No al decreto di irreperibilità per la notifica del decreto di citazione a giudizio

 

Il decreto di irreperibilità emesso dal Pubblico Ministero per la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art.415-bis Cpp, conserva efficacia anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, oppure è necessario a tal fine avviare nuovamente la procedura diretta all’emissione di un successivo decreto di irreperibilità?

Questo, sostanzialmente, è il quesito che le Sezioni Unite della Suprema Corte sono state recentemente chiamate a dirimere, sulla scorta di un annoso contrasto nella giurisprudenza di legittimità (tra le tante, si vedano: Cass.pen.sez.V 11 luglio 2011, n.34828; sez.II 18 novembre 2010, n.42957; sez.II 14 ottobre 2009, n.2741; sez.II 24 maggio 2007, n.35078; sez.II 3 maggio 2006, n.17999; sez.I 13 luglio 2005, n.29226; sez.I 28 gennaio 2003, n.5698).

Esisteva infatti nel recente passato, un consolidato orientamento secondo cui con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari fatto notificare dal P.M. all’indagato, non essendo materialmente più in corso le indagini preliminari, il decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica del predetto avviso doveva ritenersi comunque valido anche per la fase processuale, non potendosi fare riferimento alla disciplina di cui all’art.160, co.1 del Cpp, laddove si prevede la cessazione di efficacia del decreto di irreperibilità emesso “nel corso delle indagini”, in quanto detto decreto viene emesso “dopo” la conclusione delle indagini e quindi in un momento differente da quello indicato all’art.160 Cpp, la cui efficacia diretta sarebbe limitata esclusivamente alla fase investigativa.

Altra partizione giurisprudenziale, peraltro, non ha inteso aderire a tale soluzione ermeneutica, ritenendo per lungo tempo che il decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari non potesse assolutamente valere ed essere efficace ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio disposta dal P.M. ai sensi dell’art.552 Cpp, atteso che proprio dal tenore dell’art.160, co.1 Cpp si ricava che la chiusura delle indagini preliminari ha luogo con l’emissione del decreto di citazione a giudizio e che l’inizio della fase dibattimentale si concretizza proprio con la notifica di tale decreto, di guisa che appare sempre necessaria l’emissione di un nuovo decreto di irreperibilità.

Nel non facile gioco contrapposto delle parti, le Sezioni Unite sono intervenute in punta di piedi, partendo preliminarmente dall’esame di quello che il codice di rito prevede all’art.415-bis come “avviso di conclusione delle indagini preliminari”.1

Dopo avere precisato che trattasi di atto introdotto nel nostro sistema processuale penale dalla legge n.479 del 1999 e funzionale alla comunicazione in favore dell’indagato che le indagini preliminari a suo carico sono concluse, che la relativa documentazione è depositata in segreteria, che potrà quindi visionarla e prenderne copia e che entro il termine di venti giorni potrà anche svolgere eventuale attività difensiva; la Corte puntualizza in particolare come esso sia atto prodromico alla richiesta di rinvio a giudizio, ovvero all’emissione del decreto di citazione a giudizio (c.d vocatio in iudicium), avendo già valutato il P.M. di non dovere richiedere l’archiviazione.

Pertanto – continuano le Sezioni Unite, pur nella consapevolezza di muoversi su un terreno minato – non può esservi un coordinamento con la disciplina prevista dall’art.160 del Cpp, che limita l’efficacia del decreto di irreperibilità reso nella fase delle indagini al momento di emissione del provvedimento che definisce l’udienza preliminare, ovvero a quello della chiusura delle indagini.

Detto articolo 160 Cpp invero, non subordina l’efficacia del decreto di irreperibilità al momento di esercizio dell’azione penale, tanto che nel caso della richiesta di rinvio a giudizio la notificazione della stessa è validamente eseguita anche sulla base del decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini, congiuntamente all’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.

In tale ultimo caso appunto, l’esercizio dell’azione penale e l’avviso della fissazione di udienza saranno validamente notificati in pendenza del decreto di irreperibilità già emesso ai fini della notifica dell’avviso 415-bis Cpp.

Ritiene pertanto la Corte infondato quell’orientamento che ravvisa l’inefficacia dell’emesso decreto di irreperibilità ai fini del rinvio a giudizio, perché fondato su premesse errate: cioè che la fase delle indagini preliminari in tale segmento procedimentale non si è ancora conclusa.

Le Sezioni Unite inoltre, per avvalorare le proprie argomentazioni pongono l’accento su una ulteriore particolarità, quale la possibile separazione in due diversi lassi di tempo della fase investigativa, a seguito di eventuali indagini aggiuntive dopo la notifica del primo avviso di conclusione delle stesse.

E questo anzitutto perché, testualmente, la possibilità di svolgere di ulteriori indagini esclude a priori che le stesse possano ritenersi concluse.

Inoltre, in tale evenienza viene meno quel ridotto arco temporale che rende inutile effettuare nuove ricerche dell’irreperibile ai fini dell’emissione di un successivo decreto di irreperiblità.

Da tutto ciò, in definitiva, discende la massima per cui: “Il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art.415-bis c.p.p., conserva efficacia ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, salvo che il pubblico ministero effettui ulteriori indagini dopo la notifica del menzionato avviso di conclusione delle indagini preliminari”.

Le Sezioni Unite pertanto, nel dirimere il conflitto in essere nelle più recenti decisioni di legittimità, introducono un nuovo principio altamente precettivo e sicuramente capace di semplificare maggiormente e rendere più snelle le già farraginose regole processuali in tema di emissione del decreto di irreperibilità nelle varie fasi del giudizio.

1 Art.415-bis c.p.p. Avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari. 1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell’articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso di conclusione delle indagini preliminari.

2. L’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.

3. L’avviso contiene altresì l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni, ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.

4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

5. Le dichiarazioni rilasciate dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l’esercizio dell’azione penale o per la richiesta di archiviazione.

Avv. Buzzoni Alessandro

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