Anna Costagliola
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha diramato una circolare (CNF n. 10-C-2014) per fornire alcune precisazioni in merito al presunto obbligo di dotarsi di POS (point of sale) che graverebbe su tutti i professionisti a partire dal prossimo 30 giugno 2014, secondo quanto prevede l’art. 15, comma 4, del D.L. 179/2012 (c.d. Sviluppo-bis), conv. in L. 221/2012.
Riportando il testo della norma, la circolare chiarisce che la previsione corrisponde a chiari intendimenti di semplificazione e non stabilisce affatto che tutti i professionisti debbano dotarsi di POS, né che tutti i pagamenti indirizzati agli avvocati dovranno essere effettuati in questo modo a partire dalla data indicata, ma solo che, nel caso il cliente voglia pagare con una carta di debito, il professionista sia tenuto ad accettare tale forma di pagamento.
Dunque, nessun obbligo di possedere un POS in studio, ovvero il dispositivo già utilizzato presso gli esercizi commerciali, che consente di accettare pagamenti in formato elettronico, collegato con il centro di elaborazione della banca che offre il servizio e consente di autorizzare ed effettuare contestualmente in tempo reale l’addebito sul conto corrente del soggetto abilitato e l’accredito sul conto dell’esercente (ovvero il professionista). Si tratta, piuttosto di un onere per gli avvocati, richiesto dal legislatore in funzione di semplificazione e di facilitazione per i clienti circa le modalità di pagamento a fronte di una prestazione professionale.
L’intenzione dichiarata del legislatore risiede nella volontà di aumentare i pagamenti in moneta elettronica per combattere l’evasione fiscale, al fine di garantire una maggiore tracciabilità dei pagamenti.
E’ in questi termini che si configura correttamente, secondo il Consiglio Nazionale Forense (CNF), l’adempimento richiesto ai professionisti dal D.L. 179/2012. La circolare, in altre parole, ribadisce la centralità della volontà della parti del contratto d’opera professionale (cliente ed avvocato) per la individuazione delle forme di pagamento, le quali potranno eventualmente convenire il pagamento tramite carta di debito.
Ribadisce pertanto il CNF che la disposizione in parola introduce un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, ed il suo campo di applicazione è necessariamente limitato ai casi nei quali saranno i clienti a richiedere all’avvocato di potersi liberare dall’obbligazione pecuniaria a proprio carico per il tramite di carta di debito. Ipotesi che, considerate le prassi in uso nei fori, per molti avvocati potrebbe anche non verificarsi mai. In ogni caso, qualora il cliente dovesse effettivamente richiedere di effettuare il pagamento tramite carta di debito, e l’avvocato ne fosse sprovvisto, si determinerebbe semplicemente la fattispecie della mora del creditore, che, come noto, non libera il debitore dall’obbligazione. Nessuna sanzione è infatti prevista in caso di rifiuto di accettare il pagamento tramite carta di debito.
Così precisati i termini della questione, viene da ultimo ricordato che la normativa regolamentare di attuazione (D.M. Sviluppo economico 24 gennaio 2014) fornisce la definizione giuridica di “carta di debito” (“strumento di pagamento che consente al titolare di effettuare transazioni presso un esercente abilitato all’accettazione della medesima carta, emessa da un istituto di credito, previo deposito di fondi in via anticipata da parte dell’utilizzatore, che non finanzia l’acquisto ma consente l’addebito in tempo reale”) e precisa il limite di valore oltre il quale si applica il predetto onere (pagamenti di importo superiore ai trenta euro, art. 2, comma 1).
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