Come noto, le cartelle di pagamento, che contengono le pretese che vari enti pubblici vantano nei confronti dei contribuenti, devono essere impugnate entro termini di decadenza rigorosi. Se non impugnate, infatti, comportano una sostanziale sanatoria dei vizi di cui sono gravate lasciando il contribuente praticamente privo di tutela e con l’obbligo di pagare gli importi indicati nella cartella stessa.
Sussistono, tuttavia, casi in cui è possibile impugnare anche le cartelle di pagamento scadute per le quali sono decorsi i termini ordinari di impugnazione.
Ciò si verifica quando la cartella è gravata da vizi tali da comportarne la sua assoluta inesistenza.
Uno di questi casi è rappresentato da quelle notifiche eseguite senza il rispetto rigoroso della legge che pur portando a conoscenza del contribuente la pretesa economica dell’ente pubblico non possono essere considerate delle vere e proprie notifiche.
Ciò deriva dal fatto che sussiste una radicale e significativa differenza tra la conoscenza fattuale e la conoscenza legale della cartella: la prima consiste nella concreta conoscenza del contenuto di un atto, conoscenza che può avvenire in molti modi e senza specifiche formalità; la seconda, invece, è la conoscenza acquisita nelle forme previste dalla legge.
È soltanto quest’ultima che ha rilievo agli occhi della legge. Dovendosi ritenere necessaria la conoscenza legale affinché l’atto venga ad esistenza, laddove le rigorose procedure previste dalla legge non siano osservate la conseguenza è la inesistenza giuridica della cartella.
A tale proposito, si ricorda che le modalità di notifica sono previste esplicitamente dall’art. 26, D.P.R. 602/1973 secondo cui “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionari, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”.
In molti casi, tuttavia, l’agente della riscossione provvedere direttamente alla notifica degli atti attraverso l’invio in proprio di una lettera raccomandata, come una lettura superficiale della norma ora citata potrebbe autorizzare.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce con la sentenza n. 909 del 16 novembre 2009, tuttavia, ha ritenuto che tale operato non sia legittimo perché l’ultima parte della disposizione (la notifica può essere eseguita anche a mezzo raccomandata) non può essere letta in modo avulso da quanto la precede e, pertanto, non può ritenersi l’agente della riscossione legittimato a notificare gli atti in proprio a mezzo lettera raccomandata.
Infatti, il secondo periodo dell’art. 26 “non è altro che la prosecuzione del primo […] tenendo come riferimento il punto principale dell’articolato laddove specifica che «la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati» e la possibilità di notificare la cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento va riferita sempre agli ufficiali della riscossione o altri soggetti abilitati i quali possono avvalersi del servizio postale mentre sono illegittime le notifiche eseguite direttamente dall’Agente della riscossione”.
Ne deriva che, non potendo essere considerata legittima la notifica a mezzo posta delle cartelle di pagamento e pretendendo la legge tale circostanza per l’esistenza stessa della cartella (conoscenza legale), la cartella notificata a mezzo posta è una cartella inesistente che, quindi, può essere impugnata anche decorsi i termini ordinari di impugnazione.
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