Nessuna concessione edilizia senza il previo consenso del condominio, quando l’opera riguarda l’uso di bene comune. È irrilevante che serva a migliorare l’illuminazione dell’appartamento dei richiedenti.
Questo abbaiano non s’ha da fare! È questa, parafrasando il Manzoni, l’opinione del comune di Ortisei che non ha concesso ai coniugi proprietari di un appartamento in un condominio la sua realizzazione nel sottotetto di loro pertinenza. Poco importa se un’ala del tetto impediva la visuale al soggiorno del loro appartamento, comprendo in parte la finestra, e che esso fosse necessario per migliorarne l’illuminazione del soggiorno. Il sindaco è stato irremovibile: nessuna autorizzazione senza il consenso dell’assemblea, tanto più che era un’opera voluttuaria e poteva rovinare il decoro architettonico del condominio.
Il Consiglio di Stato sez. VI, con la sentenza n. 5128 dello scorso 28 settembre, ha ratificato la decisione dell’ente.
La vicenda affrontata. È questa la sintesi della lite che dal 2005 ha visto opposto un uomo, comproprietario con la moglie di un appartamento in un condominio ed il comune.
La vicenda finiva al vaglio del Tar di Bolzano che decretava l’inammissibilità del ricorso (Tar Bolzano n. 197/08), accogliendo l’eccezione della PA, perché lo stesso non era stato notificato ad almeno uno dei condomini, controinteressati al giudizio (Tar Bolzano nn. 74/08 e 115/02). Il CDS ha confermato il parere del Tar e del comune.
Serve l’autorizzazione del condominio per i lavori nel proprio appartamento e lo sfruttamento del bene comune? Nella fattispecie, a detta del ricorrente, non era necessaria perché << l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.), in caso di recupero di sottotetti legalmente esistenti e già utilizzati come abitazioni, consentirebbe la realizzazione di abbaini in eccedenza alla cubatura esistente>>. La giurisprudenza civilistica costante ed un’esegesi letterale del combinato disposto degli artt. 1102, 1117 e 1120 cc confermano che non è necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea, poiché trattasi di una mera modifica e non di un’innovazione, pagata dal soggetto che ne trae vantaggio (GDP Grosseto n. 1038/11, Cass. civ. sez II n. 25460/02 e 1243/03), perciò non risulta leso l’uso paritario del bene comune. Il CDS ha smentito questo assunto, rilevando, tra l’altro, che l’opera non è una modifica per un migliore sfruttamento del bene comune, ma <<un’innovazione voluttuaria>> che interessa il tetto condominiale, perciò l’autorizzazione era dovuta. Si noti come sullo stesso tema la giurisprudenza civilistica e quella amministrativa giungano a soluzioni antitetiche.
Il potere di controllo del comune e condizioni per il rilascio della concessione. << In sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332; C.d.S., Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1654)>>. L’art. 70 l. prov. n. 13/97, invero, prevede che esso possa essere concesso solo a chi <<sia munito di titolo giuridico sostanziale per richiederlo >>. Nel nostro caso non c’era alcun titolo giuridico, poiché l’assemblea condominiale non era stata avvertita, né, malgrado i numerosi solleciti, alcun condomino era stato citato in causa, stante il chiaro interesse all’esito della lite. Infine <<L’art. 21, comma 1, l. n. 1034 del 1971 (v., in fattispecie analoga, C.d.S., Sez. VI, 29 maggio 2007, n. 2742)>> sancisce l’inammissibilità del ricorso se non è rispettato questo onere.
I condomini sono sempre controinteressati. << Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che la posizione di controinteressato nel processo amministrativo si configura in base a due elementi: uno sostanziale, costituito dalla titolarità di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente, ed uno formale, rappresentato dalla menzione o agevole individuazione in base all’atto stesso (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 74 e Sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5491).>> (Tar BZ cit. e CDS sez. IV n. 2546/10). È palese l’interesse del condominio perché l’opera riguarda un bene comune ed una struttura portante dell’edificio.
Decoro architettonico. Le opinioni costanti della giurisprudenza civilistica ed amministrativa anche in questo caso sono contrastanti. Per la prima l’evoluzione tecnologica e dei costumi (v. panni stesi in bella vista) ha fortemente ridimensionato il concetto di decoro architettonico (GDP cit. contra Trib.Varese sez.I civ. del 25/2/11). Infine la S.C., in un’analoga lite, ha stabilito che << non viola il decoro architettonico il comproprietario che esegue i lavori se, sulla facciata, sono presenti interventi preesistenti tollerati dagli altri comproprietari e di cui non è stata richiesta l’eliminazione>> ( Cass. civ. sez II n. 14992/12). Il G.A ha invece convalidato il rifiuto per questo motivo come sopra detto.
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