L’incontroversa mancata corresponsione (quantomeno per intero) degli onorari ai tecnici incaricati della progettazione non può non comportare la reiezione di ogni correlativa pretesa reintegratrice
attesa per un verso l’assenza di un comprovato depauperamento attuale e concreto dell’impresa attrice in conseguenza di asserite spese di progettazione, e considerata per altro verso la notoria frequenza della previsione di clausole contrattuali condizionanti la corresponsione degli onorari di progettazione al buon esito dell’appalto (con la precisazione, che l’onere della prova del contenuto concreto del contratto d’opera professionale incombeva all’originaria ricorrente ed odierna appellante incidentale).
Si aggiunga che, quale ragione autonoma fondante tale statuizione, le spese di progettazione sarebbero comunque venute a gravare a carico delle imprese concorrenti, a prescindere dall’esito della gara, sicché anche sotto tale profilo nulla può riconoscersi a tale titolo.
in tema di responsabilità precontrattuale, configurabile per la violazione del precetto posto dall’art. 1337 cod. civ., l’ammontare del danno risarcibile va determinato, tenendo conto dalla peculiarità dell’illecito e dalle caratteristiche di detta responsabilità che postula il coordinamento tra il principio, secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto, ed il principio, secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente: non essendo stato stipulato, infatti, il contratto, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, posto che non sono ancora acquisiti i diritti che sarebbero nati dal contratto e che non possono quindi essere lesi.
Per altro verso, l’interesse giuridico leso, a seguito dell’illecito precontrattuale in discorso, è unicamente quello al corretto svolgimento delle trattative, per cui il danno che ne consegue è necessariamente circoscritto al c.d. interesse negativo (contrapposto all’interesse all’adempimento), rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita, a causa della trattativa inutilmente intercorsa, di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5002; C.d.S., Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Ne deriva da un lato che, mancando il contratto, non è possibile richiedere, come ha fatto l’appellante incidentale a.t.i. CONTROINTERESSATA , il risarcimento del lucro cessante equivalente agli utili conseguibili, se il contratto non fosse stato poi adempiuto o fosse stato risolto per comportamento addebitabile alla controparte – con conseguente infondatezza in parte qua del correlativo motivo d’appello –, e dall’altro lato, sul piano processuale, che sia la perdita dei guadagni conseguibili da altre occasioni contrattuali (lucro cessante a reintegrazione dell’interesse contrattuale negativo), sia la relativa valutazione comparativa devono essere sorrette da adeguate deduzioni probatorie della parte che si assume danneggiata e non possono basarsi su astratte enunciazioni circa la necessiti del ricorso alla liquidazione equitativa del danno (art. 1226 cod. civ.), subordinata, anche nella materia della responsabilità precontrattuale, all’impossibilità o alla rilevante difficoltà, in concreto, dell’esatta quantificazione di un pregiudizio ontologicamente certo nella sua concreta ed effettiva sussistenza, con conseguente correttezza del mancato riconoscimento nell’impugnata sentenza, per carenza assoluta di prova, di danni risarcibili azionati per la voce in esame.
Considerazioni sostanzialmente identiche valgono a conferma del mancato riconoscimento del ristoro delle spese generali e dei costi di immobilizzo della struttura aziendale, esulanti dal ristretto alveo delle voci di danno strettamente afferenti alla partecipazione alla gara d’appalto.
Passaggio tratto dalla decisione numero 1441 del 15 marzo 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
Il T.a.r., nell’impugnata sentenza, ha riconosciuto (entro i limiti dell’interesse negativo) il danno emergente nella misura di euro 750.000,00, a titolo di ristoro delle spese amministrative e tecniche esborsate per la partecipazione alla gara (appalto-concorso, seguito dalla procedura negoziata).
Orbene, risulta, al riguardo, fondato il motivo d’appello principale, col quale è censurata la violazione, nel riconoscimento delle spese per onorari concernenti la predisposizione del progetto esecutivo dell’opera oggetto dell’appalto (connotato dall’importo considerevole a base d’asta di euro 22.732.014,00), degli artt. 2967 cod. civ., 64 cod. proc. amm. e 115, 116 cod. proc. civ., in tema di applicazione della regola di giudizio inerente alla disciplina della distribuzione dell’onere della prova in materia di diritti disponibili e di valutazione giudiziale delle risultanze probatorie.
Infatti, l’incontroversa mancata corresponsione (quantomeno per intero) degli onorari ai tecnici incaricati della progettazione non può non comportare la reiezione di ogni correlativa pretesa reintegratrice, attesa per un verso l’assenza di un comprovato depauperamento attuale e concreto dell’impresa attrice in conseguenza di asserite spese di progettazione, e considerata per altro verso la notoria frequenza della previsione di clausole contrattuali condizionanti la corresponsione degli onorari di progettazione al buon esito dell’appalto (con la precisazione, che l’onere della prova del contenuto concreto del contratto d’opera professionale incombeva all’originaria ricorrente ed odierna appellante incidentale). Si aggiunga che, quale ragione autonoma fondante tale statuizione, le spese di progettazione sarebbero comunque venute a gravare a carico delle imprese concorrenti, a prescindere dall’esito della gara, sicché anche sotto tale profilo nulla può riconoscersi a tale titolo.
A titolo di danno emergente per spese esborsate possono riconoscersi le sole spese amministrative e di consulenza, anche legale – ma escluse, quanto a queste ultime, le spese processuali inerenti alle iniziative contenziose promosse dalle imprese concorrenti, competendo la relativa liquidazione al giudice del processo –, relative al periodo da fine maggio 2009 a inizio marzo 2010 (v. sopra sub 10.2.), le quali, sulla base di una valutazione presuntiva ed equitativa, nonché in considerazione della mancata certezza dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellante incidentale (a fronte dell’altalenarsi, tra le tre imprese rimaste in gara, della qualità di aggiudicataria provvisoria, soggetta ad impugnazioni incrociate), si ritiene congruo liquidare nell’importo onnicomprensivo di euro 20.000,00 (ventimila) in moneta attuale, oltre agli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza all’effettivo soddisfo (cfr., su quest’ultimo punto, C.d.S., Sez. V, 10 febbraio 2010, n. 691, e 30 luglio 2008, n. 3806).
Nulla può riconoscersi per spese di partecipazione anteriori al 5 marzo 2009, facenti carico alle imprese concorrenti qualunque fosse l’esito della gara, ed essendo la violazione dei doveri di correttezza e buona fede ravvisabile nella condotta della stazione appaltante successiva a tale data.
Infondata è, altresì, la pretesa al risarcimento del danno c.d. curriculare – consistente nell’impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito –, presupponente la certezza dell’individuazione del contraente a contenuto contrattuale compiutamente definito, nella specie mancante.
10.4.4. Né è ravvvisabile uno specifico interesse alla definizione dell’appello incidentale nella parte in cui è teso al conseguimento dell’indennizzo da revoca legittima, in considerazione dell’applicabilità dei principi generali desumibili dall’art. 21-quinques della legge n. 241 del 1990, sulla rilevanza della conoscenza o della conoscibilità da parte (dei contraenti e a maggior ragione) dei partecipanti alla gara, “della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico”, e sulla limitazione dell’indennizzo al danno emergente, trattandosi di regole di per sé più favorevoli alle ragioni dell’Amministrazione, rispetto a quanto in generale è desumibile dall’art. 1337 cod. civ. (cfr. sul punto, di recente, C.d.S., Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662).
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