Un nuovo e, forse, definitivo colpo alla vessatoria pratica di Equitalia di iscrivere ipoteche per importi bagatellari è arrivato dalla Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 5771/2012.
Come noto, l’art. 77, D.P.R. 602/1973, quello che autorizza esplicitamente Equitalia a iscrivere ipoteche sui beni immobili dei contribuenti per crediti “pubblici” (fiscali e non solo), è stato per lungo tempo oggetto di molte contese, in quanto il precedente art. 76 autorizza l’espropriazione e, quindi, la vendita forzosa dei medesimi beni immobili soltanto se il credito azionato è superiore a € 8.000,00. Ci si chiedeva, infatti, se fosse possibile iscrivere ipoteca nei casi in cui concretamente non si sarebbe potuto procedere esecutivamente sullo stesso immobile.
Il contrasto pareva risolto nel 2010, quando la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 4077 aveva esplicitamente affermato che “rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, anche l’ipoteca soggiace al limite per essa stabilito, nel senso che non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli 8.000,00 Euro”.
Tuttavia, il co. 2 ter dell’art. 3, D.L. 40/2010 ha creato qualche confusione, in quanto, ponendo esplicitamente il divieto di iscrizione ipotecaria per debiti inferiori al limite degli 8.000,00 ma tacendo sulla sorte delle iscrizioni precedenti la sua entrata in vigore, è stato letto come un riconoscimento implicito della legittimità di queste ultime. Del resto, un simile procedimento interpretativo era già stato efficacemente proposto con riferimento all’indicazione del responsabile del procedimento sulle cartelle relative a ruoli emessi prima del 1/06/2008.
Per tale ragione, la stessa Equitalia ha continuato a resistere nei contenziosi aperti da numerosi contribuenti difendendo strenuamente il proprio operato.
Al contrario, come anticipato, la recentissima sentenza n. 5771/2012 si è opposta con forza alla condotta del concessionario della riscossione ribadendo il suo fermo “no” alle ipoteche iscritte per crediti inferiori al menzionato limite. Ciò che è importante sottolineare, però, è che il diniego è arrivato considerando proprio la predetta modifica normativa e dichiarando infondata l’interpretazione di essa che ne aveva dato Equitalia.
La Suprema Corte, infatti, senza alcun tentennamento ha affermato che, per accettarsi la linea dell’agente erariale, “il D.L. n. 40 del 2010, art. 3, co. 2 ter, avrebbe dovuto stabilire il contrario e, cioè, che a partire dal momento della emanazione della legge di conversione non sarebbe più stato possibile iscrivere ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare; che il D.L. succitato non ha, però, detto nulla di simile, in quanto non ha fatto cenno al predetto collegamento, ma si è limitato a fissare in modo autonomo il presupposto per le future iscrizioni dell’ipoteca, indicandolo in un importo che seppure coincidente con quello minimo all’epoca previsto per l’espropriazione, non può essere per ciò solo apprezzato come indiretta dimostrazione della inesistenza di limiti per il passato”.
Per concludere, quindi, pare proprio potersi affermare che la perentorietà e la decisione con cui il Giudice di legittimità ha dichiarato l’illegittimità del comportamento esecutivo di Equitalia siano tali da aver definitivamente chiuso la questione.
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