L’iscrizione ipotecaria è uno degli atti di tutela delle pretese erariali più odiosi, soprattutto perché spesso si tratta di un’azione compiuta da Equitalia di nascosto e della quale il contribuente viene a conoscenza soltanto molto tempo dopo, quando, ad esempio, intende vendere l’immobile o chiedere un finanziamento.
Contro di essa è possibile senza dubbio proporre opposizione.
Essa, tuttavia, deve rispettare le rigorose e complicate regole procedurali poste dalle diverse disposizioni e, soprattutto, i termini in esse previsti.
Su tale argomento si è pronunciata la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 7051/2012 nella quale, oltre a ribadirsi l’impugnabilità delle iscrizioni ipotecarie illegittime, è stata anche sottolineata la perentorietà dei termini entro i quali l’impugnazione medesima deve essere proposta.
Tale tipo di azione, infatti, è da qualificarsi come impugnazione contro gli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., disposizione che prevede due diverse modalità: l’atto di citazione, se l’esecuzione non è ancora iniziata, ovvero il ricorso, se l’esecuzione è già iniziata. Punto in comune è la necessità che essa sia proposta entro il termine di 20 giorni dal compimento dell’atto impugnato o dalla sua acquisita notizia.
La Corte di Cassazione nel risolvere il caso sottopostole ha affermato che è onere del ricorrente provare la tempestività del ricorso, chiarendo e poi provando sia il giorno di avvenuto compimento/conoscenza dell’atto.
Infatti, il termine di 20 giorni sopra menzionato è da considerarsi perentorio e la rilevazione della sua violazione prescinde dalla presenza di una formale eccezione del creditore procedente, ben potendo lo stesso giudice rilevare d’ufficio la tardività e, quindi, l’inammissibilità dell’opposizione: “una volta che il soggetto interessato, proponendo l’opposizione ex art. 617 c.p.c., mostri necessariamente – proprio perché propone l’opposizione – di avere avuto conoscenza dell’atto impugnato, ancorché non gliene sia stata fatta rituale comunicazione o prima che gli venga comunicato un atto del procedimento successivo, idoneo a fargli acquisire necessariamente la conoscenza (o il dovere di conoscenza) degli atti precedenti, fra cui quello non comunicato (o non ritualmente comunicato), rientra, tra gli oneri di allegazione connessi alla soggezione dell’opposizione agli atti ad un termine decadenziale decorrente dal compimento dell’atto nullo e dall’individuazione del dies a quo nella conoscenza, comunque acquisita, del provvedimento, indicare nell’atto di opposizione quando, in concreto e di fatto, sia stata acquisita detta conoscenza, nonché darne dimostrazione (sempreché la relativa prova non sia evincibile dai documenti prodotti dalla controparte o, comunque, acquisiti al processo), essendone l’opponente onerato sulla base del principio per cui incombe a chi deve agire nell’osservanza di un termine di decadenza, dare dimostrazione di averlo osservato”.
Ciò detto e omettendo ogni considerazione circa la correttezza della qualificazione dell’iscrizione ipotecaria quale atto esecutivo (infatti, si tratta di atto cautelare più che esecutivo in senso stretto), occorre, comunque, ricordare che in materia di iscrizione ipotecaria per debiti di natura strettamente tributaria, la disciplina dell’impugnazione sconta le differenze da ciò discendenti.
Infatti, in tali circostanze cambia non soltanto il giudice competente a decidere (la Commissione Tributaria anziché il giudice ordinario – art. 19, co. 1, lett. e bis), D.Lgs. 546/1992) ma anche i termini per la proposizione dell’azione, che da 20 giorni passano a 60 in virtù dell’art. 21 del medesimo decreto.
In ogni caso, tuttavia, il rispetto dei termini perentori appena ricordati è assolutamente fondamentale, poiché la loro violazione rende la citazione/ricorso inammissibile e comporta la sanatoria di tutti i vizi che il creditore può aver compiuto.
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