Le norme di riferimento
Di decoro architettonico negli edifici in condominio, se ne occupa incidentalmente l’art. 1120 cc, che vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato ovvero che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Anche l’art. 1127 cc, in materia di costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio, fa marginalmente riferimento al decoro architettonico, laddove al 3° comma, riferisce come i condòmini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti, al pari dell’art. 1122 Cc, per cui nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Il nuovo art. 1122-bis Cc, infine, statuisce come l’installazione di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, deve in ogni caso preservare il decoro architettonico dell’edificio.
La giurisprudenza sul decoro architettonico
In mancanza di una esplicita definizione legislativa, la giurisprudenza ha definito il concetto di decoro architettonico, come l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia (Cass. n. 8731/98; Cass. n. 16098/03).
Ciò posto, la valutazione in merito all’alterazione del decoro architettonico, ai sensi dell’art. 1120 Cc, deve essere effettuata con riferimento all’intero fabbricato condominiale, pur potendo anche interessare singoli punti dello stesso, purché la modifica di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile, senza che possa assumere rilevanza alcuna invece l’eventuale impatto con l’ambiente limitrofo.
In ogni caso, fermo restando quanto testé affermato, <<nella valutazione della incidenza sul decoro architettonico di un’opera modificativa di un edificio non puo’ essere ignorata la eventuale situazione di degrado di detto decoro per preesistenti modificazioni per le quali non sia stato esercitato il diritto a pretendere il ripristino>>, tanto ha confermato il Tribunale di Ascoli Piceno, nella sentenza depositata in data 14 novembre 2017, con il quale ha rigettato la domanda del condominio tendente alla rimozione di una veranda, edificata da alcuni condòmini sui balconi di proprietà, assumendo la violazione del decoro architettonico dello stabile, con contestuale richiesta di risarcimento del danno.
Il giudizio di primo grado
Il Tribunale premette come, <<la tutela del decoro architettonico degli edifici condominiali, anche di quelli privi di particolari pregi artistici, è stata apprestata dal legislatore, all’art. 1120 II co. c.c., non in astratto, bensì in considerazione della concorrenza di due distinte circostanze concrete: 1) un’alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell’edificio, od anche di sue singole parti o di suoi singoli elementi dotati di sostanziale autonomia e 2) una consequenziale diminuzione del valore dell’intero edificio e, quindi, anche di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono>>.
Nondimeno, continua il giudice di merito, richiamando i principi cui è pervenuta la Suprema Corte nella sentenza n. 21835/2007, <<…la lesività estetica dell’opera abusivamente compiuta da uno dei condomini – che costituisca l’unico contestato profilo di illegittimità dell’opera stessa – non può assumere rilievo in presenza di una già grave evidente compromissione del decoro architettonico dovuto a precedenti interventi sull’immobile…>>.
In altri termini, ritiene il giudicante che <<per eseguire una valutazione sulla configurabilità di lesione del decoro si deve far riferimento non solo al singolo intervento, ma, soprattutto, alla situazione in cui si trovava l’edificio prima dell’intervento stesso. In pratica, se l’edificio non aveva alcun valore architettonico o era già stato oggetto di precedenti interventi che ne avevano già menomato l’aspetto estetico non può l’intervento attuale essere considerato lesivo del decoro architettonico (così anche cfr. Cass. n. 3549/1989). In pratica, per valutare se un intervento lede o no l’estetica è necessario eseguire preliminarmente una analisi sullo stato attuale dell’estetica del fabbricato>>.
Nel caso concreto, consta come anche altri condòmini avevano eseguito alcune installazioni sui balconi annessi alla loro proprietà immobiliare, tra cui pannelli verticali con struttura in alluminio color argento e tamponatura in vetro o pannelli trasparenti, caldaie tutte di colore chiaro con tubazioni a vista per lo scarico dei fumi di combustione, pertanto, considerata la modifica apportata nel tempo all’originario aspetto del fabbricato e, il conseguente, deturpamento delle originarie linee architettoniche e, quindi, del decoro e dell’estetica dello stesso, la domanda deve essere rigettata.
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