Nuova fattispecie di reato: indebito utilizzo di carte di credito

Mario Conte 07/06/18
Il decreto legislativo n. 21 del 01 marzo 2018, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 68 del 22 marzo 2018 ed entrato in vigore il 06 aprile del 2018, ha apportato una serie di modifiche al codice penale con l’introduzione di nuove fattispecie criminose.

Introdotto l’art. 493 ter c.p.

In materia di tutela del sistema finanziario, l’intervento legislativo del mese di marzo ha introdotto l’articolo 493 ter, denominato “Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento.

In virtù di questa nuova disposizione normativa viene stabilito che “chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi”.

La disposizione normativa, inoltre, introduce una fattispecie di confisca speciale imponendo la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato nonché del profitto o del prodotto, sempre che non appartengano a persona estranea al reato. Viene, altresì, prevista la confisca per equivalente di beni, somme di denaro o altre utilità rientranti nella disponibilità del reo per un valore corrispondente al profitto o al prodotto del reato.

Per sostenere le attività di contrasto alla criminalità organizzata e, nel caso di specie, alla tutela del sistema finanziario, la disposizione normativa consente l’attribuzione degli strumenti sequestrati ai fini della confisca agli organi di polizia che ne facciano richiesta.

L’articolo 493 ter è sicuramente un reato comune posto a tutela del mercato finanziario e inserito nel titolo sui delitti contro la fede pubblica. Per questo motivo, la collocazione del reato all’interno dei delitti contro la fede pubblica presuppone che, il bene giuridico tutelato, sia proprio la fede pubblica, termine con cui si intende la fiducia riposta dalla collettività in un determinato simbolo, atto giuridico o oggetto su cui si ripone il massimo affidamento per ipotizzare la certezza, sicurezza e rapidità dei traffici giuridici.

Qualche dubbio, probabilmente, può essere sollevato sull’esatta collocazione della fattispecie di cui all’articolo 493 ter che, per unicità di materia trattata, avrebbe meritato una collocazione nel Capo I sulle falsità in monete, carte di pubblico credito e valori bollati ovvero, trattandosi di una sostituzione di persona rispetto al titolare dello strumento di pagamento, nel Capo IV sulle falsità personali.

Il dolo richiesto, ad ogni modo, al pari dell’elemento soggettivo richiesto nei delitti di falso, non si può identificare nella mera coscienza e volontà della falsificazione ma richiede anche la consapevolezza di arrecare ad altri un danno.

Il soggetto attivo può essere chiunque e si può classificare la fattispecie come reato comune.

La nuova fattispecie criminosa richiama espressamente la precedente disposizione normativa che regolarizzava le ipotesi di utilizzo illecito degli strumenti di pagamento, previsto dall’articolo 55 del decreto legislativo 231 del 2007.

Sul punto, quindi, si può assistere ad una ipotesi di continuità normativa dell’illecito penale che non comporta una abolitio criminis della precedente disposizione normativa.

L’interprete, quindi, si troverà di fronte a una successione di leggi in quanto le due disposizioni normative hanno un carattere sostanzialmente omogeneo.

La nuova fattispecie normativa, anzi, prevede elementi speciali rispetto al previgente intervento normativo e, al massimo, si può assistere ad una norma successiva a carattere speciale che, per questo motivo, porta una abolizione parziale della precedente disposizione.

La disposizione di cui all’articolo 493 ter del codice penale, introdotta dal D.Lgs. 21 del 2018, prevedendo una pena della reclusione da uno a cinque anni, consente, nell’ipotesi di flagranza di reato, di procedere con l’arresto facoltativo, fermo restando l’esistenza degli ulteriori requisiti della gravità del fatto ovvero della pericolosità sociale del soggetto.

La condotta di cui all’articolo 493 ter presenta molte affinità con l’articolo 640 ter, differenziandosene, tuttavia, su molti punti specifici.

L’articolo 640 ter, introdotto con la legge n. 547 del 1993, recante modificazioni al codice penale e di procedura penale in tema di criminalità informatica, punisce l’ingiusto profitto che l’agente ottiene mediante l’impiego “alterato” o “senza diritto” di un sistema informatico o telematico. L’azione di “artifizi” e “raggiri”, tipica della condotta fraudolenta, viene esercitata sul sistema informatico e telematico e non, a differenza della condotta di cui all’articolo 640, sulla persona.

Pur tuttavia, tali condotte criminose, prima dell’intervento normativo del 1993, era ricondotte – in modo forzato- alle fattispecie di cui all’articolo 640, ma questa azione comportava non pochi problemi visto il divieto di analogia in malam partem imposto nel nostro ordinamento, visto che la condotta fraudolenta, come detto precedentemente, ricade sulla macchina e non sulla persona.

In primo luogo, la Giurisprudenza ha precisato che integra la condotta del delitto di frode informatica e non quella di indebito utilizzo di carte di credito, l’azione di colui che, essendogli stata revocata la regola per operare con l’home bancking del conto corrente, acceda abusivamente al sistema informatico bancario attraverso i codici di accesso telematici al fine di effettuare una ricarica del telefono cellulare (C. Sez. II n. 50140 del 2015); o ancora si ravvisa la condotta della frode informatica nell’azione di colui che, usando una carta di credito falsificata e un codice di accesso captato fraudolentemente, acceda abusivamente nel sistema informatico della banca ed effettui delle operazioni illecite di trasferimento fondi (C. Sez. II n. 26229 del 2017).

Un ultimo aspetto da analizzare ricade sull’eventuale applicazione dell’articolo 649 del codice penale sull’articolo 493 ter.

Secondo l’articolo 649 del codice penale, si stabilisce che non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo – quello dei reati contro il patrimonio – in danno del coniuge non legalmente separato, di un ascendente o discendente, di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato, di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

La fattispecie di cui all’articolo 649 c.p è intesa come una condizione di non punibilità che è tesa a garantire l’integrità della famiglia da eventuali turbamenti generati dalle intromissioni della giurisdizione penale all’interno della famiglia, con riferimento alla commissione di fattispecie che configurano delitti contro il patrimonio, commessi da persone collegate da un vincolo familiare.

Rapporto con la fattispecie ex art. 649 c.p.

e In attesa di pronunce giurisprudenziali che possano schiarire i dubbi sull’applicazione della condizione di non punibilità de quo, sorgono spontaneamente dei quesiti sul rapporto tra la fattispecie di cui all’articolo 493 ter e l’articolo 649 c.p.

Quid iuris in caso di utilizzo di una carta di credito o di uno strumento di pagamento di cui all’articolo 493 ter da parte di un soggetto collegato al titolare da un vincolo familiare? E’ possibile l’applicazione dell’articolo 649 c.p.?

L’utilizzo della carta di credito intestata a Tizio, da parte del figlio che, con il fine di trarne un profitto personale, può essere scriminato dal dispositivo dell’articolo 649 c.p.?

Da una prima lettura delle norme, sembrerebbe essere esclusa tale applicazione.

Il motivo ricade nella motivazione che le due fattispecie penali presentano dei confini ben determinati e oggettivamente ricadenti in due aree diverse.

L’articolo 649 consente la non punibilità per le fattispecie commesse da soggetti legati da vincoli familiari, limitatamente alle fattispecie delittuose ricadenti nel titolo dei reati contro il patrimonio.

L’articolo 493 ter, di contro, è stato volutamente introdotto dal legislatore all’interno dei delitti contro la fede pubblica e, in particolare, nel titolo dei reati contro la falsità in atti. Qualora il legislatore, quindi, avesse ritenuto opportuno di tutelare il patrimonio degli intestatari dei titoli di pagamento, avrebbe certamente inserito la fattispecie penale nel titolo XIII del codice penale.

La necessità, invece, di garantire la fede pubblica derivante dall’utilizzo di strumenti che sostituiscono la moneta come strumento di pagamento, ha quindi indotto il legislatore a inserire la nuova fattispecie penale nel capo terzo del titolo VII del codice penale che, oltre a garantire l’integrità del patrimonio dell’intestatario dello strumento di pagamento, principalmente tutela la fede pubblica dall’utilizzo di mezzi di pagamento da parte di soggetti che non risultino gli effettivi intestatari dei mezzi di pagamento.

Per i motivi su esposti, in attesa di avere dei riscontri pratici nelle aule di tribunale, si ritiene di non poter applicare la condizione di non punibilità di cui all’articolo 493 ter da parte dei soggetti legati da vincoli di familiarità.

 

Mario Conte

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