Come stabilito dall’articolo 1895 del Codice civile, si ha nullità del contratto se vi è l’inesistenza fin dal momento della stipula, ovvero se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto; mentre, a mente dell’articolo successivo, ove il rischio cessi successivamente alla conclusione si ha lo scioglimento dello stesso: “il contratto si scioglie se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto stesso, ma l’assicuratore ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza. I premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione o della conoscenza sono dovuti per intero”[2].
Nell’eventualità, invece, in cui gli effetti dell’assicurazione abbiano inizio posteriormente alla stipula e in tale intervallo il rischio cessi di esistere, l’assicuratore avrà solamente diritto al ristoro delle spese.
Come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 14410 del 2011, si ha preesistenza del rischio quando al momento della conclusione della polizza l’evento temuto ed assicurato sia futuro, incertus an o almeno quando, non voluto e non impossibile. Ciò che deve preesistere al momento della stipula è la situazione fonte di responsabilità e la probabilità del verificarsi del rischio. Né consegue che il contratto è nullo se l’evento rischioso si è già verificato al momento della stipula: in questo caso da una parte, il contratto assicurativo è privo della sua funzione causale e, dall’altra, ha perso il carattere dell’aleatorietà suo proprio.
Dichiarazioni inesatte o reticenti
Ulteriore causa di annullamento del contratto possono essere le eventuali dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato: queste, infatti, rendono nullo il contratto quando si riferiscono a circostanze tali che la compagnia non avrebbe prestato il proprio consenso ovvero, ove avesse conosciuto il vero stato delle cose, non lo avrebbe dato alle medesime condizioni; inoltre, il contraente deve aver agito con colpa grave o dolo. Affinché si configuri la colpa grave in capo al contraente, questo – pur senza aver compiuto l’illecito volontariamente – deve aver agito in maniera negligente, imprudente, imperita e inosservante di leggi, regolamenti, ordini e disciplina; mentre per l’imputazione a titolo di dolo è sufficiente la coscienza dell’inesattezza o della reticenza accompagnata dalla volontà di rendere dette falsità. Inoltre, la configurabilità della colpa grave o del dolo sottende in capo al dichiarante non solo la consapevolezza di aver taciuto o impropriamente riportato taluni fatti, ma pure la conoscenza del valore determinante di questi al fine di ottenere il consenso – e, quindi, la stipulazione – dell’impresa.
Ad ogni modo, l’assicuratore decade dal diritto di impugnare il contratto se entro 90 giorni dal momento in cui è venuto a conoscenza della reticenza o dell’inesatta dichiarazione non dichiara di voler esercitare l’impugnazione, la quale dev’essere azionata entro l’ordinario termine quinquennale stabilito dall’articolo 1442[3] del Codice civile e non in quello annuale dell’art. 2952, in quanto quest’ultimo opera per i diritti derivanti da una stipula correttamente posta in essere e non viziata[4].
La compagnia assicurativa ha altresì diritto a vedersi corrisposti i premi relativi dal periodo di copertura assicurativa in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Ove il sinistro si verifichi prima del decorso dei 3 mesi nei quali può essere sollevata l’impugnazione, la società non è tenuta a pagare la somma assicurata in quanto si ritiene l’inefficacia della sua stipula.
Naturalmente qualora l’assicurazione riguardi più persone o più cose, il contratto mantiene validità ex comma 4 articolo 1892 c.c. unicamente per quei soggetti o per quei beni ai quali non si riferiscono le dichiarazioni inesatte o le reticenze: in tale ipotesi, sarebbe privo di senso estendere l’azione di annullamento pure a quella parte di contratto per la quale le dichiarazioni risultano veritiere.
Polizza stipulata con compagnia non autorizzata a contrarre
Fattispecie particolare nella quale il contratto di assicurazione viene ritenuto altresì nullo per contrasto con la disposizione dell’articolo 10 della Legge 990/1969[5] (alla quale si attribuisce carattere di norma imperativa) va rinvenuta nel contratto stipulato da società assicuratrice sprovvista di preventiva autorizzazione ministeriale rilasciata dall’IVASS per l’esercizio dell’attività assicurativa nel ramo della responsabilità civile da circolazione di veicolo, ovvero destinato ad operare in relazione a sinistri verificatesi in un’area entro cui è territorialmente inefficace tale provvedimento autorizzatorio[6].
A riconferma di quanto detto, soccorre l’articolo 167 del Codice delle Assicurazioni Private il quale – dopo aver enunciato la nullità del contratto stipulato con un’Impresa non autorizzata o con un’impresa alla quale sia fatto divieto di assumere nuovi affari – aggiunge che detta nullità può essere fatta valere solamente dal contraente o dal soggetto assicurato e pone in capo alla società l’obbligo di restituire i premi già versati. Non sono, invece, ripetibili gli indennizzi e le somme eventualmente corrisposte o dovute dall’impresa agli assicurati ed agli altri aventi diritto a prestazioni assicurative.
Pertanto, due sono le condizioni che definiscono la nullità del contratto: da un parte, la mancata autorizzazione ad esercitare l’attività la quale viene rilasciata dall’Istituto di vigilanza a fronte del possesso di determinati requisiti posti nell’interesse sia del soggetto contraente sia ai fini del buon andamento del mercato delle assicurazioni; dall’altra vi è un provvedimento, invece, che va ad intaccare l’attività di una società effettivamente autorizzata ma a cui viene fatto divieto di assumere nuovi affare. Si tratta di un atto che l’IVASS può emanare nelle ipotesi sancite dall’articolo 221 del Codice delle Assicurazioni Private, ovvero quando le compagnie assicurative non rispettino le norme sulle riserve tecniche e sull’attività a copertura delle medesime, contestandone la violazione e ordinando alle stesse imprese di conformarsi alle norme violate, assegnando termini congrui per l’attuazione degli adempimenti richiesti e non pregiudizievoli per la protezione degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative; l’IVASS inoltre può vietare all’impresa di compiere atti di disposizioni sui propri beni e, sempre su propria indicazioni, può chiedere anche alle autorità di vigilanza degli altri Stati membri nei quali l’impresa possiede beni di provvedere alla stessa maniera. Il divieto di assunzione di nuovi affari – che può avere una durata massima di 6 mesi e che dev’essere comunicato tramite bollettino pure alle autorità di vigilanza degli altri Paesi nei quali la società in questione opera – viene revocato, anche prima del termine stabilito, quando la compagnia abbia eliminato o posto completo rimedio alla violazione contestata; tale revoca viene poi comunicata anche alle autorità degli altri Stati membri interessati.
Questa disposizione è posta a tutela del contraente nonché, in seconda istanza, dell’assicurato il quale non può ragionevolmente accertare se il soggetto che si presenta come società assicuratrice sia effettivamente tale. Vista dal lato dell’impresa “abusiva”, la norma costituisce una sanzione civile per il fatto che il sedicente assicuratore si permetta di operare sul mercato in assenza di autorizzazione abusando, pertanto, della buona fede dei soggetti che vengono in contatto con essa[7].
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Note
[1]Mancini M. E., Nessuna copertura assicurativa anche se la polizza è retrodatata in Neldiritto.it rivista telematica di Diritto.
[2]Art. 1895 Codice civile.
[3]“L’azione di annullamento si prescrive in 5 anni. Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità legale, il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo […]. Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto. L’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere”.
[4]Articolo 2952 del Codice civile che enuncia le prescrizioni in materia assicurativa “Il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole scadenza. Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono in 2 anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui si prescrivono in 10 anni. Nell’assicurazione della responsabilità civile, il termine decorre dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento all’assicurato o ha promosso contro di questo l’azione. La comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione da questo proposta sospende il corso della prescrizione finché il credito del danneggiato on sia divenuto liquido ed esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non sia prescritto”.
[5]Ai sensi del quale “L’assicurazione obbligatoria può essere stipulata con qualsiasi impresa autorizzata ai sensi delle norme vigenti ad esercitare nel territorio della Repubblica, sia in regime di stabilimento che di libertà di prestazioni di servizi, la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli”.
[6]Franzoni, Il terzo danneggiato nell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, Cedam, Padova, 1986, pag. 138.
[7]Sangiovanni Valerio, I contratti di assicurazione fra codice civile e codice delle assicurazioni in Assicurazioni, n. 1-2011, pag. 123 ss.
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