di Biancamaria Consales
No al patronimico per il piccolo riconosciuto solo successivamente dal padre, ma piuttosto il doppio cognome di entrambi i genitori. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 27069 del 15 dicembre 2011.
Con tale decisione la Suprema Corte ha, dunque, respinto il ricorso di un padre che chiedeva l’attribuzione del proprio cognome al piccolo riconosciuto sì successivamente ma ancora in tenerissima età. In tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale, non contestualmente riconosciuto dai genitori – affermano i giudici della suprema Corte – il giudice è investito del potere dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dall’art. 262, comma 2 e 3, codice civile, avendo riguardo quale criterio di riferimento unicamente l’interesse del minore ed escludendo qualsiasi automaticità che non riguarda il patronimico per il quale non esiste nessun privilegio, nonché l’esigenza di equiparare l’attribuzione del cognome del figlio naturale a quello nato in costanza di matrimonio. Criterio direttivo deve essere, quindi, la salvaguardia dell’identità personale del soggetto anche se in tenera età. Nella valutazione va considerato il “vissuto” del minore (nella fattispecie il piccolo ha sempre vissuto con la madre), ma anche le prospettive (nella fattispecie mancava la prospettiva di coabitazione dei genitori naturali del piccolo). Pur mantenendo i rapporti con il padre è da presumere che egli vivrà con la madre. Corrisponde al suo interesse aggiungere il cognome del padre a quello della madre e garantire, anche in prospettiva, la tutela della sua identità personale in relazione all’instaurato ambiente familiare e sociale di vita.
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