Come è noto, la nuova legge sul sovraindebitamento1 ha introdotto anche in Italia uno strumento già noto negli ordinamenti anglosassoni, ossia il “fallimento” dei privati (e in generale dei soggetti non fallibili).
Quanto questo nuovo strumento abbia successo, o più semplicemente trovi applicazione, è ancora da verificare, e rischia l’insuccesso che sta subendo l’istituto della mediazione. Un indice di quanto stiamo affermando è che a pochi mesi dalla sua introduzione ci sono già disegni di legge per modificarlo2, con emendamenti tesi a facilitarne l’applicazione, che poi vedremo in dettaglio.
La nuova norma vuole applicare ai privati (e alle aziende non “fallibili”) i criteri d’applicazione delle tradizionali figure concorsuali di composizione della crisi, ma la ratio di tali istituti stride con le -pur buone- intenzioni del legislatore della L 3/2012.
Non c’è bisogno di ripetere che principio cardine del fallimento e dei vari istituti affini è la tutela della par condicio creditorum, in un’ottica di distribuzione del danno rappresentato dal mancato pagamento dei debiti, al fine di preservare l’economia generale, sulla quale il fallimento di un’impresa “importante” (abbastanza da essere soggetta a fallimento) potrebbe avere effetti negativi.
Ratio della nuova norma sulla composizione della crisi da sovraindebitamento è –o vuole essere- invece la tutela del debitore; ciò si desume chiaramente da tutto il testo della norma, e anche dalla sua collocazione sistematica: il nuovo istituto sulla composizione si trova nel secondo capo della legge, mentre nel primo sono presenti modifiche alle norme sull’usura e l’estorsione, in un’ottica di tutela dei soggetti economicamente deboli.
Non vi è dubbio che le intenzioni del legislatore sono ottime, ma come possono strumenti nati per tutelare le ragioni dei creditori adattarsi a difendere il debitore? Le modifiche che stanno intervenendo a pochi mesi dall’introduzione della nuova norma provano che lo strumento deve ancora essere perfezionato.
Analizzando nel dettaglio la nuova norma, bisogna innanzitutto spiegare a chi si applichi il nuovo strumento e in quali casi.
Secondo l’art. 6 della L 3/2012 possono usufruire della procedura i debitori di “situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali”, con un vago criterio oggettivo che fa riferimento a delle “situazioni”, piuttosto che a categorie di soggetti.3
I soggetti richiamati dalla L 3/2012 possono comunque essere ricavati per eliminazione, e si tratta delle piccole e piccolissime imprese e soprattutto dei privati (o consumatori, per distinguerli dalle imprese), tutti soggetti tradizionalmente esclusi dal fallimento.4
Il presupposto oggettivo è il sovraindebitamento del soggetto, definito dallo stesso art. 6 come “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”. Non è chiaro se il “nonché” indichi che devono essere presenti entrambi i presupposti, anche se è quello che accade di solito. A prima vista il concetto di sovraindebitamento appare subito diverso da quello di “insolvenza” utilizzato dalla legge fallimentare, in quanto comprende non solo l’incapacità definitiva –e non transitoria- di pagare regolarmente i propri debiti, ma fa anche riferimento ad una sproporzione tra il complesso dei debiti e il proprio patrimonio, seppur non specifichi il rapporto di tale squilibrio.5
Il soggetto che suo malgrado si trovi in questa situazione può chiedere di accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento con l’ausilio di appositi organismi di composizione del debito (artt. 15 e ss.)6, soggetti tra cui possiamo annoverare sia gli organismi di mediazione (inclusi ordini professionali e camere di commercio), sia i soggetti (avvocati, commercialisti, notai) aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare, soggetti il cui compenso dovrebbe essere pagato dal richiedente.
La procedura comincia con il deposito in Tribunale di un piano di accordo (predisposto dal debitore con l’aiuto dell’organismo di composizione da lui scelto) che preveda la “ristrutturazione” dei debiti e la soddisfazione dei creditori, sotto qualsiasi forma, come il pagamento rateale, cessione dei beni, cessione dei redditi futuri, liquidazione dell’attivo etc7. Il piano deve prevedere la suddivisione dei creditori in classi, e l’integrale pagamento sia dei creditori privilegiati, sia dei creditori che non aderiscono all’accordo.8
La proposta deve anche contenere un calendario di pagamento dei crediti, e l’indicazione dei beni e delle garanzie (eventualmente prestate da un terzo) con cui farvi fronte.
Il piano è depositato, insieme alle dichiarazioni dei redditi, alle eventuali scritture contabili degli ultimi tre anni e al certificato di stato di famiglia, nel Tribunale della residenza del debitore (art. 9)9.
Il giudice fissa con decreto un’udienza, della quale sono avvisati tutti i creditori, udienza nella quale il giudice dispone la sospensione (per un massimo di quattro mesi) di tutte le procedure esecutive individuali a danno del debitore, oltre che sospendere termini di prescrizione e decadenza.10
I creditori possono aderire all’accordo –che deve aver avuto adeguata pubblicità- trasmettendo il proprio consenso scritto all’organismo di composizione: l’accordo è raggiunto se i consensi raccolti rappresentano almeno il 70% dei debiti complessivi11.
Se l’accordo è raggiunto l’organismo di composizione ne trasmette una copia al Tribunale, insieme ad una relazione sui consensi raggiunto e con uno studio di fattibilità del piano; il giudice, verificati i requisiti formali e l’assenza di contestazioni, omologa il piano dandogli adeguata pubblicità12.
L’omologazione e l’esecuzione del piano comporta la sospensione (per un periodo massimo di un anno, che va ad aggiungersi a quello di quattro mesi durante la fase preparatoria) di tutte le procedure esecutive a carico del debitore, oltre che la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza.
L’organismo di composizione della crisi risolve le eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e vigila sull’esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità (art. 13, 2 c.).
Ogni creditore, aderente e non, può chiedere la risoluzione dell’accordo se il debitore non adempie agli impegni assunti nei termini previsti, anche se per cause a lui non imputabili (art. 14, c. 2): non è quindi prevista la risoluzione di diritto, cosa che si poteva fare atteso che l’organismo sa quando i debiti vengono pagati o meno; la scelta è evidentemente dettata dal voler privilegiare l’autonomia delle parti, che potrebbero aver interesse a voler continuare l’accordo, pur in presenza di una qualche mancanza.
L’accordo invece è risolto di diritto in caso di mancato pagamento entro le scadenze dei debiti erariali (art. 11, u.c.), secondo il ben noto squilibrio tra creditori privati e creditori pubblici.
Oltre che risolto, l’accordo può essere impugnato e annullato (art. 14), su ricorso di un creditore, se risulta che il debitore abbia dolosamente aumentato o diminuito le attività o le passività13, e sono previste anche delle conseguenze penali (art.19)14.
Infine, tra le disposizioni transitorie e finali è previsto che il Ministero della Giustizia trasmetta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge (art. 20, u.c.), per cui dati più precisi sull’effettiva utilità dell’introduzione di questo nuovo strumento nel nostro ordinamento potranno essere resi noti solo successivamente a detta relazione.
1 Legge 27 gennaio 2012, n. 3, Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovra indebitamento,.in G.U. 30 gennaio 2012 n. 24
2 V. “Anche il consumatore può fallire”, CICCIA-CERISANO, Italia oggi , 7/3/2012
3 Art. 6 Finalità:”Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette Né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, è consentito al debitore concludere un accordo con i creditori nell’ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dal presente capo.
Ai fini del presente capo, per «sovraindebitamento» si intende una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.”
4 Ma v. art 10, u.c.: “La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo”; se il debitore in questione deve essere non fallibile per definizione, come è possibile questa evenienza? L’unica spiegazione è che il debitore acceda alla procedura come piccolo imprenditore, e successivamente (ossia durante la crisi) aumenti il proprio fatturato fino a raggiungere la soglia di fallibilità, il che mi pare molto improbabile
5 In un recente convegno sulla crisi d’impresa è stato affermato che per un’impresa è fisiologico che fino al 70% del proprio patrimonio sia costituito da passività: Misura patrimoniali antimafia: aspetti penali e civili
31/5/2012, Palazzo di Giustizia, Enna
6 Art. 15 Organismi di composizione della crisi
“Gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità deputati, su istanza della parte interessata, alla composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.
Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono disciplinate, altresì, la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.
Gli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, il segretariato sociale costituito ai sensi dell’articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.
Dalla costituzione degli organismi di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e ai componenti degli stessi non spetta alcun compenso o rimborso spese o indennità a qualsiasi titolo corrisposti.
Le attività degli organismi di cui al comma 1 devono essere svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
7 Art. 8 Contenuto dell’accordo
“La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei redditi futuri.
Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo.
Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo, all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.
Il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine;l’esecuzione del piano sia affidata ad un liquidatore nominato dal giudice su proposta dell’organismo di composizione della crisi; la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.”
8 Entrambi questi punti sono stati emendati dal nuovo disegno di legge, secondo cui anche i creditori che non aderiscono all’accordo, seppur privilegiati, ne subiscono gli effetti
9 Art. 9 Deposito della proposta di accordo
“La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore.
Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell’attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.
Il debitore che svolge attività d’impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, unitamente a dichiarazione che ne attesta la conformità all’originale.”
10 Art. 10 Procedimento
“Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7 e 9, fissa immediatamente con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l’avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3 del presente articolo.
Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d’impresa, alla pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.
All’udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali Né disposti sequestri conservativi Né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.
Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.
Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo.
Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.”
11 Il 60% secondo le proposte di modifica
12 Art. 12 Omologazione dell’accordo
“Se l’accordo è raggiunto, l’organismo di composizione della crisi trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all’articolo 11, comma 2, allegando il testo dell’accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare le eventuali contestazioni. Decorso tale ultimo termine, l’organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.
Verificato il raggiungimento dell’accordo con la percentuale di cui all’articolo 11, comma 2, verificata l’idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l’accordo e ne dispone l’immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all’articolo 10, comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore ad un anno, l’accordo produce gli effetti di cui all’articolo 10, comma 3.
Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. L’accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei è chiesto al giudice con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo.”
13 Art. 14 Impugnazione e risoluzione dell’accordo
“L’accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento.
Se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dall’accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.
Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo.
L’annullamento e la risoluzione dell’accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.”
14 Art. 19 Sanzioni
“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che:
al fine di ottenere l’accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;
al fine di ottenere l’accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;
nel corso della procedura, effettua pagamenti non previsti nel piano oggetto dell’accordo, fatto salvo il regolare pagamento dei creditori estranei;
dopo il deposito della proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;
intenzionalmente non rispetta i contenuti dell’accordo.
Il componente dell’organismo di composizione della crisi che rende false attestazioni in ordine all’esito della votazione dei creditori sulla proposta di accordo formulata dal debitore ovvero in ordine alla veridicità dei dati contenuti in tale proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.
La stessa pena di cui al comma 2 si applica al componente dell’organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.”
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