Omicidio volontario e preterintenzionale: la distinzione

Cosa distingue l’omicidio volontario da quello preterintenzionale? Commento a sentenza della Cassazione

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Corte di Cassazione -sez. I pen.- sentenza n. 42785 del 26-09-2024

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Indice

1. La questione: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 575 e 584 cod. pen.


La Corte di Assise di Appello di Bari confermava una sentenza emessa dalla Corte di Assise di Foggia con la quale l’imputato era stato condannato per omicidio volontario alla pena di anni trenta di reclusione ed euro 4.000,00 di multa.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 575 e 584 cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di Assise di Appello avrebbe omesso di derubricare il reato di omicidio in quello di omicidio preterintenzionale; secondo il ricorrente, infatti, a seguito dell’istruttoria, era emerso come le lesioni riportate dalla persona offesa non fossero in alcun modo compatibili alla sussistenza di una volontà omicida da parte dell’imputato. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

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Codice penale e di procedura penale e norme complementari

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione: omicidio volontario o preterintenzionale?


Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo cui il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e l’omicidio preterintenzionale risiede nell’elemento psicologico, nel senso che, se, nell’ipotesi della preterintenzione, la volontà dell’agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell’evento morte, nell’omicidio volontario, la volontà dell’agente è invece costituita dall’animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (Sez. 1, n. 35369 del 04/07/2007).
Invero, per la Corte di legittimità, il giudice di merito aveva escluso la tesi della preterintenzionalità, in base a un percorso argomentativo (stimato) del tutto logico e coerente e pienamente aderente alle risultanze processuali.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa distingue l’omicidio volontario da quello preterintenzionale.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di quell’indirizzo interpretativo, che la distinzione tra omicidio volontario e omicidio preterintenzionale dipende dall’elemento psicologico nel senso che, se, nell’omicidio preterintenzionale, l’agente ha l’intenzione di percuotere o ferire la vittima, senza prevedere la morte, nell’omicidio volontario, invece, l’agente ha l’intenzione di uccidere (animus necandi), che può manifestarsi come dolo diretto o eventuale, fermo restando che l’accertamento di quest’ultimo elemento deve essere basato su una valutazione rigorosa degli elementi oggettivi derivanti dalle modalità della condotta.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba comprendere quali di questi due illeciti penali sia effettivamente configurabile.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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