Con la sentenza numero 12000 del 03.05.24 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Scrima, relatore Porreca, chiarisce la differenza ontologica tra danno da mancato esercizio dell’autodeterminazione e danni da mancato consenso informato in ipotesi di omessa diagnosi di malformazione del feto.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile: La Riforma Cartabia della giustizia civile
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizio e Tizia convenivano in giudizio, anche quali genitori esercenti la potestà su Tizietto, la Alfa e Caio, rispettivamente clinica sanitaria e medico, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in seguito alla omessa diagnosi di malformazione del feto.
Nel corso del primo grado la CTU aveva evidenziato una refertazione incompleta del sanitario, avendo omesso di specificare che, poiché il feto era in posizione cefalica, non erano state possibili le proiezioni sagittale e coronale, le uniche che avrebbero permesso di vedere l’agenesia del corpo calloso, spesso presente nelle malattie genetiche, così da indurre ragionevolmente a effettuare ulteriori approfondimenti, opportunamente più specifici di quello ecografico effettuato. La domanda, tuttavia, e nonostante gli esiti della CTU non era accolta, non avendo gli attori allegato e provato, nemmeno a mezzo presunzioni, che questi, qualora informati, avrebbero deciso di interrompere la gravidanza anzi, la circostanza che avevano omesso di richiedere esami più approfonditi, quale l’amniocentesi, dimostrava che era per loro irrilevante lo stato di salute del feto ai fini della eventuale decisione abortiva che, in tal modo, dimostravano di non voler considerare.
La sentenza veniva confermata in appello, e gli originari attori ricorrevano in cassazione.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:
La Riforma Cartabia della giustizia civile
Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.
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2. Omessa diagnosi della malformazione del feto e danno da mancata autodeterminazione: la questione giunta in Cassazione
Gli originari attori propongono molteplici motivi di impugnazione, dei quali uno degno di particolare interesse, tanto da essere accolto.
La censura attiene al fatto che la corte di merito ha accertato la mancata allegazione e prova della possibile volontà di interrompere la gravidanza, ma ha sovrapposto la questione con quella, diversa, dell’autodeterminazione.
Il “consenso informato” del paziente, che il sanitario è obbligato ad acquisire, costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento medico, con la conseguenza che l’errata esecuzione di quest’ultima, genera un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo d’informazione. Sono, infatti, diversi i diritti – rispettivamente, alla “autodeterminazione” delle scelte mediche e all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi, come chiarito dalla pronuncia 16892/2019 che cassava la pronuncia in cui il giudice di merito, nel rigettare la domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla omessa rilevazione e comunicazione della malformazione del feto, aveva pronunziato esclusivamente in ordine ai danni da mancata interruzione della gravidanza, per carenza di prova riguardo alla volontà della donna di non portare a termine la stessa, omettendo del tutto di valutare gli altri e diversi danni e le relative conseguenze, nella specie indicate nell’impossibilità di prepararsi, come genitori, psicologicamente e materialmente alla nascita di un figlio malformato.
In altre parole, afferma la Corte che “i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all’autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che siano connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita, quali, ad esempio, il ricorso, per tempo, a una psicoterapia o quanto meno la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio”. La Corte richiama anche i suoi precedenti 2798/23 e 16633/23.
Ancora, in precedenza la Corte ha affermato che (Cass. 2798/23) “Ad una corretta informazione consegue la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell’intervento, ove queste risultino, sul piano postoperatorio riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili quanto inaspettate per il paziente a causa dell’omessa informazione”.
E’ evidente, quindi, l’errata sovrapposizione operata dalla corte di merito tra autodeterminazione e consenso informato, che ha lasciato scoperto il profilo risarcitorio de quo.
La sentenza viene quindi cassata e rinviata alla Corte d’appello che deciderà la causa applicando i suddetti principi.
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