La sentenza n. 4085 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in persona del giudice unico dott.ssa Luigia Franzese, depositata il 14 dicembre 2016, offre lo spunto per qualche riflessione sulle procedure necessarie per la cancellazione dello stato di insolvenza dal Registro Informatico dei Protesti.
Il mancato pagamento di un titolo di credito ha come conseguenza l’elevazione del protesto nei confronti del soggetto che lo ha emesso. I pubblici ufficiali incaricati alla levata del protesto alla fine di ogni mese devono trasmettere alla Camera di Commercio competente l’elenco dei protesti levati durante il mese.
La legge n. 235 del 2000 e il Decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 316 del 2000 hanno dato attuazione al Registro Informatico dei Protesti, più in generale definito Elenco Protesti o Bollettino Ufficiale dei Protesti, e hanno incaricato le Camere di Commercio della pubblicazione ufficiale degli elenchi dei protesti.
La cancellazione dal Bollettino Ufficiale dei Protesti, invece, può essere ottenuta in tre casi:
- avvenuto pagamento del titolo
- illegittimità od erroneità del protesto
- riabilitazione.
La legge n. 77 del 1955, come successivamente modificata dalla legge n. 235 del 2000, prevede una procedura amministrativa di cancellazione con istanza al presidente della camera di commercio competente per territorio:
• ad istanza del debitore in caso di pagamento tardivo nei 12 mesi dal protesto;
• da parte di chiunque vi abbia interesse, se dimostri di aver subito levata di protesto, al proprio nome, illegittimamente od erroneamente;
• nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, quando si è proceduto illegittimamente od erroneamente alla levata del protesto.
Il responsabile dirigente dell’ufficio protesti deve provvedere non oltre il termine di venti giorni dalla data di presentazione della istanza e, in caso positivo, dispone la cancellazione richiesta, curando sotto la sua personale responsabilità l’esecuzione del provvedimento, così che il protesto, si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto.
Nel caso in cui rigetti l’istanza o se non vi è decisione sull’istanza presentata da parte del responsabile dirigente dell’ufficio protesti, entro il termine su indicato di venti giorni, l’interessato può ricorrere al giudice di pace ai sensi dell’art. 4 della legge n. 77/1995. Dalla possibilità di esperire la procedura prevista dal su citato art. 4 deriva la qualità di legittimato passivo anche della C.C.II.AA..
Nel caso che ci occupa l’attore ha convenuto in giudizio la propria banca e il notaio che ha levato il protesto, in quanto un suo assegno era stato contraffatto sia nell’importo che nel nominativo del beneficiario. Dopo varie sollecitazione da parte del cliente, la banca, che nel frattempo aveva pagato l’assegno, provvedeva a riaccreditare l’importo stornato.
L’attore, dopo qualche tempo, ha necessità di acquistare una nuova autovettura servendosi di un finanziamento, ma la sua richiesta viene respinta poiché a suo nome risulta levato un protesto.
Da qui la necessità della richiesta al giudice di ordinare alla banca di provvedere nelle sedi preposte alla cancellazione del protesto e la condanna della medesima al risarcimento dei danni subiti.
Ebbene, la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sul caso in esame è stata la seguente.
Il giudice parte dal presupposto, in quanto non contestato, che il nominativo dell’attore sia stato inserito nel Bollettino dei Protesti, tenuto dalla Camera di Commercio ed in ossequio al principio processuale della ragione più liquida ha proceduto ad esaminare direttamente il profilo della titolarità passiva dei convenuti (banca e notaio) rispetto alla domanda formulata da parte attrice.
Sottolinea il Tribunale che, come correttamente sostenuto dalla banca, è la camera di Commercio che provvede alla pubblicazione dei protesti e alla cancellazione degli stessi, mostrando di condividere le osservazioni contenute nelle decisioni della Suprema Corte nn. 14991 del 2006 e 14005 del 2010.
Infatti, l’art. 4 della legge n. 77/1995, così come modificato dalla legge n. 235/2000, prevede una particolare procedura in base alla quale viene consentito alla parte interessata di richiedere la cancellazione del protesto alla Camera di Commercio nel caso in cui il protesto sia stato illegittimamente od erroneamente elevato e di convenirla poi, nel caso di rigetto della richiesta, avanti all’autorità giudiziaria ordinaria.
Da tanto secondo il Tribunale discende che, se è vero che non è necessaria la partecipazione al giudizio di siffatto ente, in virtù del carattere meramente materiale dell’attività svolta dalla Camera di Commercio in materia di pubblicazione dei protesti in osservanza dell’art. 3 della legge n.77/1995, è altrettanto vero che destinataria dell’ordine di cancellazione non può che essere la stessa.
Pertanto, la domanda è stata rigettata per difetto della titolarità passiva.
Parimenti respinta è stata anche la richiesta di risarcimento (dei presunti) danni subiti per effetto del protesto.
Sul punto il giudice osserva che, sempre in ossequio al principio della ragione più liquida, nel caso di ingiusto protesto, il danno sia patrimoniale che non patrimoniale, non è in re ipsa, ma costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi domanda il risarcimento (ex multis Cass., n. 21865 del 2013).
Nel caso de quo l’attore, invece, non ha fornito alcuna prova del danno subito, essendosi limitato unicamente ad affermare che, in caso di necessità, a causa della sua condizione di protestato, non avrebbe potuto ottenere prestiti, allegando così solo un mero danno potenziale ma non provando in corso di causa, di aver effettivamente subito un pregiudizio.
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