La Corte dei Conti, sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato nella deliberazione n. 7 del 16 aprile 2014 torna ad occuparsi sulla corretta interpretazione delle disposizioni recate dall’art.7, comma 6, del d.lgs 165/2001, nella parte in cui prescrive la temporaneità degli incarichi esterni, anche alla luce delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 147, della legge 228/2012, con cui si vieta il rinnovo.
La vicenda nasce da un contratto di prestazione d’opera professionale tra un’università e un soggetto esterno nonostante il professionista fosse in possesso dei requisiti culturali e che l’ateneo avesse svolto una procedura comparativa tra più potenziali soggetti, prima di affidare l’incarico.
L’alto consesso della magistratura contabile ha evidenziato in primo luogo che, nel conferimento di consulenze esterne, le Amministrazioni devono attenersi ai seguenti principi: a) effettiva rispondenza dell’incarico a obiettivi specifici dell’Amministrazione conferente; b) eccezionalità e temporaneità delle prestazioni che costituiscono l’oggetto della consulenza; c) comprovata mancanza all’interno dell’organizzazione dell’Ente, di personale idoneo, sotto il profilo quantitativo o qualitativo, a sopperire alle esigenze che determinano il ricorso alla consulenza; d) attribuzione ad esperti di particolare e comprovata specializzazione, mediante procedura concorsuale disciplinata da un apposito regolamento ( delib. 25/2010).
In ordine alla durata dei contratti di collaborazione, prosegue la Corte, è stata sottolineata la necessità che gli incarichi attribuiti ai sensi dell’art. 7, comma 6, del d.lgs n. 165/2001, abbiano natura temporanea, in quanto conferiti allo scopo di sopperire ad esigenze di carattere temporaneo, per le quali l’amministrazione non possa oggettivamente fare ricorso alle risorse umane e professionali presenti al suo interno ( delib. 24/2011).
La Corte ha precisato, inoltre, che i contratti di collaborazione sono volti a soddisfare esigenze di carattere straordinario e che quindi la prestazione deve essere di natura temporanea ed altamente qualificata ( delib. 2/2012).
Infatti, il corretto utilizzo delle collaborazioni esterne postula un ambito temporale limitato e coerente del progetto, rappresentando comunque un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze particolari e straordinarie dell’Amministrazione; le disposizioni in materia intendono evitare che siano stipulati contratti di lavoro autonomo per rispondere a fabbisogni permanenti delle pubbliche amministrazioni e che la “straordinarietà” delle condizioni relative ad un periodo contingente, si traduca in un modus operandi sistematico ( delib. 26/2012).
Nel caso sotteso al vaglio del Collegio la prestazioni contenuta nel contratto era già reiterata ( da almeno otto anni) e legata a esigenze stabili dell’Ateneo.
Pertanto, dopo un così lungo lasso di tempo è arduo pensare che si possa ancora parlare di eccezionalità della prestazione per poter legittimare l’incarico. Piuttosto, tali esigenze si ravvisano come ordinarie, atteso che la p.a. in questo lasso di tempo non è riuscita ad individuare una soluzione idonea che sia stata in grado di evitare la stipula del contratto.
In definitiva, una volta che le esigenze della p.a. siano perduranti, la stessa ha l’obbligo di ripensare e rimodulare i fabbisogni del personale in organico, anche con specifico riferimento all’aggiornamento e alla formazione dei profili professionali.
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