L’avvio di tale attività, in tale contesto, risulta particolarmente complessa, soprattutto se è il Condominio è retto da un regolamento contrattuale.
Ordinanza n. 16384/2018
La giurisprudenza si è più volte pronunciata su questo tema e, da ultimo, con un’interessante ordinanza dello scorso giugno (n. 16384/2018).
La vicenda trae origine da un ricorso proposto da un condominio nei confronti di un condomino che aveva avviato nell’unità immobiliare di sua proprietà un asilo d’infanzia, con la richiesta di immediata cessazione atteso che l’attività si poneva in contrasto con il regolamento contrattuale.
In primo e secondo grado, il Condominio ne era uscito vittorioso: in particolare, la Corte d’Appello di Milano aveva evidenziato come non potesse sussistere alcuna differenza tra l’attività di “asilo nido” e quella di “micro-nido” svolta dal condomino, dal momento che all’epoca della redazione del regolamento (1971) non esistevano le diverse figure delle scuole d’infanzia, degli asili nido e dei micro-nidi e che la finalità della clausola regolamentare era chiaramente tesa ad evitare che nelle unità di proprietà esclusiva fosse esercitata l’attività di custodia ed assistenza ad infanti.
Il condomino aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errore della Corte d’Appello che nel ritenere operante il divieto regolamentare di destinazione delle unità immobiliari ad “asili di infanzia” anche ai “micro-nidi”, non aveva preso in considerazione il fatto che questi non arrecano i pericoli di disturbo propri degli asili.
La decisione della Corte di Cassazione
La Cassazione, nella già richiamata ordinanza, conferma la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello, fermo restando che l’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale o per l’omesso esame del fatto storico: cosa non verificatasi nel caso di specie.
La Corte precisa ulteriormente che “l‘interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente il divieto di destinare gli appartamenti, tra l’altro ad “asili di infanzia”, come preclusiva altresì dell’attività di micro-nido (la quale effettivamente si differenzia da quella dell’asilo soltanto per le dimensioni strutturali di recettività, e non invece per il comune carattere assistenziale ed educativo dei suoi servizi resi a minori di tenerissima età) non risulta né contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l’intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, né contraria a logica o incongrua, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimità l’interpretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a lamentare che quella prescelta nella sentenza impugnata non sia l’unica possibile, né la migliore in astratto”.
L’iter motivazionale della sentenza di merito appare, per la Suprema Corte, ineccepibile: la Corte d’Appello si era infatti richiamata all’unica e possibile lettura ermeneutica della clausola regolamentare controversa.
A seguito del rigetto del ricorso, il condomino ricorrente è stato quindi condannato al rimborso delle spese sostenute dal Condominio nel giudizio di cassazione.
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