Come è noto, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione (art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. 28/2010).
Tuttavia, il procedimento di mediazione non è obbligatorio e, pertanto, non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tra gli altri: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (art. 5, comma 4, D.Lgs. 28/2010).
Ciò sta a significare che l’obbligatorietà della mediazione nei procedimenti di ingiunzione non è esclusa tout court ma rimane latente, nel senso che essa prenderà vigore nella fase eventuale dell’opposizione e, precisamente, dopo la prima udienza, deputata, tra l’altro, alla concessione dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. ovvero l’assegnazione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto o, se già concessa, la sua eventuale sospensione.
La giurisprudenza di merito si è interrogata su quale parte incombesse il suddetto obbligo, in altri termini, se l’onere di esperire il procedimento di mediazione rimane in capo all’opponente – convenuto in senso sostanziale – ovvero all’opposto – attore in senso sostanziale, giungendo a conclusioni diametralmente opposte.
Questione non di poco conto, considerato che il mancato esperimento della mediazione comporta conseguenze irreversibili che, a seconda del soggetto su cui grava, possono tradursi nella conferma o, viceversa, nella revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Come detto, fino ad oggi la giurisprudenza di merito si è dimostrata oltre modo ondivaga, facendo ricadere l’anzidetto onere talvolta in capo all’opponente altre volte in capo al medesimo opposto.
A favore della prima tesi, quella che fa ricadere sull’opponente – convenuto in senso sostanziale – l’onere di avviare il procedimento di mediazione si sono schierati il Tribunale di Firenze, quello di Nola e da ultimo il Tribunale di Monza.
Tanto è vero che: “Alla dichiarazione d’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo per mancato esperimento della mediazione prevista quale condizione di procedibilità della domanda consegue la conferma del decreto ingiuntivo opposto” (Tribunale Nola, 24/02/2015).
Nello stesso senso si è espresso, da ultimo, il Tribunale di Monza, in data 31.03.2015, il quale afferma come: “nel giudizio che s’instaura con l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso con riferimento ad una delle materie indicate nel richiamato art. 5 L. Med., l’omessa instaurazione del procedimento di conciliazione entro il termine fissato dalla legge determina la improcedibilità della domanda formulata con l’atto di citazione in opposizione (ed eventualmente con la comparsa di risposta o con comparse di terzi), che è l’atto che ha dato origine al procedimento di opposizione, nel quale l’opponente ha la veste processuale di attore. Non vi è dubbio, infatti, che essendo il decreto ingiuntivo astrattamente idoneo a diventare definitivo, (si pensi al caso di mancata opposizione ovvero di estinzione del procedimento di opposizione eventualmente proposto) il mancato verificarsi della condizione di procedibilità costituita dall’instaurazione del procedimento di mediazione, è destinato ad incidere esclusivamente e negativamente sul procedimento di opposizione e non anche sul decreto ingiuntivo i cui effetti, in ossequio ai principi processuali propri di tale procedimento speciale (cui, è bene ricordarlo, la normativa in tema di mediazione non deroga espressamente), divenendo improcedibile il relativo procedimento di opposizione si consolidano e non sono più suscettibili di essere posti in discussione. Ritenere, al contrario, che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo importerebbe un risultato “abnorme” rispetto alle regole processuali proprie del rito, dal momento che si porrebbe in capo all’ingiungente opposto -già munito di un titolo idoneo a passare in giudicato- l’onere di coltivare il giudizio di opposizione da lui non instaurato al solo fine di garantirsi la salvaguardia del provvedimento monitorio, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta del debitore ingiunto”.
Viceversa, la tesi che vorrebbe far ricadere sull’opposto – attore in senso sostanziale – l’onere di esperire il tentativo di mediazione sotto pena, in mancanza, della revoca del decreto ingiuntivo, è stata sostenuta dapprima dal Tribunale di Varese e, successivamente, da quello di Ferrara, con la sentenza del 7/01/2015.
A tal proposito, infatti, è stato ritenuto che: “L’onere del tentativo obbligatorio di mediazione, ex art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010, è posto a carico di «chi intende esercitare in giudizio un’azione». Nei procedimenti monitori, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione, con la conseguenza che il processo non verte attorno alla legittimità o liceità della ingiunzione, ma sul diritto monitoriamente azionato. Ne consegue che attore sostanziale (e, dunque, chi agisce in giudizio, nei sensi di cui all’art. 5, comma 1, cit.) è il creditore e non il debitore che proponga opposizione: a carico di questi un onere è configurabile solo in caso di domande in riconvenzione o verso terzi, ma non certo per il solo fatto di avere dovuto proporre l’opposizione. Pertanto, successivamente alla pronuncia sulle istanze ex artt. 648 o 649 c.p.c., il soggetto tenuto ad attivarsi per evitare la declaratoria di improcedibilità della domanda è il creditore opposto, attore in senso sostanziale” (Tribunale Varese, 18/05/2012).
Nell’attesa di un intervento chiarificatore della Suprema Corte, lo scrivente aveva ritenuto preferibile la tesi che pone in capo all’opponente l’onere di avviare la procedura di mediazione, “tanto perché l’interesse a coltivare il giudizio di opposizione dovrebbe essere proprio dell’opponente, il quale ha l’esigenza di ottenere un pronunciamento che comporti la revoca del decreto ingiuntivo e, pertanto, l’accoglimento delle ragioni che hanno portato ad opporsi all’ingiunzione di pagamento, il quale, conseguentemente, avrebbe tutte le ragioni (interesse ad agire) per promuovere la mediazione. Sostenere il contrario imporrebbe al creditore opposto l’esperimento di un’ulteriore attività, quella della mediazione, nonostante lo stesso si sia già munito del provvedimento giudiziale, quale appunto l’ingiunzione di pagamento. Senza contare che far ricadere l’onere di proporre l’istanza di mediazione in capo al creditore-opposto, alimenterebbe oltre modo la proposizione di opposizioni meramente defatigatorie, nella speranza che l’opposto, dopo l’udienza per la concessione o la revoca del decreto ingiuntivo opposto, magari “dimentichi” di avviare l’anzidetto procedimento di mediazione con la conseguente revoca del decreto ingiuntivo”. (Fonte: “La mediazione nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo: chi deve proporre l’istanza? www.studiocataldi.it – Autore Avv. Paolo Accoti)
L’invocato intervento esplicativo è in effetto arrivato con la sentenza n. 24629, pubblicata in data 3.12.2015, della Corte di Cassazione – III Sez. Civile, la quale pare sposare la tesi sopra prospettata.
La stessa, componendo il contrasto creatosi nella giurisprudenza di merito, ha ritenuto che: “E’ sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria”.
La Corte di Cassazione, premessa la non facile lettura della disposizione di cui all’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010, sopra visto, ritiene di dare risalto alla ratio della norma e, pertanto, alla finalità della stessa, che è quella di deflazionare il carico di lavoro degli organi giurisdizionali, cercando di definire stragiudizialmente le controversie, pertanto, l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve essere necessariamente posto a carico di chi ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.
La Suprema Corte ricorda che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, si verifica una inversione tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che nel giudizio di opposizione il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto – attore in senso sostanziale (ma convenuto in senso processuale) – e il debitore diventa l’opponente – convenuto in senso sostanziale (ma attore in senso processuale).
Tuttavia: “Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga”.
Ed invero, proposta l’opposizione a decreto ingiuntivo, a seguito dell’udienza di comparizione parti, nella quale il giudice provvederà alla concessione ovvero alla revoca della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione, sotto pena, in mancanza d’improcedibilità dell’opposizione.
Pertanto, è proprio l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.
Del resto, chiosa la Suprema Corte: “una soluzione differente risulterebbe irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice”.
Pertanto, nella particolare fattispecie dell’opposizione a decreto ingiuntivo, dopo l’udienza di comparizione parti, nella quale il giudice si pronuncia sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, lo stesso assegna alle “parti” il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione (questo il testo letterale dell’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. 28/2010), ma per “parti”, nella fattispecie in esame, s’intende esclusivamente il debitore opponente che, pertanto, avrà l’onere di avviare il procedimento di mediazione sotto pena, in mancanza, di improcedibilità dell’opposizione e contestuale consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.
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