Contributi previdenziali: le Sezioni Unite chiariscono le scadenze da considerare
Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione si sono pronunciate due giorni fa con la sentenza n. 10424 del 7 marzo, in materia di versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro. Il caso di specie riguarda il caso di un datore che aveva omesso il versamento dei contributi per un importo superiore a 10 mila euro, dunque, a seguito dell’intervenuta depenalizzazione che pone la soglia a tale valore, la condotta dell’allora indagato veniva risultata penalmente rilevante. L’interrogativo per il quale la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite riguarda il periodo da considerare al fine di determinare la portata dell’omissione. In particolare, i giudici di legittimità hanno chiarito se, per la determinazione dell’importo non versato, debba farsi riferimento alle mensilità di pagamento delle retribuzioni ovvero alle mensilità di scadenza del versamento contributivo.
La terza sezione penale della Suprema Corte riteneva la questione controversa e, pertanto, domandava al primo Presidente la sottoposizione della stessa al vaglio delle Sezioni Unite, le quali premettono quello che è il quadro normativo attuale in materia. Precisamente, oltre a richiamare il limite dei 10 mila euro che funge da spartiacque tra l’illecito penale e quello meramente amministrativo, si evidenzia che il datore non è comunque passibile di sanzione qualora, entro tre mesi dalla scadenza, provveda al versamento di quanto dovuto.
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La decisione della Suprema Corte
Fatte le dovute premesse circa la disciplina attuale in materia, le Sezioni Unite evidenziano che la giurisprudenza ha modificato i propri orientamenti dopo l’intervento del Legislatore in termini di depenalizzazione (d. lgs n.8/2016). Oggi, il caso del datore che ometta il versamento per più mensilità, pone in essere atti esecutivi del medesimo reato a consumazione prolungata, configurandosi in tal modo un’ipotesi di progressione criminosa (dapprima penalmente irrilevante, poi come vero e proprio illecito penale). Un primo orientamento fa però riferimento alle mensilità omesse di volta in volta, considerando l’anno legale; altre pronunce considerano l’anno, senza oltremodo specificare. Maggioritaria è risultata comunque la tesi per cui deve farsi riferimento all’anno in cui il debito sorge, essendo irrilevante il momento in cui scade il termine per il versamento, che rileva solamente per individuare il tempus commissi delicti.
I giudici di legittimità, prendendo le mosse dalla ratio sottesa alla riforma, che consiste nella volontà di contrastare non tanto l’omesso versamento quanto l’indebita appropriazione da parte del datore di lavoro, ha affermato che deve aversi riguardo alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi, poiché è in quei momenti che la condotta omissiva diviene penalmente rilevante.
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