario, non dipendono dalle azioni degli utenti e riguardano soprattutto le dispersioni di calore dell’impianto, ricollegabili alla distribuzione di accumulo. Questi consumi vanno suddivisi in base ai millesimi di riscaldamento calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, ossia della quantità di energia che ogni appartamento dovrebbe idealmente richiedere per mantenere una temperatura interna costante di 20 °C durante l’intero periodo in cui è attivo il riscaldamento.

Questo calcolo comporta la creazione di una tabella di fabbisogno per ripartire la spesa per il consumo involontario (espressa in millesimi di fabbisogno calore) nella quale dovrà essere prevista anche una quota relativa all’unità immobiliare del distaccato.

La norma Uni prevede, infatti, che le spese delle perdite di calore delle reti siano divise in modo proporzionale al fabbisogno di energia di ogni singolo alloggio, indipendentemente dal fatto che il condomino attinga o meno calore.

Del resto l’impianto resta comunque di proprietà irrinunciabile anche dei distaccati che dovranno contribuire ai costi per le dispersioni dello stesso.

In ogni caso la norma Uni 10200 stabilisce che le nuove tabelle di fabbisogno siano utilizzate non solo per la ripartizione dei consumi involontari come sopra indicati, ma anche per ripartire i costi gestionali, le spese del tecnico abilitato alla conduzione e all’esercizio della centrale termica ed in generale tutte le spese riferite al godimento del servizio e non alla conservazione del bene.

Nel caso in cui la norma Uni 10200 non sia applicabile o benché applicabile, siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio (o l’edificio polifunzionale) superiori al 50 per cento, l’assemblea (con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi) potrà decidere se applicare o meno la norma Uni 10200.

Qualora si voglia seguire il nuovo criterio è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica.

Gli importi rimanenti (cioè i consumi involontari) vengono predeterminati dal legislatore nella misura del trenta per cento della spesa complessiva, percentuale che può essere ridotta dalla collettività condominiale fino ad arrivare all’un per cento degli oneri del riscaldamento centralizzato (ma non può essere totalmente eliminata).

La differenza sostanziale rispetto all’applicazione della Uni 10200 consiste nella non necessità di provvedere al calcolo di una nuova tabella millesimale.

Come precisa infatti il nuovo articolo 9, comma 5, del Dlgs. 102/2014, lettera d), come modificato dal Dlgs. 141/2016 (entrato in vigore il 26/07/2016), i consumi involontari possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.

Qualunque soluzione adottata, rimane fermo però che non è possibile adottare coefficienti correttivi per favorire condomini con appartamenti in posizione svantaggiata, determinando un maggior costo di riscaldamento a carico degli altri condomini.

Le nuove modalità di ripartizione della spesa introdotte con il Dlgs 141/2016 sono facoltative nei condomini ove alla data di entrata in vigore dello stesso (26 luglio 2016), si era già provveduto all’installazione dei dispositivi di legge e alla relativa suddivisione delle spese.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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