Indice
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
1. Il fatto
La Corte di Appello di Messina parzialmente riformava una sentenza del Tribunale di Messina con la quale l’imputata era stata condannata – ritenuto sussistente il vincolo della continuazione – alla pena di un anno di arresto ed euro 18.000,00 di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale in relazione alle ipotesi di reato di cui all’art. 44, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 380 del 2001, agli artt. 93, 94, 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, all’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004 e all’art. 734 cod. pen..
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata che deduceva i seguenti motivi: 1) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con particolare riferimento alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, in quanto, secondo la difesa, l’impianto probatorio complessivamente considerato, mettendo in luce la manifesta contraddittorietà della motivazione della sentenza di primo grado e l’impossibilità di addivenire all’affermazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della responsabilità penale, avrebbe dovuto indurre la Corte di Appello a pronunciare sentenza di assoluzione; 2) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo richiesto dalle fattispecie di reato contestata, erroneamente ritenuto sussistente in re ipsa; 3) annullamento della sentenza per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione; 4) mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen..
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La Corte di Cassazione dichiarava l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, accogliendo, quindi, il terzo motivo.
In particolare, gli Ermellini osservavano come il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. sia costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato posto che, solo in tali casi, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza, fermo restando però che i presupposti per l’immediato proscioglimento devono risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale, essendo necessario che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento“, ma ad una mera “constatazione“.
Chiarito ciò, i giudici di piazza Cavour rilevavano al contempo che l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di Cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato posto che, in caso di annullamento, ad avviso del Supremo Consesso, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato, e ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (ex plurimis, sez. 6, 10 dicembre 2011, n. 5438; Sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490; Sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179; Sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021).
Orbene, i giudici di legittimità ordinaria notavano come i presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., delineati nei termini appena enunciati, non sussistessero certamente nel caso di specie in cui l’eventuale accoglimento dei primi due motivi di ricorso – riferiti alla responsabilità penale – avrebbe reso comunque necessario un annullamento con rinvio al giudice di secondo grado per una rivalutazione del quadro istruttorio.
Né poteva dirsi, sempre ad avviso della Suprema Corte, che il primo di tali due motivi era manifestamente infondato perché attinente a questioni di fatto e di diritto effettivamente rilevanti ai fini della decisione di merito, non risultando formulato in modo non specifico, essendo corredato da sufficienti riferimenti sia alla motivazione della sentenza impugnata sia agli atti di causa.
Ciò posto, rilevando il fatto che il termine di prescrizione era decorso, la Corte di legittimità annullava la sentenza impugnata senza rinvio.
4. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi affermato in sostanza che l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità, che vale anche in sede di legittimità, fa sì che non sia rilevabile, da parte della Corte di Cassazione, il vizio di motivazione della sentenza impugnata che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio atteso che, in questi casi, deve essere dichiarata l’estinzione del reato.
Tale pronuncia, quindi, conferisce una prevalenza alla declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., e quindi, anche quella che determina l’estinzione del reato, come la prescrizione del reato, rispetto alla rilevabilità del vizio di motivazione di cui all’art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen..
Tale approdo ermeneutico si allinea lungo il solco di quell’orientamento nomofilattico secondo cui, ove, nonostante si venga a verificare una situazione di questo genere, si proceda con l’annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato, e ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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