Non è lecito il comportamento dell’amministratore che paga un fornitore con denaro riferibile ad un condominio, per debiti contratti, tuttavia, da altro condominio, anche se amministra entrambi i caseggiati

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riferimenti normativi: artt.1129; 2033 c.c.

precedenti giurisprudenziali: App. Firenze, sez. I, Sentenza n. 2090 del 05/12/2018

La vicenda

La vicenda prendeva l’avvio dopo il pagamento eseguito da un amministratore nei confronti di un terzo (una società fornitrice di servizi relativi al riscaldamento del condominio), sebbene con somme prelevate dal conto corrente condominiale intestato ad altro e diverso condominio, sempre gestito dal medesimo amministratore.

Naturalmente il caseggiato non debitore citava in giudizio la società di servizi per ottenere la ripetizione – a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. – delle somme ingiustamente corrisposte, oltre interessi legali dalla data di ogni singolo pagamento al saldo. Secondo il Tribunale – che inquadrava la fattispecie quale indebito soggettivo ex art. 2036 c.c. – la società convenuta era comunque creditrice delle somme incassate nei confronti di condomini, seppure diversi dal condominio attore e, dunque, i pagamenti non potevano qualificarsi come non dovuti; di conseguenza, rigettava la domanda di ripetizione, non avendo il condominio attore provato la scusabilità dell’errore ex art. 2036 c.c.; la Corte di appello, invece, ricondotta la fattispecie ad un’ipotesi di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., sul presupposto dell’assenza di rapporti obbligatori tra il condominio titolare del conto corrente dal quale era stata prelevata la provvista ed il terzo beneficiario del pagamento, accoglieva la domanda di ripetizione proposta nei confronti di quest’ultimo ad opera del condominio “pagatore”, condannando il terzo in mala fede alla restituzione delle somme indebitamente ricevute, nonché alla corresponsione degli interessi legali dal giorno di ogni pagamento al saldo.

La questione

Che cosa accade se l’amministratore paga un terzo fornitore con denaro riferibile ad un condominio, per debiti contratti, tuttavia, da altro condominio, gestito e rappresentato dal medesimo amministratore?

La soluzione

La Cassazione ha dato ragione al condominio non debitore.

Secondo gli ermellini non poteva trattarsi, in primo luogo, di adempimento del terzo ex articolo 1180 c.c. perché non vi era stato alcun assenso dei mandanti, cioè dei condomini non debitori.

Gli stessi giudici supremi hanno evidenziato che, sebbene i pagamenti eseguiti con somme prelevate dal conto corrente siano andati a estinguere crediti effettivamente sussistenti tra il terzo ed altri condomini, amministrati dal medesimo amministratore, non può comunque assurgere essa sola a “causa del pagamento“, posto che non risulta che al momento dei versamenti l’amministratore avesse mai agito con il consenso dei condomini non debitori, peraltro, venuti a conoscenza solo a distanza di anni dei pagamenti andati a soluzione di debiti altrui.

Le riflessioni conclusive

Secondo un principio affermatosi prima della c.d. “Riforma del Condominio”, l’amministratore di condominio, pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo, è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato a ciascun condominio da lui amministrato, onde evitare che possa sorgere confusione tra il suo patrimonio personale e quelli dei diversi condominii, nonché tra questi ultimi (Trib. Torino, 03/05/2000).

Dopo la Legge n. 220/2012, il novellato art. 1129, comma 7, c.c., dispone che l’amministratore debba far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.

Del resto l’amministratore è comune mandatario di tutti i condomini e, in tale veste, è tenuto ad un obbligo di totale trasparenza nei confronti di tutti i condomini, tenuto conto anche del fatto che il diritto dei condomini di ottenere, su loro richiesta, la rendicontazione periodica del conto corrente è espressamente prevista dal legislatore (art. 1129, comma 7, c.c.).

In ogni caso, merita di essere ricordato che la confusione nella gestione del conto corrente condominiale riverbera i propri effetti anche sotto il profilo penale, giacché il reato di appropriazione indebita, contemplato dall’art. 646 c.p., è punibile anche a titolo di dolo eventuale e, cioè, tramite condotte che manifestano l’accettazione del rischio dell’appropriazione di somme altrui mediante la confusione in un unico conto; di conseguenza l’amministratore infedele che, violando le prescrizioni del codice civile innanzi richiamate (e, comunque, le più generali prescrizioni in tema di mandato), versi le somme provenienti da diverse gestioni in un unico fondo, sia esso costituito da impiego bancario o postale ovvero da altra forma di investimento, accetta certamente il rischio che, attraverso la confusione delle stesse, parte degli attivi riferibili a ciascuna amministrazione vengano distratti, con conseguente appropriazione indebita dei medesimi (Cass. pen., Sez. II, 19/12/2019, n. 4161).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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