Netflix e la multa da 4,75 milioni: inciampo sulla trasparenza

Netflix, l’impero dello streaming che ha rivoluzionato il nostro consumo di contenuti audiovisivi, è stato multato per una questione di trasparenza.

Netflix, l’impero dello streaming che ha rivoluzionato il nostro modo di consumare contenuti audiovisivi, si è ritrovato nell’occhio del ciclone per una questione di trasparenza, o meglio, di mancanza di trasparenza, nella gestione dei dati personali degli utenti. L’Autorità olandese per la protezione dei dati (DPA) ha inflitto a Netflix una sanzione di 4,75 milioni di euro, accendendo i riflettori su un tema cruciale e spesso trascurato dalle grandi aziende: la trasparenza delle informazioni fornite agli utenti. Per approfondimenti si consiglia: Formulario commentato della privacy

Indice

1. I fatti: un’indagine lunga e (quasi) inesorabile


La vicenda ha avuto origine cinque anni fa, quando l’organizzazione per i diritti digitali None of Your Business (Noyb), fondata dal noto attivista Max Schrems, quello del Privacy Shield e delle note sentenze della Corte di Giustizia che da lui prendono il nome, per capirci, ha presentato una denuncia contro Netflix per conto di due utenti. Al centro della contestazione: l’incapacità di Netflix di fornire informazioni chiare e complete sulle finalità e modalità del trattamento dei dati personali, in violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
Le contestazioni, però, non si fermavano qui. Netflix, secondo l’accusa, non avrebbe soddisfatto adeguatamente le richieste degli utenti di accedere ai propri dati personali, uno dei diritti fondamentali sanciti dal GDPR. Per approfondimenti si consiglia: Formulario commentato della privacy

FORMATO CARTACEO

Formulario commentato della privacy

Aggiornata alle recenti determinazioni del Garante, l’opera tratta gli aspetti sostanziali e le questioni procedurali legati al trattamento dei dati personali e a tutte le attività connesse. La normativa di riferimento viene commentata e analizzata, con un taglio che rende il volume un valido strumento pratico per il Professionista che si occupa di privacy. L’analisi delle ricadute operative della normativa è integrata dalle specifiche formule correlate; questa combinazione costituisce il valore aggiunto dell’opera che ben può aspirare a diventare un riferimento per gli operatori del settore. Giuseppe Cassano Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics della sede di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato nell’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista. Studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato oltre trecento contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi. Enzo Maria Tripodi attualmente all’Ufficio legale e al Servizio DPO di Unioncamere, è un giurista specializzato nella disciplina della distribuzione commerciale, nella contrattualistica d’impresa, nel diritto delle nuove tecnologie e della privacy, nonché nelle tematiche attinenti la tutela dei consumatori. È stato docente della LUISS Business School e Professore a contratto di Diritto Privato presso la facoltà di Economia della Luiss-Guido Carli. Ha insegnato in numerosi Master post laurea ed è autore di oltre quaranta monografie con le più importanti case editrici. Cristian Ercolano Partner presso Theorema Srl – Consulenti di direzione, con sede a Roma; giurista con circa 20 anni di esperienza nell’applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali e più in generale sui temi della compliance e sostenibilità. Ricopre incarichi di Responsabile della Protezione dei Dati, Organismo di Vigilanza e Organismo Indipendente di Valutazione della performance presso realtà private e pubbliche. Autore di numerosi contributi per trattati, opere collettanee e riviste specialistiche sia tradizionali che digitali, svolge continuativamente attività didattica, di divulgazione ed orientamento nelle materie di competenza.

A cura di Giuseppe Cassano, Enzo Maria Tripodi, Cristian Ercolano | Maggioli Editore 2022

2. La risposta del DPA: “Devi essere cristallino”


Dopo un’indagine durata quasi cinque anni, il DPA olandese ha emesso il verdetto: una sanzione di 4,75 milioni di euro. Una cifra che, per un gigante con fatturati miliardari come Netflix, potrebbe sembrare un graffio superficiale, ma che porta con sé un messaggio molto chiaro. Aleid Wolfsen, presidente del DPA, non ha usato mezzi termini:
 
    “Un’azienda di tale portata, con milioni di clienti in tutto il mondo, deve spiegare chiaramente come gestisce i dati personali. Devi essere cristallino, soprattutto quando il cliente lo chiede. E questo non è stato fatto correttamente.”
 
Questa dichiarazione evidenzia un principio fondamentale del GDPR: la trasparenza non è un’opzione, ma un obbligo imprescindibile per tutte le aziende che trattano dati personali, indipendentemente dalla loro dimensione o posizione di mercato.

3. Il ricorso di Netflix e l’attesa di Noyb


Netflix non ha accettato passivamente la decisione. L’azienda ha contestato la multa e potrebbe presentare ricorso, dimostrando quanto sia importante, anche per le multinazionali, mantenere una strategia legale robusta di fronte a sanzioni di questa portata.
Nel frattempo, Noyb attende una decisione parallela da parte dell’Autorità austriaca per la protezione dei dati (DSB), segno che questa vicenda potrebbe ancora riservare colpi di scena.

4. Cosa insegna il caso Netflix alle aziende?


Il caso Netflix rappresenta una lezione importante per tutte le aziende che operano nel mercato europeo. La conformità al GDPR non è un esercizio di stile, ma una necessità. Gli utenti hanno diritto a sapere cosa viene fatto con i loro dati e perché. Quando un’azienda non riesce a rispettare questi obblighi, le conseguenze non si limitano alle sanzioni economiche: il danno reputazionale può essere ben più grave e duraturo.
Ironico, vero? Un’azienda che ci tiene incollati agli schermi con i suoi contenuti straordinari non è riuscita a raccontarci una “storia” semplice e trasparente sui nostri dati.

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5. Riflessioni finali: trasparenza come asset strategico


La trasparenza non dovrebbe essere vista come un peso burocratico, ma come un asset strategico. Per le aziende che operano in un ecosistema digitale sempre più complesso e regolamentato, la fiducia degli utenti rappresenta un pilastro fondamentale del successo. Ogni violazione, ogni negligenza, ogni mancata risposta alle richieste degli utenti incrina non solo il rapporto con i clienti, ma anche la percezione pubblica del brand.
Non è solo una questione di evitare multe salate o titoli poco lusinghieri sui giornali: la trasparenza è una chiave di volta per costruire una relazione solida e duratura con il proprio pubblico. Un’azienda che comunica chiaramente come utilizza i dati personali, che risponde tempestivamente alle richieste di accesso o rettifica e che investe in processi di compliance robusti, dimostra di essere all’avanguardia non solo tecnologicamente, ma anche eticamente.

6. Il GDPR come opportunità, non come ostacolo


Lungi dall’essere un ostacolo al business, il GDPR offre alle aziende l’occasione di differenziarsi. Essere trasparenti, rispettare i diritti degli utenti, comunicare in modo semplice e accessibile: tutto questo può trasformare una potenziale debolezza in un punto di forza. Non è un caso che i consumatori siano sempre più attenti a come i loro dati vengono trattati, privilegiando brand che si impegnano per la protezione della privacy.
Ma c’è un paradosso interessante: molte aziende investono milioni per elaborare algoritmi sofisticati e personalizzare le esperienze degli utenti, ma non dedicano la stessa attenzione a comunicare come questi processi avvengono. Forse dovremmo coniare un nuovo termine per descrivere questa lacuna: il “gap della trasparenza”. E Netflix, con tutta la sua abilità nel raccontare storie, è finita proprio in questo gap.

7. Un monito per il futuro


Questo caso serve da monito non solo per i colossi digitali, ma anche per le PMI che operano nello stesso spazio. La regolamentazione in materia di protezione dei dati non è destinata a rallentare, anzi: con l’introduzione del Digital Services Act e del Data Governance Act, l’Unione Europea sta rafforzando ulteriormente il quadro normativo. Le aziende devono prepararsi ad affrontare standard ancora più rigorosi, integrando la trasparenza come valore fondamentale.
Netflix si rialzerà da questa vicenda? Probabilmente sì, ma la vera domanda è: quante altre aziende devono inciampare prima di capire che la trasparenza è il nuovo binge-watching?

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Avv. Luisa Di Giacomo

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