Nesso di causalità tra omissione delle cure e morte: giudizio controfattuale

Il nesso di causalità tra omissione delle cure e morte del paziente: il giudizio controfattuale. Commento a sentenza.

Allegati

Il nesso di causalità tra omissione delle cure e morte del paziente: il giudizio controfattuale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Vibo Valentia -sez. civ.- sentenza n. 129 del 20-02-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_VIBO_VALENTIA_N._129_2025_-_N._R.G._00001110_2017_DEL_20_02_2025_PUBBLICATA_IL_24_02_2025.pdf 194 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti: omissione delle cure e morte


I figli di una signora deceduta per le complicazioni conseguenti all’ingerimento di funghi nei giorni precedenti, convenivano in giudizio il medico durante della madre e due strutture sanitarie dove questa era stata ricoverata ritenendoli responsabili della morte per non aver tempestivamente posto in essere il corretto trattamento sanitario dovuto.
In particolare, gli attori sostenevano che la madre aveva manifestato malessere fisico con dolori addominali, conati di vomito e dissenteria e che pertanto il suo medico curante si era recata presso l’abitazione della paziente in tarda mattinata dello stesso giorno. Nell’occasione della predetta visita medica, i figli avevano riferito al medico curante che la madre aveva mangiato la sera prima dei funghi che aveva raccolto nel proprio giardino.
All’esito della visita medica, il curante aveva affermato che la paziente era affetta da un virus e le aveva prescritto riposo e farmaci antiinfluenzali.
Il medico curante aveva proseguito con la predetta terapia anche a seguito delle nuove segnalazioni di malessere manifestate dai figli della paziente nei due giorni successivi e della nuova visita domiciliare.
In considerazione del fatto che le condizioni della paziente non miglioravano, il terzo giorno successivo all’inizio del malessere, i figli portavano la madre al pronto soccorso dell’ospedale locale, dove veniva constatato un grave quadro clinico e veniva trasferita presso un ospedale più attrezzato e munito di reparto di anestesia e rianimazione dove veniva ricoverata.
In considerazione dello stato della paziente, i sanitari dell’ultima struttura sanitaria prospettavano la necessità di trasferire la paziente, d’urgenza con elisoccorso, presso l’ospedale di Roma per un trapianto di fegato.
Nonostante il consenso dei figli, però, il trasporto non avveniva con elisoccorso per una serie di complicanze e ritardi, e pertanto la paziente veniva trasportata solo nella serata tramite ambulanza, quando ormai le condizioni erano precipitate. Infatti, nella mattina del giorno successivo la paziente decedeva. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

FORMATO CARTACEO

Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

 

Giuseppe Cassano | Maggioli Editore 2024

2. Le valutazioni del Tribunale: il nesso causale


In considerazione del fatto che gli attori hanno formulato la richiesta di risarcimento sia per i danni subiti dai medesimi personalmente per perdita del rapporto parentale, sia per i danni loro trasmessi in via ereditaria dalla madre per la perdita di chance di sopravvivenza o di maggiore durata della vita residua, il giudice ha preliminarmente distinto i due rispettivi profili di responsabilità.
Per quanto riguarda i danni azionati iure proprio dai familiari della paziente deceduta, il tribunale ha evidenziato che la responsabilità del medico e della struttura sanitaria ha sempre carattere extracontrattuale, in quanto i congiunti del paziente deceduto non rientrano tra i terzi protetti dal contratto. Conseguentemente, l’attore ha un onere probatorio più gravoso, essendo tenuto a provare tutti i presupposti dell’illecito aquiliano (compresi il dolo o la colpa dei convenuti).
Invece, per quanto riguarda i danni subiti dal paziente e trasmessi in via ereditaria ai congiunti, la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale (in quanto fondata sul contratto di spedalità).
In entrambi i casi, però, secondo il tribunale la prova del nesso causale tra la condotta e l’evento di danno è carico del soggetto danneggiato. 
La regola attraverso cui la valutare la sussistenza o meno del nesso di causalità è quella del “più probabile che non”.
Nel caso in cui la condotta asseritamente inadempiente del convenuto ha carattere omissivo, la regola di cui sopra ha la seguente applicazione pratica: il giudice deve accertare se l’evento dannoso sia ricollegabile all’omissione, valutando con un giudizio ex ante, se detto evento dannoso non si sarebbe verificato nel caso in cui l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi.
Il predetto procedimento prende il nome di giudizio “controfattuale”, che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto dall’agente, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato.

Potrebbero interessarti anche:

3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, la consulenza tecnica che era stata espletata nel precedente giudizio penale nei confronti del medico curante e degli altri sanitari coinvolti, che il giudice civile ha ritenuto di poter utilizzare, ha escluso il nesso di causalità tra le condotte poste in essere dai predetti sanitari e il danno evento della perdita di chance di sopravvivenza o di maggiore durata della vita residua della paziente.
Infatti, i periti hanno rilevato che la paziente, a causa di ingestione dei funghi che aveva raccolto, fu colta da una sindrome a lunga latenza, i cui sintomi hanno un’insorgenza ritardata, che determina che gli interventi curativi si possono praticare solo quando ormai i principi tossici sono saldamente instaurati e il materiale ingerito è ormai assimilato: quindi quando ormai si sono già verificati danni gravi ed irreparabili a carico degli organi vitali, quali i reni e il fegato.
In ragione di ciò, i periti hanno altresì ritenuto che, anche se il trasferimento presso l’ospedale di Roma per il trapianto fosse avvenuto 12 ore prima, non avrebbe certamente scongiurato il decesso della paziente, anche perché il trapianto non sarebbe comunque stato attuabile nell’immediatezza o in tempi brevi, necessitando dei tempi tecnici adeguati e della stabilizzazione della paziente, oltre che dell’arrivo di un fegato compatibile.
Il Tribunale di Vibo Valentia ha quindi concluso che il comportamento alternativo che secondo gli attori avrebbero dovuto tenere i sanitari, non avrebbe comunque salvato la vita alla paziente e non avrebbe neanche procrastinato l’evento letale (che si sarebbe verificato nello stesso arco di tempo).
In conclusione, il giudice ha ritenuto di non poter accogliere nessuna delle domande di risarcimento danni azionate dagli attori, in quanto non sussiste il rapporto di causalità fra la condotta omessa dai sanitari e il decesso della paziente.

Avv. Muia’ Pier Paolo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento