Nulle le intimazioni di pagamento “mute”

Conte Diego 23/09/10

Le intimazioni di pagamento sono quegli atti che hanno sostituito gli avvisi di mora e che hanno lo scopo di riattivare il procedimento di riscossione dei crediti pubblici.

Ai sensi dell’art. 50, D.P.R. 602/1973, infatti, il Concessionario della Riscossione (Equitalia s.p.a.) non può iniziare la procedura esecutiva se è decorso più di un anno dalla notifica della cartella di pagamento, ma deve notificare un atto, l’intimazione di pagamento appunto, con cui intima al debitore il pagamento del debito entro i successivi 5 giorni. Soltanto nel caso in cui entro il predetto termine non dovesse essere saldato il dovuto, il Concessionario può iniziare l’esecuzione forzata del credito erariale (pignoramento ecc.).

Ma le intimazioni di pagamento devono recare l’indicazione del responsabile del procedimento o quelle “mute” sono perfettamente immuni da vizi?

Il responsabile del procedimento è una figura interna all’ente pubblico che svolge la funzione di punto di riferimento per il contribuente che desiderasse instaurare un contraddittorio con l’ente stesso o anche solo ottenere informazioni e garantisce il principio di trasparenza e buon andamento della Pubblica Amministrazione previsto anche dalla Costituzione all’art. 97.

In ambito tributario tale indicazione è prevista quale requisito tassativo degli atti tributari dallo Statuto del Contribuente, art. 7, co. 2, L. 212/2000, ma la sanzione della nullità è stata introdotta esplicitamente soltanto con riferimento alle cartelle di pagamento emesse dopo il 1 giugno 2008 (art. 36, co. 4 ter, D.L. 248/2007 come convertito dalla L. 31/2008).

Questo ha creato sin da subito domande in merito alla sorte delle cartelle precedenti, quelle cosiddette “mute”, che sono state salvate giurisprudenzialmente con un’operazione che potremmo definire di interpretazione creativa.

Così, invece, non è accaduto per gli atti diversi dalle cartelle esattoriali.

Infatti, le corti di merito (ad esempio, CTP Pescara sent. n. 248/2009; CTP Cosenza sent. n. 253/2009; CTP Cosenza sent. n. 257/2009) hanno iniziato a interpretare molto restrittivamente il principio di cui al menzionato art. 36, co. 4 ter, considerandolo norma applicabile esclusivamente alle cartelle di pagamento e ponendo l’accento più che altro sull’effetto sanante della disposizione. In altre parole, leggendo al contrario la predetta disposizione, i giudici hanno condivisibilmente affermato: con l’art. 36, co. 4 ter, il legislatore ha voluto semplicemente salvare le cartelle mute precedenti al 1° giugno 2008 e non porre un nuovo requisito essenziale: pertanto, i diversi atti di riscossione privi dell’indicazione del responsabile del procedimento continuano a essere nulli, a prescindere che siano stati emessi prima o dopo il 1 giugno 2008.

Tale principio pare applicabile anche alle intimazioni di pagamento che, pertanto, debbono essere dichiarate nulle se non recano l’indicazione del responsabile del procedimento.

Proprio a conferma di ciò, è possibile citare la Commissione Tributaria Provinciale di Parma che il 14 gennaio 2010 con la sentenza n. 40 ha annullato un’intimazione di pagamento “muta” e ha ricordato che “l’art. 7, co. 2, della legge 212/2000 dispone che gli atti dell’amministrazione finanziaria e del concessionario della riscossione devono tassativamente indicare il responsabile del procedimento”.

La sentenze citate sono liberamente scaricabili dal sito www.dirittodimpresa.com

 

 

Diego Conte

SLC – Consulenza Legale e Tributaria

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