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TRIBUNALE DI CATANIA Prima Sezione Civile
ORDINANZA
Il giudice Felice Lima,
Letti gli atti del procedimento n. 72/B/02 R.G.Presidenza, relativo al ricorso ex art. 669 bis e segg. c.p.c. proposto da ****nei confronti di Alcatel s.p.a., Omnitel Pronto Italia s.p.a. e Telecom Italia Mobile s.p.a.;
Sentite le parti all’udienza del 26.3.2002;
Sciogliendo la riserva formulata al termine di quell’udienza, osserva quanto segue.
I ricorrenti agiscono nella qualità di genitori esercenti la potestà sulla minore *****.
Riferiscono che sulle terrazze di copertura di tre edifici situati di fronte a quello in cui essi abitano con la figlia sono state installate tre antenne radio base di telefonia cellulare, di proprietà della tre società odierne convenute.
Lamentano che la figlia ***, portatrice, sin ***, di un pacemaker, in data ***, ha patito una improvvisa crisi ***********, causata da un malfunzionamento del pacemaker.
Assumono che “la causa che ha potuto provocare l’improvvisa lipotimia può essere rappresentata proprio dalle potenti antenne collocate sui tre stabili di fronte” la loro abitazione e che “vi è la necessità di verificare se il funzionamento delle antenne in oggetto risponde ai requisiti di legge di cui al D.M. n. 381 del 10.9.1998, ma, soprattutto, se, nel caso concreto, esso rappresenti un pericolo per la salute di *****”.
Chiedono al Tribunale di “disporre C.T.U. al fine di verificare, soprattutto nelle ore di maggiore traffico, la sussistenza o meno del pericolo di interferenze, nei confronti del pacemaker di cui è portatrice ****, dei campi elettromagnetici generati dalle tre stazioni radio per telefonia cellulare indicate in premessa e, all’esito, inibire alle società resistenti l’uso di dette apparecchiature”.
Costituitesi in giudizio, le tre società convenute resistono, proponendo diverse eccezioni, che verranno esaminate secondo l’ordine logico imposto dal loro contenuto.
1. Notifica del ricorso introduttivo alla Alcatel s.p.a.
All’udienza del 26.3.2002, il procuratore della Alcatel s.p.a. ha rilevato testualmente che “parte ricorrente ha errato nel notificare l’atto introduttivo del presente giudizio, atteso che esso non risulta essere stato notificato presso la sede legale della società Alcatel ubicata in Vimercate (MI), ma presso il Comune di Sesto Fiorentino”.
L’osservazione è priva di riscontro probatorio e, comunque, di concreto rilievo.
Per un verso, infatti, a fronte del fatto che l’atto è stato ricevuto – in Sesto Fiorentino – da persona qualificatasi all’ufficiale postale come “destinatario o persona da lui delegata” (cfr l’avviso di ricevimento in atti), sarebbe stato onere del procuratore della Alcatel dare prova del suo assunto secondo il quale la sede della società non sarebbe in Sesto Fiorentino, ma in Vimercate. Onere rimasto del tutto non assolto.
Per altro verso, la Alcatel si è costituita nel giudizio – con procura resa in calce proprio alla copia notificata del ricorso – e ha spiegato ampie difese di merito. Sicché, l’eventuale – non provata – irregolarità della notificazione sarebbe comunque sanata dall’avere essa raggiunto pienamente il suo scopo.
2. Sopravvenuto difetto di legittimazione processuale dei ricorrenti
Il procedimento è stato promosso dai ricorrenti nella loro qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia ***** nata ****, e, quindi, minorenne fino a data successiva a quelle in cui il ricorso è stato prima depositato (20.2.2002) e poi notificato alle convenute (12 e 13.3.2002).
I procuratori della Omnitel Pronto Italia s.p.a. hanno eccepito l’avvenuta interruzione del procedimento sostenendo testualmente (pag. 4 della comparsa di costituzione) che “… nelle more del giudizio si è verificato un evento estintivo della legittimazione processuale dei ricorrenti, per il raggiungimento della maggiore età da parte della rappresentata. La dichiarazione della data di nascita, in uno al ricorso, ha valenza di atto di comunicazione, come tale idoneo a rendere edotte le altre parti del verificarsi della causa di cessazione della rappresentanza e della conseguente causa di interruzione del processo (v. sul punto, Cass. Sez. I, 27 febbraio 1997, n. 1744; Cass. Sez. III, 24 aprile 1996, n. 3847)”.
L’eccezione è priva di fondamento.
E’ pacifico, infatti, che l’evento interruttivo dedotto dai procuratori della Omnitel Pronto Italia, riguardando la “parte costituita”, è soggetto alla disciplina di cui all’art. 300 c.p.c..
Ed è, quindi, altrettanto pacifico che l’effetto interruttivo non si produce se l’evento non viene dichiarato dal procuratore della parte alla quale si riferisce.
Tale principio di diritto è stato costantemente affermato dalla Corte Suprema in numerosissime pronunce, tutte conformi.
E va osservato in proposito come proprio la prima delle sentenze citate – evidentemente per disattenzione – dai procuratori della Omnitel Pronto Italia nella loro comparsa di costituzione smentisca espressamente il loro assunto.
Ha statuito, infatti, Cass. Sez. I, 27 febbraio 1997, n. 1744, che “la rappresentanza processuale del minore (da parte del genitore, del tutore, o, ove ricorra, del curatore speciale) non cessa automaticamente allorché il minore diventa maggiorenne ed acquista, a sua volta, la capacità processuale, rendendosi invece necessario che il raggiungimento della maggiore età sia reso noto alle altre parti mediante dichiarazione, notifica o comunicazione della circostanza con un atto del processo. E’ infatti solo da tale momento che cessa la legittimazione processuale del rappresentante, e che si produce, nel giudizio di merito, l’interruzione del processo …”.
Nello stesso senso, fra le tante, si vedano Cass. Sez. III, 6 febbraio 2001, n. 1646; Cass. Sez. III, 15 settembre 1998, n. 9175; Cass. Sez. III, 25 novembre 1998, n. 11966; Cass. Sez. II, 18 febbraio 1995, n. 1814; Cass. Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9277; Cass. Sez. III, 20 novembre 1990, n. 11198; Cass. Sez. II, 1 agosto 1990, n. 7709; Cass. Sez. Lav., 1 giugno 1989, n. 2670.
La seconda delle sentenze citate a sostegno dell’eccezione di Omnitel Pronto Italia (Cass. Sez. III, 24 aprile 1996, n. 3847) non è pertinente, perché riguarda la diversa fattispecie di carenza della legittimazione processuale sopravvenuta dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e prima della proposizione dell’appello.
Audace, ma manifestamente errata è la tesi degli stessi procuratori della Omnitel Pronto Italia secondo la quale “la dichiarazione della data di nascita, in uno al ricorso, ha valenza di atto di comunicazione, come tale idoneo a rendere edotte le altre parti del verificarsi della causa di cessazione della rappresentanza e della conseguente causa di interruzione del processo”.
Infatti, come sempre statuito dalla Corte Suprema, “la dichiarazione del procuratore della parte costituita circa la sopravvenienza di uno degli eventi che a norma dell’art. 300 c.p.c. comportano l’interruzione del processo, sebbene strutturata come dichiarazione di scienza, ha carattere negoziale, rientrando tra gli atti di disposizione del processo devoluti al procuratore e suppone, di conseguenza, la volontà del dichiarante di provocarne l’interruzione la quale, quindi, anche se consegue ex lege alla dichiarazione resa, non si realizza nei casi in cui la causa interruttiva risulti soltanto esposta o rappresentata dal procuratore non per il conseguimento dell’effetto tipico, ma per altri variabili fini debitamente esternati (ad es. un rinvio dell’udienza in vista di contatti con le persone cui spetta di proseguire il processo)” (Cass. Sez. I, 23 marzo 1987, n. 2837. Di identico tenore, Cass. Sez. I, 30 maggio 1995, n. 6062, e moltissime altre tutte conformi).
Nel caso di specie, è incontrovertibile che l’indicazione della data di nascita di **** nel ricorso introduttivo del giudizio non può in alcun modo essere considerata come rilevante ai fini di cui all’art. 300 c.p.c..
Per un verso, infatti, essa è stata inserita solo nell’intestazione del ricorso all’evidente fine di identificare la parte istante.
Per altro verso e decisivamente, tale indicazione è stata data nel ricorso introduttivo del procedimento e prima che si verificasse l’evento idoneo – se dichiarato – a produrre l’interruzione del processo, sicché in nessun modo essa poteva corrispondere a una volontà di fare interrompere un processo che si intendeva promuovere (e non interrompere), in un momento in cui l’evento interruttivo non si era ancora verificato.
Per l’espressa applicazione dei principi fin qui esposti al caso del sopravvenire della maggiore età del minore rappresentato dai genitori, si vedano, fra le tante, Cass. Sez. III, 18 luglio 1981, n. 4668, secondo la quale “poiché la dichiarazione del procuratore della parte costituita circa la sopravvenienza di uno degli eventi che, a norma dell’art. 300 c.p.c., comportano l’interruzione del processo, ha carattere negoziale e non di mera informazione, non è sufficiente, perché si produca l’indicato effetto, che il procuratore stesso dia notizia dell’evento verificatosi, occorrendo invece che dichiari l’evento medesimo al precipuo fine di realizzare il particolare effetto previsto dalla legge. (Nella specie, il procuratore del rappresentante del minore aveva chiesto un rinvio per l’esame della documentazione e per costituirsi in proprio per la parte che, nelle more, aveva raggiunto la maggiore età. La S.C., sulla scorta del principio di cui sopra, confermando la statuizione del giudice di merito, ha escluso che tale informazione avesse comportato l’interruzione del processo, con la conseguente necessità della sua riassunzione”; Cass. Sez. III, 17 novembre 1998, n. 11552; e Cass. Sez. II, 1 agosto 1990, n. 7709, secondo la quale “il processo instaurato nei confronti del minore legalmente rappresentato dal genitore esercente la potestà prosegue regolarmente nei confronti del rappresentante anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte del rappresentato se il mutamento di stato non venga dal procuratore costituito denunciato alla controparte, restando escluso, in mancanza di tale dichiarazione, che il difetto di rappresentanza possa essere fatto valere dalla controparte o rilevato d’ufficio dal giudice, ancorché risulti comunque acquisito agli atti la mera notizia dell’evento”.
3. Inammissibilità del ricorso per mancata indicazione della domanda che si intenderebbe proporre nel c.d. giudizio di merito
I procuratori della Omnitel Pronto Italia e della Telecom Italia Mobile hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per la asserita mancata indicazione – da parte del procuratore del *** e della *** – della promuovenda azione con riferimento alla quale viene chiesto il provvedimento cautelare.
Anche questa eccezione è infondata.
Infatti, benché sia vero – come affermato da chi ha proposto l’eccezione e diversamente da quanto sostenuto all’udienza del 26.3.2002 dal procuratore dei ricorrenti – che il ricorso cautelare proposto ante causam deve contenere a pena di inammissibilità l’indicazione della/e domanda/e che l’istante intende proporre nel successivo c.d. giudizio di merito (e ciò per consentire alle controparti e al giudice di verificare la competenza del giudice adìto e la fondatezza della domanda cautelare anche con riferimento alla sua strumentalità rispetto alla domanda di merito), è altrettanto vero che tale indicazione della domanda di merito non richiede particolari formule sacramentali, essendo sufficiente che il ricorso cautelare consenta la sicura e univoca individuazione di essa.
E nel caso di specie il ricorso del ***e della ***consente certamente – e senza difficoltà – quella individuazione.—————–
Nella narrativa di esso, infatti, si espone chiaramente che il fatto oggetto del contendere è la asserita interferenza con il pacemaker di *** delle emissioni elettromagnetiche delle antenne installate dalle società convenute nei pressi dell’abitazione di lei; si richiama espressamente il D.M. 10.9.1998, n. 381, spiegando che con esso sono stati posti dei limiti alle emissioni elettromagnetiche; si prospetta il grave pericolo che per la salute di *** avrebbero le emissioni in questione; si chiede, infine, testualmente al giudice di “disporre C.T.U. al fine di verificare, soprattutto nelle ore di maggiore traffico, la sussistenza o meno del pericolo di interferenze, nei confronti del pacemaker di cui è portatrice ***, dei campi elettromagnetici generati dalle tre stazioni radio per telefonia cellulare indicate in premessa e, all’esito, inibire alle società resistenti l’uso di dette apparecchiature”.
Dunque, è evidente che ciò che i ricorrenti intendono chiedere al Tribunale nel promuovendo giudizio di merito è di inibire alle società convenute l’uso delle antenne di cui si è detto, ove la verifica tecnica che chiedono disporsi confermasse la pericolosità delle loro emissioni per la salute della figlia.
A fronte di ciò, manifestamente pretestuosa è l’eccezione qui in discussione, come, peraltro, dimostrato anche dalla circostanza che i procuratori di tutte le società convenute hanno esposto ampie e articolate difese di merito, dalle quali emerge in maniera del tutto rassicurante che essi hanno individuato perfettamente l’oggetto del contendere.
4. Difetto di giurisdizione
I procuratori della Omnitel Pronto Italia hanno eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, assumendo rientrare la controversia nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le seguenti ragioni, che è opportuno riportare testualmente.
Si assume nella loro comparsa di costituzione:
«La domanda formulata dai ricorrenti è tesa a richiedere che codesto On. Tribunale inibisca l’esercizio di impianti per l’erogazione di un pubblico servizio».
«In questa prospettiva, si deve riscontrare, nel caso che ci occupa, l’assenza di giurisdizione in capo al giudice ordinario, adito dai ricorrenti».
«Infatti a mente dell’art. 33, comma I, D.Lgs. 31.3.1998 n. 80, così come modificato dalla L. 27.7.2000 n. 205, “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi ivi compresi quelli afferenti alle telecomunicazioni ed ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995 n. 481”».
«Il fatto che il chiaro dettato normativo faccia esplicito riferimento ai servizi di telecomunicazioni, presi comunque in considerazione anche nella legge 481/95, rende superflua ogni indagine tesa a stabilire se il servizio di telefonia mobile rientri nella definizione di servizio pubblico. Anche una tale indagine, comunque, se ritenuta necessaria, non potrebbe che dare esito positivo, dal momento che il servizio di comunicazioni cellulari è certamente servizio pubblico sotto il profilo oggettivo, e come tale è qualificato dal D.P.R. 19.9.1997 n. 318 (si veda l’art. 1, comma 1, lett. r, che definisce come “servizio pubblico di telecomunicazioni [ogni] servizio di telecomunicazioni accessibile al pubblico”). A ciò si aggiunga che, per l’art. 2, comma 1, dello stesso D.P.R. 318/97, “l’installazione, l’esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazioni nonché la prestazioni di servizi ad essere relativi accessibili al pubblico sono attività di preminente interesse generale, il cui espletamento di fonda. (…) [sul] rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità; (…) sul rispetto degli obblighi di fornitura del servizio universale (…)”».
«Nessun ragionevole dubbio può dunque prospettarsi sul fatto che il servizio di comunicazioni mobili costituisca servizio pubblico in senso oggettivo, come tale rientrante nelle sopra richiamate disposizioni in materia di giurisdizione esclusiva».
«All’individuazione della giurisdizione nei termini sopra detti non si oppone, peraltro, neppure la previsione di cui al comma 2, lett. e), del già citato art. 33 del d.lgs. 80/1998».
«Tale norma, invero, nel confermare la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie riguardanti “attività e prestazioni … rese nell’espletamento di pubblici servizi”, contempla talune eccezioni alla regola generale in tema di riparto di giurisdizione e, fra queste, in particolare una concernente le controversie “meramente risarcitorie che riguardano il danno a persone o a cose” ».
«Tale eccezione non è certamente riferibile al caso in esame».
«Al riguardo, risulta decisiva la considerazione che il presente procedimento non riguarda una domanda meramente risarcitoria, cioè volta ad ottenere una somma di danaro a riparazione per equivalente di un danno patrimoniale già prodottosi nel patrimonio dell’attore».
«La domanda avanzata dalla ricorrente ha invece ad oggetto la pretesa di ottenere la condanna ad un non facere specifico, ed è correttamente qualificabile, secondo i normali criteri di qualificazione delle domande civili, come domanda inibitoria, e non come domanda meramente risarcitoria».
«La soluzione qui difesa è, del resto, correttamente recepita dalla più recente giurisprudenza. Si vedano in proposito le pertinenti osservazioni di Trib. Aosta 29.6.2001 (che si produce, All. 3), confermata in sede di reclamo con provvedimento in data 3 1.7.2001 (All. 4)».
«All’estensibilità di tale pronuncia al caso che ci occupa non osta certamente il fatto che le ordinanze citate risultano emessa con riferimento a controversie riguardanti la materia degli elettrodotti; vale qui sottolineare, infatti, la perfetta analogia fra i due temi e l’omogeneità del contesto normativo».
L’interpretazione dell’art. 33 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, offerta dai procuratori della Omnitel Pronto Italia, è errata, ma il tema merita un’approfondimento, perché le incertezze interpretative a cui ha dato luogo la norma in questione hanno fatto sì che diversi Tribunali – oltre a quello di Aosta citato dai convenuti – abbiano ritenuto che controversie come quella odierna siano da considerarsi riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Così certamente non è, per un triplice ordine di convergenti ragioni, conseguenti all’interpretazione letterale del testo normativo, a quella logico-sistematica e alle esigenze di rispetto del dettato costituzionale nella materia disciplinata dagli artt. 102 e 103 della Costituzione.
Il dato testuale
L’art. 33 del D.L.vo 80/1998 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie in materia di pubblici servizi …”.
Ed è evidente che la locuzione “in materia di” pubblici servizi, per quanto abbia un’area semantica assai ampia, non può essere considerata equivalente di “che riguardano o hanno comunque a che fare con” i pubblici servizi.
Dunque, sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversia il cui oggetto immediato è il pubblico servizio e non anche quelle i cui esiti, in qualche indiretto modo, hanno ripercussioni di varia natura sul pubblico servizio.
La controversia qui in esame – come tutte quelle in materia di distanza degli elettrodotti dai luoghi abitati, alle quali si fa riferimento nel provvedimento giurisdizionale citato da Omnitel Pronto Italia – non verte in materia di pubblico servizio, ma di tutela della salute o, ancora più specificamente, di rispetto dei limiti di legge nella generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
Né è in alcun modo logicamente possibile ritenere che una certa controversia riguardi la materia del pubblico servizio tutte le volte in cui il suo esito può in qualche concreto modo incidere indirettamente su un pubblico servizio.
E’, infatti, di comune esperienza e costituisce un’evidenza logica che gli esiti delle controversie della più diversa natura e del più diverso oggetto immediato possono avere ripercussioni indirette sulle più diverse situazioni di fatto e di diritto.
Per fare degli esempi di sicura efficacia, basti pensare al caso in cui una cabina elettrica sia stata realizzata in un immobile preso in locazione, il proprietario del quale intenda proporre un’azione di sfratto per finita locazione.
L’eventuale accoglimento della domanda comporterà l’interruzione del servizio offerto in quel modo da quella cabina, ma deve escludersi che la causa, invece che in materia di locazione, possa ritenersi vertere in materia di pubblico servizio.
Così come un’azione di danno temuto, con la quale si intenda fare cessare il pericolo costituito per dei condòmini dall’incombere sulle loro teste di un’antenna di telefonia mobile mal installata su un tetto, o con i supporti o i tiranti molto arrugginiti, o con altre caratteristiche che ne pregiudichino la statica, potrà certamente avere un esito che comporti lo smontaggio e la dismissione dell’antenna medesima, senza che con ciò la controversia possa essere considerata in materia di antenne telefoniche, invece che in materia di danno temuto.
L’interpretazione logico-sistematica
Il D.L.vo 80/1998 è stato voluto dal legislatore per risolvere un duplice ordine di inconvenienti relativi alla gestione di una parte del contenzioso giudiziario:
1. evitare che, in alcune materie nelle quali vengono in discussione sia interessi legittimi che diritti soggettivi, gli utenti del servizio giustizia debbano promuovere due diversi giudizi dinanzi a due diverse autorità (è il caso in cui si doveva prima ottenere, per esempio, una declaratoria di illegittimità di un certo provvedimento amministrativo e, poi, adire il giudice ordinario per la tutela dei diritti conseguenti a quella statuizione);
2. evitare incertezze nella individuazione della giurisdizione in quei casi nei quali l’intreccio di posizioni giuridiche – interessi legittimi e diritti soggettivi – è così fitto e poco definito da non essere facile – tanto più in quest’epoca nella quale la distinzione tra quelle posizioni ha perso, sotto diversi profili, il rilievo decisivo che aveva in passato – individuare sicure linee di discrimine.
Ciò posto, è di tutta evidenza che nessuno dei pericoli appena esposti si corre in casi come quello qui in discussione o come quello relativo al tema delle distanze degli elettrodotti dagli abitati.
La delibazione della domanda proposta dagli odierni ricorrenti non richiede alcuna pronuncia sulla legittimità o meno di alcun provvedimento amministrativo e nessun dubbio vi può essere sulla natura e il contenuto dei diritti azionati.
Perspicue indicazioni interpretative dell’art. 33 vengono da Cass. Sez. Unite, 3 agosto 2000, n. 532, (il cui testo risulta allo stato non disponibile, perché la sentenza non è stata registrata).
Prescindendosi dal fatto (che qui non rileva) che il caso sottoposto al giudizio della Corte Suprema era relativo a questioni attinenti il servizio sanitario e che il riferimento normativo fatto nella sentenza è alla lettera “f” del 2° comma dell’art. 33 del D. L.vo 80/1998, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge 205/2000, si afferma, fra l’altro, in quella massima:
1. che, in base all’art. 33 del D.L.vo 80/1998, “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è limitata alle controversie inerenti al fatto in sé dell’erogazione del servizio al pubblico e non riguarda anche le attività che consentono l’erogazione stessa e che, quindi, rivestono soltanto rilievo strumentale ed interno”: applicando il principio al nostro caso, è evidente che la taratura delle stazioni base di telefonia cellulare non è questione che riguarda “il fatto in sé dell’erogazione del pubblico servizio” e assume rispetto ad esso “soltanto rilievo strumentale”;
2. che l’art. 33 del D.L.vo 80/1998 “non comporta alcuna modificazione del quadro normativo di riferimento in base al quale questa Corte, con indirizzo consolidato, ha costantemente ritenuto che il rapporto tra medici convenzionati esterni e le Usl, nella disciplina fissata dalla L. n. 833 del 1978 (…) esula dall’ambito del pubblico impiego (…) e configura un rapporto di prestazione di opera professionale, sia pure con i connotati della collaborazione continuativa e coordinata (…), da cui conseguono posizioni di diritto soggettivo non suscettibili, in difetto di previsione di legge, di essere affievolite per determinazione unilaterale dell’amministrazione”: e non vi è dubbio che il diritto alla salute, con riferimento al rispetto delle disposizioni di legge in materia di generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, dà luogo a posizioni di diritto soggettivo non suscettibili di essere affievolite in alcun modo. Nessuna norma, infatti, consente all’amministrazione, all’esercente il pubblico servizio, al concessionario o a chicchessia di non rispettare i limiti posti alle emissioni in questione dalle leggi che le disciplinano.
In definitiva, la domanda proposta dagli odierni ricorrenti non riguarda l’erogazione del pubblico servizio e/o del servizio in concessione in sé, ma solo aspetti concreti e strumentali di essa, con riferimento ai quali le posizioni dei privati dedotte in giudizio sono diritti soggettivi con riferimento ai quali nessuna norma prevede – neppure in astratto – la possibilità di esercizio di poteri pubblici che possano in qualsiasi modo incidere sulla natura, il contenuto e l’estensione di quei medesimi diritti soggettivi.
Gli artt. 102 e 103 della Costituzione
Cass. Sez. Unite, 30 marzo 2000, n. 72, e – con minor rilievo – Cass. Sez. Unite, 30 marzo 2000, n. 71, si sono occupate, in motivazione – seppure anch’esse con riferimento a questioni di merito diverse da quella qui in discussione – di individuare i limiti oggettivi della devoluzione di determinate materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ad opera del più volte citato D. L.vo 80/1998.
E hanno sottolineato come una interpretazione delle norme in questione che ritenesse devolute alla giurisdizione amministrativa tutte indiscriminatamente le controversie a qualsiasi titolo attinenti (nel significato genericissimo di comunque aventi a che fare con) i servizi pubblici incorrerebbe in una sicura censura di illegittimità costituzionale con riferimento agli artt. 102 e 103 della Costituzione e, addirittura, (cfr la motivazione della sentenza 72/2000) all’art. 3 della Costituzione medesima.
Non vi è dubbio, infatti, che un’interpretazione delle norme in questione che riservasse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche controversie non aventi ad oggetto direttamente il servizio pubblico in sé e nelle quali si controverta di diritti soggettivi perfetti con riferimento ai quali nessun potere pubblico di intervento è configurato dalla legge, sol perché la decisione del giudice può indirettamente interferire con la concreta attività di un gestore di pubblici servizi, finirebbe con l’istituire una giurisdizione speciale i cui limiti sarebbero sostanzialmente definiti non con riferimento alla natura delle posizioni giuridiche dedotte in giudizio e/o alla materia oggetto del giudizio medesimo, ma al fatto che nelle questioni oggetto del contendere sono coinvolti genericamente e a vario titolo interessi di un gestore di pubblici servizi.
Ed è superfluo sottolineare come una tale ricostruzione sia costituzionalmente inammissibile.
Va a questo punto e sotto questo profilo evidenziato come la lettera “e” del 2° comma del citato art. 33 del D.L.vo – che secondo taluni estenderebbe illimitatamente l’ambito della giurisdizione amministrativa, utilizzando espressioni come “[controversie] riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere” – vada interpretata, invece, considerando che tutte le situazioni elencate nel 2° comma della norma devono, comunque, rientrare nella “materia di pubblici servizi”, di cui al 1° comma.—
Infatti, seguendo le tesi interpretative dei procuratori della Omnitel Pronto Italia e disancorando le espressioni “attività e prestazioni di ogni genere” da un rigoroso riferimento alla “materia dei pubblici servizi”, si finirebbe con l’affermare che sono sottratte alla giurisdizione ordinaria e devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le attività e le prestazioni di ogni genere … rese nell’espletamento di pubblici servizi”, indipendentemente dal loro contenuto concreto e dalla loro riferibilità o meno alla materia e alla disciplina del pubblico servizio.
Sarebbe, insomma, devoluta alla giurisdizione amministrativa esclusiva “qualsiasi cosa faccia” un gestore di pubblici servizi!
Concludendo l’esame del tema della giurisdizione, va infine evidenziato come le norme relative ai limiti nella generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici – come anche quelle relative alle distanze degli elettrodotti dalle abitazioni, relativamente alle quali si sono avuti arresti giurisprudenziali di segno opposto a quello fin qui difeso – non siano dettate con riferimento specifico alla materia dei servizi di telefonia mobile o di altro servizio pubblico, ma costituiscano norme di relazione (secondo la nota definizione dottrinale che le contrappone a quelle di azione) al cui rispetto tutti sempre e indistintamente sono tenuti, senza eccezioni di alcun genere per i gestori di pubblici servizi.
Ed è certo che, come già detto, restano soggette alla giurisdizione ordinaria le controversie nelle quali non viene in discussione la disciplina di servizi pubblici e/o i poteri dell’amministrazione nelle materie che li riguardano, ma solo le norme di relazione che generalmente vincolano tutti i consociati senza che possa farsi distinzione alcuna fra i cittadini privati, i soggetti pubblici, i gestori di pubblici servizi, i titolari di concessioni, eccetera.
5. Integrazione del contraddittorio
A pag. 10 della comparsa di costituzione della Omnitel Pronto Italia si sostiene che, se “il giudice volesse (…) procedere comunque ad una ulteriore istruzione, diverrebbe necessario disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., nei confronti di Wind Telecomunicazioni s.p.a., quale esclusiva titolare ed esercente uno degli impianti indicati dai ricorrenti (quello realizzato da Alcatel), nonché degli altri titolari o gestori di quegli impianti ad emissioni elettromagnetiche che contribuiscono alla determinazione del valore di campo nella zona, tra cui antenne radio e televisive”.
Si tratta di un assunto manifestamente infondato.
Per un verso, infatti, non si comprende – e nello scritto difensivo qui in discussione non viene in alcun modo spiegato – con riferimento a quale posizione giuridica si realizzerebbe, nel caso di specie, una situazione di litisconsorzio necessario, la cui insussistenza è, per contro, evidente.
In diritto, infatti, nulla impedisce a taluno di reagire alle immissioni, in ipotesi illegittime, poste in essere da un soggetto, tollerando, invece, quelle compiute da un altro.
Per altro verso, con riferimento all’antenna realizzata da Alcatel, i procuratori di Omnitel Pronto Italia non hanno offerto prova alcuna del fatto che proprietario e responsabile di quell’impianto sia Wind Telecomunicazioni. Mentre, al contrario, Alcatel, costituendosi, non ha in alcun modo escluso la propria responsabilità con riferimento al funzionamento di essa e i suoi procuratori, con molta correttezza, dopo avere affermato la piena regolarità e legittimità delle emissioni elettromagnetiche dell’antenna, hanno scritto (a pag. 3 della loro comparsa di costituzione) che “la particolarità della situazione proposta e la possibilità di ottenere una autorevole attestazione di quanto si va sostenendo, determinano la società comparente ad aderire alla richiesta di svolgimento della consulenza tecnica”.
6. Il merito della controversia
Il procuratore dei ricorrenti e alcuni dei procuratori delle società convenute trattano il tema della attitudine o meno delle emissioni radioelettriche ad arrecare danno alla salute.
In materia vi è, in fatto, un’ampia gamma di opinioni scientifiche, che vanno dalle posizioni di coloro che si dicono certi della potenziale dannosità per la salute di quelle emissioni alle posizioni di coloro che si dicono certi della loro innocuità, passando per coloro che affermano essere impossibile, allo stato, raggiungere certezze in un senso o nell’altro.
In diritto, il tema appare di più facile ricostruzione.
E’ pacifico, infatti, che il diritto alla vita e alla salute è per tutti, nel nostro Paese, un diritto assoluto, che ha tutela di rango costituzionale.
E’ altrettanto pacifico che il nostro sistema giuridico tutela il bene della vita e della salute non solo da lesioni dirette e immediate, ma anche da pericoli e attentati.
Sicché viene proibito non solo ciò che arreca certamente danno alla salute, ma anche ciò che non si è certi non lo arrechi.
L’immissione di acqua nelle tubazioni di un acquedotto per uso domestico è proibita non soltanto quando è certo che l’acqua sia non potabile, ma anche quando non si sa se lo sia o no.
Con riferimento a diverse attività suscettibili di arrecare danno alla salute, ma utili al perseguimento di fini meritevoli di tutela, il legislatore compie scelte di bilanciamento tra i vantaggi derivanti dal consentire le attività in questione e la tutela della salute, ottenuta stabilendo dei limiti e delle modalità cautelative nello svolgimento delle attività medesime.
Quindi, la circolazione degli autoveicoli – certamente pericolosa per le persone che vi sono coinvolte – è consentita, ma con precisi limiti (di velocità, di affidabilità dei mezzi, ecc.).
La legge 22 febbraio 2001, n. 36, con gli artt. 15 e 16 dispone che “nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente o di un impianto che genera campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” ci si deve attenere a dei limiti, per l’individuazione dei quali l’art. 16 fa rinvio a provvedimenti ministeriali già emanati e da emanarsi.
In atto, per il rinvio contenuto nel citato art. 16 della L. 36/2001, vigono, con riferimento ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici i limiti di esposizione di cui all’art. 3 del D.M. 10 settembre 1998, n. 381.
Devono, quindi, considerarsi certamente illegittime le emissioni che violino quei limiti, indipendentemente dalla prova della loro concreta lesività, come, per contro, devono considerarsi certamente legittime le emissioni che quei limiti rispettino.
Per delibare la fondatezza o meno del ricorso, è necessario disporre una consulenza tecnica d’ufficio per accertare se le emissioni delle antenne in esso indicate rispettino o no i limiti di cui al citato D.M. 10 settembre 1998, n. 381.
E’ vero che, come rilevato dai procuratori di Omnitel Pronto Italia, è inammissibile una richiesta di consulenza tecnica d’ufficio a fini meramente esplorativi.
Ma è altrettanto vero che una richiesta del genere non può essere rigettata, quando, come nel caso di specie:
1. l’accertamento necessario alla delibazione della fondatezza o meno della pretesa dedotta in giudizio richiede specifiche e non comuni competenze tecniche (sono molto pochi a Catania i tecnici muniti delle attrezzature necessarie agli accertamenti in questione);
2. un accertamento fatto eseguire privatamente dalla parte istante, ove desse esito a lei favorevole, non verrebbe riconosciuto dalle controparti, che legittimamente pretenderebbero di eseguirlo nuovamente in contraddittorio con loro.
Sul punto, è stato statuito che “in relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d’ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche” (Cass. Sez. III, 7 marzo 2001, n. 3343. Di identico tenore anche Cass. Sez. lav., 16 marzo 1996, n. 2205).
P.Q.M.
Nomina consulente tecnico dell’ufficio il dr Salvatore Casabianca, con domicilio presso il Laboratorio Igiene e Profilassi, Reparto Chimico, della A.U.S.L. n. 3 di Catania, via Carlo Ardizzone n. 35, tel. 095-2545138, conferendogli il mandato di “accertare se i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati dalle antenne indicate nel ricorso introduttivo del presente procedimento rispettino o no i limiti di cui al D.M. 10 settembre 1998, n. 381”;
Fissa, per l’assunzione dell’incarico e il giuramento del consulente, l’udienza del 4.6.2001, ore 9.30.
Catania, 4 maggio 2002.
Il Giudice
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