Non punibilità per tenuità del fatto: rilevabilità d’ufficio

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La causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata (anche) di ufficio dal giudice d’appello
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 131-bis)
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Cassazione penale sez. II – 27/04/2023, n. 24508

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Sassari, su appello del P.M., riformulava una sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Nuoro, condannando l’imputato per il delitto cli ricettazione di cui all’art. 648 cpv. c.p. e dichiarato estinto il reato di cui all’art. 474 c.p. per prescrizione.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che, tra i motivi addotti, chiedeva l’annullamento della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lettere b) ed e) deducendo l’omessa motivazione in merito alla richiesta difensiva, articolata nella conclusioni in appello, circa l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata (anche) di ufficio dal giudice d’appello, in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l’obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 129, c.p.p. (Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021: principio affermato proprio in un’ipotesi in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era stata avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizio di appello).
Difatti, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini reputavano come la relativa doglianza nel caso di specie fosse stata adeguatamente argomentata, con la specifica indicazione delle ragioni legittimanti la pretesa applicazione di tale causa di non punibilità e, di conseguenza, la rilevanza decisiva della lacuna motivazionale denunciata, deducendosi al contempo che, nello specifico, il ricorso affermava come la Corte d’appello, pur rilevando la sussistenza dei relativi presupposti legali, (incensuratezza dell’imputato ed esiguità del disvalore sociale del fatto rapportata alla natura ed al numero degli oggetti in sequestro), nonostante la sollecitazione difensiva, avesse omesso di pronunciarsi ai fini della sussistenza della condizione di non punibilità.
Il motivo d’impugnazione, dunque, era stimato fondato e, in quanto tale, determinava, per la Corte di legittimità, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinché la Corte di Appello provvedesse in merito alla sussistenza della condizione di non punibilità essendo comunque necessari, ai fini dell’applicazione dell’istituto, accertamenti di natura fattuale rimessi all’apprezzamento del giudice di merito (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020).

3. Conclusioni


Con la decisione in esame, la Cassazione, sulla scorta di un precedente conforme, ha postulato che la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata (anche) di ufficio dal giudice d’appello, in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l’obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 129, c.p.p..
Ben può quindi la Corte territoriale, ove ritenga sussistenti le condizioni per potere applicare l’art. 131-bis cod. pen., riconoscere siffatta causa di non punibilità anche ove non sia stata richiesta da parte dell’imputato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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