La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25 del 2 gennaio 2024, ha dato dei chiarimenti riguardo ai requisiti necessari per procedere all’opposizione a decreto penale di condanna e alle divergenze con le impugnazioni in generale.
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Indice
1. I fatti
La pronuncia in esame scaturisce dal ricorso presentato dall’imputato avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Reggio Emilia con la quale era stata dichiarata inammissibile l’opposizione proposta contro il decreto penale in quanto l’atto sottoscritto dal solo difensore risultava carente dei requisiti formali richiesti per l’ammissibilità dall’art. 581, comma 3-ter e 3-quater, cod. proc. pen., ovvero in mancanza di specifico mandato difensivo conferitogli dall’imputato dopo l’emissione del decreto opposto.
Il ricorso si diramava in tre motivi: 1) inosservanza di norme processuali in relazione all’art. 461 cod. proc pen. e 581 comma 1-quater e comma 1-ter cod. proc. pen. essendosi erroneamente ritenuta applicabile all’opposizione a decreto penale di condanna la nuova causa di inammissibilità di cui all’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen.; 2) inosservanza della disposizione transitoria di cui all’art. 89, comma 3, d. lgs. n. 150 del 2022 nella parte in cui prevede che la disposizione di cui all’art. 581, comma 1- quater cod. proc. pen. si applichi “alle sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto“.
Si assume che l’ordinanza impugnata non tiene conto della norma transitoria di cui all’art. 89, comma 3, d. lgs. n. 150 del 2022 e comunque del fatto che il decreto penale è stato emesso in data antecedente all’entrata in vigore della riforma; 3) inosservanza di norme processuali in relazione alle disposizioni di cui all’art. 581, comma 1-ter e comma 1-quater cod. proc. pen., dovendosi ritenere che tali norme consentano comunque il deposito del mandato specifico ad impugnare e della dichiarazione/elezione di domicilio anche successivamente alla proposizione dell’impugnazione a condizione che il deposito avvenga entro la scadenza del termine previsto per la stessa.
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2. Requisiti dell’opposizione a decreto penale: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare fondato il ricorso, assume che la dottrina prevalente e la giurisprudenza includono l’opposizione tra i mezzi di impugnazione ordinari qualificando l’opposizione a decreto penale di condanna quale vero e proprio atto di gravame.
Invero, osserva la Corte, si è ritenuto che “poiché l’opposizione al decreto penale di condanna ha natura di impugnazione, per la sua presentazione, sono adottabili tutte le forme previste dagli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., tra cui la presentazione per mezzo di incaricato e, quindi, anche per il tramite del servizio postale, con la conseguenza che, in tal caso, il referente temporale per valutare la tempestività dell’opposizione è dato dalla data di invio e non da quella di ricezione dell’atto“. Da ciò deriverebbe l’applicabilità, in quanto compatibile, della disciplina generale sulle impugnazioni.
Tuttavia, la Suprema Corte chiarisce che l‘opposizione a decreto penale di condanna non è assimilabile tout court alle impugnazioni in senso tecnico.
“Se queste ultime costituiscono, infatti, uno strumento di controllo avverso un giudizio di un grado diverso, mediante la sottoposizione ad altro giudice di doglianze relative alla decisione emessa, lo stesso non può dirsi per l’atto oppositivo. In altri termini, l’opposizione può essere assimilata ai mezzi di impugnazione, ma non identificata con essi“.
Tra le varie divergenze sostanziali troviamo, in primo luogo, che l’opposizione a decreto penale di condanna non ha contenuto devolutivo, mirando a revocare il decreto con l’instaurazione di un contraddittorio “postumo” tra le parti; in secondo luogo, mediante tale atto, il condannato può chiedere la definizione del processo mediante oblazione. Infine, nel giudizio di opposizione, il giudice può applicare una pena diversa e più grave di quella già comminata, a differenza del giudizio di appello, ove ciò non avviene in forza del divieto della reformatio in pejus.
La Cassazione rileva, inoltre, che l’art. 461 cod. proc. pen., come modificato, non contiene alcun richiamo all’art. 581 cod. proc. pen. ed il dato letterale depone per l’incompatibilità dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen. con la peculiare natura del giudizio di opposizione. Per di più, “l’inequivoca formulazione dell’art. 581, comma 1, cod. proc. pen., è di per sé certamente incompatibile con una sua applicazione all’opposizione a decreto penale di condanna in quanto la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è limitata dalla norma alla sola ipotesi dell’imputato rispetto al quale si sia proceduto in assenza“.
3. La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, avviandosi alle conclusioni, osserva, in relazione alla norma transitoria di cui all’art. 89, d. lgs. 150/2022, come questa detti una regola testualmente riferita alla impugnazione delle sentenze che non è applicabile ad un caso non espressamente previsto (anzi escluso) dalle norme processuali regolatrici della fattispecie.
Va altresì rilevato che “le nuove disposizioni stabiliscono peculiari adempimenti specificamente riferiti alla celebrazione della fase processuale del giudizio di secondo grado, e non sono astrattamente inquadrabili nei principi generali che regolano il sistema delle impugnazioni e, inoltre, con tali norme si é previsto un onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado, ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità”.
Alla luce di quanto sopra esposto, la Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Emilia per l’ulteriore corso.
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