E’ doveroso precisare che la ratio della norma consta nella sua funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e dell’efficienza processuale. In tale prospettiva la norma, attraverso l’istituto della mediazione obbligatoria, mira a rendere il processo l’extrema ratio, ossia l’ultima possibilità, dopo che le altre alternative si siano rivelate precluse.[1] Pertanto l’onere di esperire la procedura di mediazione deve gravare in capo alla parte che nutre l’interesse al processo e ha il potere di dare impulso all’azione giudiziaria.
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, diviene difficile individuare colui che ha l’onere poiché si verifica l’inversione tra rapporto sostanziale e rapporto processuale: il creditore del rapporto sostanziale diviene l’opposto nel giudizio di opposizione.
Tutto ciò può indurre ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (di solito è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. In realtà invece, seguendo come criterio guida l’interesse ed il potere d’introdurre il giudizio di cognizione, la soluzione deve essere quella opposta.
Attraverso il ricorso per decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva in totale coerenza con i principi dell’efficienza e dell’economia processuale. È, infatti, l’opponente che ha il potere e nutre l’interesse, ad introdurre il giudizio di merito, ovvero la soluzione più dispendiosa.
E’ dunque in capo ad egli che grava l’obbligo della mediazione obbligatoria in quanto desidera precludere la via breve scegliendo la via più lunga ed onerosa e ha l’interesse ad avviare il tentativo di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.[2]
Si evidenzia come una volta che l’opposizione sia dichiarata procedibile, si ripristinino le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto attore sostanziale. Nella fase antecedente, invece, l’unico interessato ad intraprendere la procedura di mediazione sarà solo l’opponente; in caso contrario, l’opposizione sarà ritenuta improcedibile.
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, dato che il legislatore non precisa chi, fra opposto e opponente, abbia l’onere di proporre la procedura di mediazione, si deve accertare su quale soggetto ricadano gli effetti negativi della dichiarazione d’improcedibilità conseguente al mancato avvio.
Entrambe le due opzioni in ordine all’esperimento della mediazione, quella che vede coinvolto il debitore opponente e quella che grava in capo al creditore opposto, sono supportate da valide ragioni tecniche, da importanti principi giuridici e da un acceso dibattito in dottrina e giurisprudenza.
Si può affermare che l’onere processuale ricada in capo al debitore opponente poiché è parte interessata all’instaurazione ed alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione. Infatti, in caso di mancata opposizione o nell’ipotesi di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata. Dato che la parte interessata ad instaurare il giudizio di cognizione ed a coltivarlo sino alla decisione di merito è il debitore opponente, in capo a lui dovrebbero ricadere le conseguenze negative qualora si verifichi il mancato esperimento del procedimento di mediazione.
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Per contro, si può asserire che l’onere processuale sia a carico del creditore ingiungente.
La questione è alquanto dibattuta anche in dottrina ove si individuano due scuole di pensiero: l’una che ritiene che l’onere sia in capo all’opposto qualora sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione provvisoria e l’altra, invece, che prevede l’obbligo per l’opponente nell’ipotesi in cui sia stata concessa l’esecuzione provvisoria del decreto.
La soluzione interpretativa non è stata condivisa dal Collegio in quanto pone in essere una netta divisione tra l’onere processuale e la domanda, laddove invece l’esperimento della mediazione resta comunque condizione di procedibilità della domanda medesima.
È doveroso sottolineare come entrambe le posizioni sopra indicate, siano in realtà l’espressione di alcuni principi costituzionali.
Analizziamo più in dettaglio.
La tesi dell’onere a carico del debitore opponente, s’ispira al principio dell’efficienza e dell’economia processuale oltre alla ragionevole durata del processo.
La teoria invece dell’obbligo di esperire il tentativo di mediazione a carico del creditore opposto risponde al diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 della Costituzione. Tale diritto potrebbe essere compromesso dall’esecutività del decreto ingiuntivo, quale conseguenza della pronuncia d’improcedibilità per non avere il debitore opponente assolto l’onere previsto a suo carico.
La tematica assume una particolare rilevanza poiché affronta un argomento sul quale si assiste ad un acceso dibattito e contrasto sia in dottrina che in Giurisprudenza.
L’importanza e la delicatezza della questione richiede e giustifica l’intervento delle Sezioni Unite.
La vicenda processuale
Senza entrare in questa sede nei dettagli della singola vicenda processuale che meno interessano una riflessione di carattere generale, i fatti oggetto del giudizio in questione possono essere così sinteticamente riassunti:
- Nel caso di specie, trattasi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo vertente su controversia in materia di contratti bancari e finanziari, per la quale è obbligatorio l’esperimento della procedura di mediazione, a sensi dell’art. 5 Lgs. 28/2010.
- Dato che il debitore opponente nutriva l’interesse all’instaurazione ed alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, in capo allo stesso gravava l’onere di esperire preliminarmente il tentativo di mediazione a pena d’improcedibilità dell’opposizione.
Nella vicenda oggetto del nostro esame, parte opponente disconosceva, con atto di opposizione, la sottoscrizione del contratto di finanziamento personale, sostenendo di non aver mai apposto alcuna firma e, dunque, che tale sottoscrizione dovesse ritenersi apocrifa. Il disconoscimento è stato dunque effettuato in modo specifico e determinato.
- Il Giudice evidenziava come il disconoscimento di una scrittura privata ai sensi dell’ 214 c.p.c. debba rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile. Pertanto, la parte che intenda negare l’autenticità della propria sottoscrizione è tenuta a specificare, tutti i documenti al fine di provare e sostenere quanto asserito.
- In conclusione dunque, a fronte del disconoscimento della firma apposta sul contratto di finanziamento per cui era causa, operato dall’opponente, non risultava opportuna la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
I passaggi della sentenza
Della puntuale motivazione della sentenza è importante sottolineare almeno tre rilevanti passaggi, che contengono valutazioni anche di carattere generale:
- Alla luce dell’ 648 c.p.c. il giudice istruttore, se l’opposizione non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, con ordinanza non impugnabile, l’esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell’articolo 642 c.p.c. Il giudice concede l’esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per i vizi procedurali.
- In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve provare la fonte del suo diritto ed allegare la circostanza dell’inadempimento di controparte.
- Il disconoscimento di una scrittura privata deve rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile.
Motivi della decisione
Alla luce della documentazione depositata dalle parti, dell’analisi dell’alea, dei possibili costi processuali ed il mancato tentativo di mediazione, il Giudice riteneva opportuno revocare il decreto ingiuntivo opposto, condannare parte opponente al pagamento in favore di parte opposta della somma complessiva di Euro 11.685,04 (50% della somma ingiunta di Euro 23.370,08) e compensare le spese di lite.
Conclusioni
In conclusione, si deve sottolineare come il Giudice, alla luce di tutti i motivi sopra esposti, rigettava l’istanza avanzata dall’istituto di credito bancario ai sensi dell’art. 648 c.p.c. volta ad ottenere la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto emesso dal Tribunale di Trani.
Invitava parte opponente ad esperire il procedimento di mediazione presso un organismo accreditato, secondo i criteri stabiliti dall’art. 4, comma 1, del D. Lgs. 28/2010, presentando la relativa domanda entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento.
Fissava una nuova udienza per la trattazione ex art. 183 c.p.c. formulando, in caso di esito negativo della disposta mediazione, la proposta conciliativa, ex art. 185-bis c.p.c.
La sentenza esaminata tenta di affrontare e risolvere l’acceso dibattito circa l’onere di esperire il tentativo di mediazione in materia di contratti bancari e finanziari, considerata materia obbligatoria di mediazione.
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Note
[1] Si ricorda l’ Arbitro Bancario Finanziario (ABF) : istituito nel 2009 in attuazione dell’articolo 128-bis del Testo unico bancario (TUB), introdotto dalla legge sul risparmio (legge n. 262/2005). Il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) – che opera presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze – con Delibera del 29 luglio 2008 ha stabilito i criteri per lo svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e ha affidato alla Banca d’Italia il compito di curarne l’organizzazione e il funzionamento. In applicazione della Delibera del CICR la Banca d’Italia ha adottato le disposizioni che regolano il funzionamento del sistema stragiudiziale ABF nel suo complesso. L’ABF ha inizialmente operato con tre Collegi territoriali; da dicembre 2016 è attivo sul territorio con sette Collegi, competenti in base al domicilio del cliente. (rif. Arbitro Bancario Finanziario – Risoluzione stragiudiziale delle controversie.)
[2] Rigetto o accoglimento parziale dell’opposizione:
- Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva.
2. Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. 3. Con la sentenza che rigetta totalmente o in parte l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso sulla base dei titoli aventi efficacia esecutiva in base alle vigenti disposizioni, il giudice liquida anche le spese e gli onorari del decreto ingiuntivo.
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