Nulla la variazione del taglio di investimento, se non descrive le caratteristiche della gestione: Cassazione Civile Sezione I 3 maggio 2017 n. 10713. Diversamente, gli ordini avrebbero pari contenuti del contratto principale, ma soggetti a regole diverse da quelle imperative.
Il fatto.
Un cliente ricorreva in giudizio per chiedere la nullità (con connesse restituzioni) di un «ordine di investimento» su contratto finanziario conservativo avente linea di investimento bilanciato, col limite massimo del 30% di investimento azionario, e benchmark “85% indice titoli di Stato JP Morgan Globale in lire e 15% indice Mondiale MSCI in lire”; sosteneva che il successivo ordine avesse gestione diversa, un taglio senz’altro speculativo, posto che il portafoglio venisse investito al 100% in azioni e, pertanto, comportando una modifica radicale, non poteva integrare una semplice istruzione ex art. 24 TUF. Tribunale e Corte di appello respingevano la domanda del cliente che ricorreva in Cassazione.
La decisione.
Il Supremo Collegio colloca le variazioni dei tagli di investimento nella normativa di riferimento del TUF e del Regolamento Consob, in funzione di protezione del cliente. La nozione di «istruzione vincolante» – che la norma dell’art. 24 TUF assume per facoltizzare il cliente a vincolare l’intermediario in ordine alle operazioni da compiere non può non essere letta all’interno del sistema normativo in cui si trova effettivamente calato.
In segnata specie, il riferimento va, oltre che alle disposizioni generali dell’art. 23 TUF e dell’art. 30 regolamento Consob n. 11522/1998, alla disposizione dell’art. 37 del medesimo, che pretende la specifica indicazione contrattuale, tra le altre, delle «caratteristiche della gestione» effettivamente adottata, secondo le specifiche di dettaglio poi fornite dal successivo art. 38. Diversamente, gli ordini si atteggeranno come contratti sostitutivi dei contenuti di base di quello preesistente e tuttavia non rispettosi delle regole imperative stabilite dal vigente sistema dei servizi di investimento e pertanto nulli.
Secondo la Corte, “non è il numero degli ordini, né la dimensione dell’ordinato e neppure la più o meno ampia durata prospettica dell’ordine: il punto attiene, invece, al rispetto delle regole che il sistema normativo dei servizi di investimento, come vigente all’epoca dei fatti, impone tanto all’intermediario, quanto pure all’investitore”.
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