precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 18/02/1999, n. 1378
La vicenda
Un condomino impugnava le delibere approvate dai condomini in una riunione assembleare con sette punti all’ordine del giorno. In particolare l’attore riteneva che le decisioni fossero invalide perché nel verbale non erano stati individuati e riprodotti i nomi dei condomini favorevoli e di quelli dissenzienti, nonché i valori delle rispettive quote millesimali. In ogni caso, lamentava l’errata gestione, da parte dell’amministratore, del registro dell’anagrafe condominiale e del conto corrente condominiale; inoltre contestava l’ammontare del saldo di cassa e lamentava pure la mancata consegna della documentazione.
Il Tribunale rigettava l’impugnazione ex art. 1137 c.c. formulata dal condomino.
Il soccombente si rivolgeva alla Corte d’Appello sostenendo, tra l’altro, che i sette punti all’ordine del giorno erano stati genericamente approvati all’unanimità senza alcuna possibilità, per gli assenti e i dissenzienti, di verificare la formazione della maggioranza su ciascuna votazione. La Corte d’Appello – che respingeva l’appello proposto dal condomino – notava come nella sentenza impugnata mancasse una specifica denuncia di assenza dei quorum prescritti ex lege in relazione alle singole delibere dell’assemblea. In ogni caso i giudici di secondo grado condannavano l’appellante alla somma di € 500,00 per lite temeraria. Il soccombente si rivolgeva alla Cassazione
La questione
Gli inadempimenti legati all’obbligo per l’amministratore di far transitare le somme ricevute su uno specifico conto corrente o relativi la gestione dello stesso conto o del registro dell’anagrafe condominiale possono essere invocati per sostenere l’invalidità di una delibera assembleare?
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La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al condominio.
I giudici supremi, in primo luogo, osservano che una volta che il condomino abbia impugnato la delibera deducendo un determinato vizio, non è consentito al giudice, nel rispetto del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, l’annullamento della medesima delibera per qualsiasi altra ragione attinente a quella questione. In altre parole la Cassazione sottolinea come un conto sia domandare l’invalidità della deliberazione assembleare per mancata indicazione nel relativo verbale dei nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, nonché i valori delle rispettive quote millesimali, altro conto è denunciare l’annullabilità della delibera per violazione delle maggioranze prescritte dall’art. 1136 c.c. con riferimento all’elemento reale ed all’elemento personale (domanda che correttamente la Corte d’appello ha affermato non proposta tempestivamente dal ricorrente).
In ogni caso, la Cassazione sottolinea che gli inadempimenti legati all’obbligo per l’amministratore di far transitare le somme ricevute su uno specifico conto corrente o relativi la gestione dello stesso conto o del registro dell’anagrafe condominiale non possono essere invocate per sostenere l’invalidità di una delibera assembleare, trattandosi di eventuali gravi irregolarità che possono comportare la revoca dell’amministratore.
Le riflessioni conclusive
La decisione in commento conferma che non sempre ciò che dà luogo a gravi irregolarità comporta necessariamente anche vizio della delibera che ha approvato il rendiconto, poiché taluni profili hanno rilevanza ex art. 1129 c.c. per l’eventuale richiesta di revoca giudiziale dell’amministratore ed altri possono, invece, essere censurati ex art. 1137 c.c. come vizio della delibera.
La deliberazione dell’assemblea condominiale, che approva il rendiconto annuale dell’amministratore, può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall’art. 1137, terzo comma c.c., solo per ragioni di mera legittimità e non di merito.
Il sindacato dell’autorità giudiziaria sul rendiconto approvato dall’assemblea, infatti, è limitato ad un riscontro di legittimità della decisione, avuto riguardo all’osservanza delle norme di legge o del regolamento condominiale o all’eccesso di potere, inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l’assemblea medesima dispone, non potendosi invece estendere al merito ed al controllo della discrezionalità di cui tale organo sovrano è investito; ne consegue che ragioni attinenti all’opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio possono essere valutate soltanto in caso di delibera che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune, ai sensi dell’art. 1109, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. VI, 25 febbraio 2020, n. 5061).
Resta quindi precluso ai condomini ogni sindacato giudiziale sulla consistenza degli esborsi o sulla convenienza delle scelte gestionali; in ogni caso, non è ammessa una diversa forma di invalidazione ai sensi dell’art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera, da considerare, perciò, annullabile (Cass. civ., Sez. II, 4/03/2011, n. 5254).
Rimane fermo che l’interesse ad impugnare una deliberazione condominiale deve essere concreto, poiché la relativa domanda, ex art. 1137 c.c., non può essere sorretta dall’interesse, del tutto astratto, alla legalità della gestione comune, in quanto inidoneo a rappresentare l’interesse ad agire richiesto dall’art. 100 c.p.
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