Ordinanze contingibili ed urgenti nel sistema del diritto amministrativo
Le ordinanze contingibili ed urgenti sono atti a contenuto atipico che l’amministrazione, al fine di fronteggiare situazioni eccezionali e imprevedibili, può emanare sulla base di specifiche previsioni legislative, anche in deroga a norme di rango primario.
Storicamente, il potere di adottare ordinanze in deroga è stato individuato nel “creare il diritto per il caso singolo, limitatamente a quelle situazioni di necessità ed urgenza per le quali nessuna norma può provvedere[1]”, espressione della più ampia potestà d’impero dell’amministrazione volta al soddisfacimento e alla cura di un interesse pubblico tramite l’adozione di un provvedimento amministrativo che impone obblighi di condotta positivi o negativi la cui inosservanza comporta l’irrogazione di sanzioni.
L’attitudine delle ordinanze in esame a derogare alla disciplina di rango primario, sia pure in via provvisoria, ha fatto molto discutere in ordine alla relativa natura giuridica.
Ed invero, mentre secondo un primo orientamento (CORRADINI, CASETTA) le ordinanze contingibili ed urgenti hanno natura normativa e vanno inquadrate fra le fonti di secondo grado cui la legge consente di derogare alle norme primarie. Si valorizza a tal fine il carattere generale e astratto delle ordinanze, idonee a trovare applicazione in un numero di casi non predeterminato né determinabile, rivolgendosi alla generalità dei consociati.
Secondo altro orientamento, avallato anche dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 4 gennaio 1977, Corte Cost. 14 aprile 1995, n. 127), tali ordinanze hanno natura di provvedimenti amministrativi.
A tale fine si rimarca l’eccezionalità del potere, temporalmente limitato, conferito all’amministrazione, abilitata solo ad introdurre una deroga alla disciplina di rango primario, giammai ad abrogarla o a modificarla, quindi l’innovatività carattere delle fonti normative sarebbe assente nelle ordinanze de quibus.
Vi è, infine, una posizione intermedia secondo cui occorre evitare generalizzazioni, dovendosi avere riguardo alla natura giuridica dell’ordinanza di necessità non in astratto, ma in concreto, analizzando la consistenza del relativo contenuto.
Occorre adottare un criterio fattuale, e avere riguardo al caso singolo al fine di valutare se l’ordinanza intende introdurre una norma generale e astratta, derogatoria della legge o se intende regolamentare il caso singolo, mantenendo perciò la natura di atto amministrativo.
Ciò che caratterizza maggiormente le ordinanze di necessità ed urgenza è il presupposto che facoltivizza l’esercizio del potere amministrativo, cioè la circostanza che la loro adozione, sia pure sulla base di una previsione normativa, postula una situazione di eccezionalità ed urgenza per fronteggiare la quale il legislatore invita l’Amministrazione ad adottare qualsiasi misura, il cui contenuto non è predeterminato dalla norma.
Pertanto connotato essenziale delle ordinanze in parole è la loro atipicità contenustica dato che il legislatore non stabilisce quale è il contenuto dell’atto che l’amministrazione è facoltizzata a porre in essere.
Stante tale caratteristica strutturale delle ordinanze contingibili ed urgenti le stesse potrebbero generare una possibile frizione con il principio di legalità.
A riguardo la dottrina maggioritaria (Sandulli, Cassese, Casetta) ritiene che le ordinanze di cui trattasi siano una deroga al principio di legalità e, in particolare al principio di tipicità che ne costituisce un corollario.
Ed invero tali atti non rinvengono nella previa legge attributiva del potere una definizione del contenuto né tantomeno degli effetti, che sono liberamente individuati dall’autorità emanante in relazione alla necessità ed urgenza presentatasi in concreto.
Ne deriva che le ordinanze contingibili ed urgenti dovrebbero avere un campo di applicazione limitato, pur riconoscendosi alle stesse la funzione di “valvola di sicurezza”[2] del sistema consentendo per i casi di urgenza di curare il pubblico interesse con le misure che appaiono più opportune alla luce delle circostanze concrete.
Altra parte della dottrina, muove da una diversa prospettiva (Marzuoli, Ramajoli) chiedendosi quale sia la consistenza del principio di legalità nell’ambito di un diritto amministrativo in cui le ordinanze in parola sono previste e quindi ammesse.
Orbene il fondamento delle ordinanze contingibili ed urgenti viene ravvisato nel principio di necessità.
Pertanto, non ci si troverebbe in presenza di una semplice deroga al principio di legalità ma di un altro modello giuridico dell’attività amministrativa diverso da quello basato sul principio di legalità nel quale la tipicità non va intesa in senso tradizionale (identico schema per ciascun provvedimento e previa determinazione legislativa di tutti i suoi elementi fondamentali) ma ad ogni tipologia di potere previsto ed esercitato nel caso specifico[3].
In altri termini il carattere straordinario e la funzione che le ordinanze assolvono, giustificano la mancanza di predeterminazione legislativa del contenuto, mancanza che consente all’amministrazione un certo margine di azione necessaria per far fronte ai fatti emergenziali.
Nonostante l’atipicità contenutistica delle ordinanze extra ordinem, l’amministrazione incontra alcuni limiti invalicabili, fra i quali sovviene il principio di proporzionalità.
Infatti le ordinanze contingibili ed urgenti devono far fronte alle situazioni di pericolo utilizzando, ove possibile, misure che salvaguardino l’interesse pubblico con il minore sacrificio possibile per l’interesse compresente e rispetto al esso antitetico.
Detto altrimenti la P.A. deve adottare la soluzione più idonea e adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi contrapposti.
Ha costituto oggetto di dibattito giurisprudenziale, la questione della ravvisabilità nel diritto comunitario, di un ulteriore limite al potere extra ordinem dell’amministrazione.
L’orientamento prevalente afferma l’inderogabilità del diritto comunitario, sull’assunto secondo cui se la primazia del diritto comunitario nel nostro ordinamento implica che l’atto di legislazione primaria sia conforme alla normativa comunitaria, a fortiori non può consentirsi ad un atto, quand’anche di necessità ed urgenza di derogare alla normativa comunitaria, in tal modo si finirebbe per porlo in posizione sovraordinata rispetto alla norma di legge, con conseguente violazione del principio di gerarchia delle fonti.
Un ulteriore limite che si impone alla P.A. nell’adozione delle ordinanze in parola è il rispetto degli obblighi procedimentali fra i quali l’obbligo di motivazione.
Tale obbligo è stabilito in via generale dall’articolo 3. L. 7 agosto 1990, n. 241, non essendo consentito contravvenire all’obbligo motivazionale neanche in caso di urgenza.
Viceversa, l’atipicità contenutistica degli atti di cui trattasi, l’eccezionalità del potere, la sussistenza dei presupposti di adottabilità dell’atto impongono una maggiore attenzione all’esplicazione dei motivi e quindi una motivazione particolarmente rinforzata che dia conto della sussistenza dei poteri extra ordinem [4].
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Ordinanze contingibili e urgenti del sindaco
Fra i soggetti cui il nostro ordinamento giuridico riconosce il potere di emanare ordinanze, vi è il Sindaco il quale può adottarle sia nella sua veste di Ufficiale di Governo sia in quella di rappresentante della comunità locale e può trattarsi sia di ordinanze ordinarie sia di ordinanze contingibili ed urgenti.
Di fondamentale importanza è operare un distinguo fra i due tipi di ordinanze, posto che hanno un diverso fondamento normativo, diverse caratteristiche strutturali, diversa efficacia temporale e perseguono diverse finalità.
Ed invero le ordinanze ordinarie vengono adottate dal Sindaco, in qualità di capo dell’amministrazione comunale, per imporre un determinato comportamento in osservanza ed attuazione di disposizioni normative o di deliberazioni degli organi collegiali dell’ente, possono riguardare tutte le materie di competenza comunale.
Un esempio di ordinanze sindacali ordinarie si rinviene nell’articolo 50 comma 7 bis del TUEL D.Lgs. 18 aprile 2000, n. 267 ai sensi del quale: “ Il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna, nel rispetto dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, può disporre, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, nonché limitazioni degli orari di vendita degli esercizi del settore alimentare o misto, e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici”.
Invece, le ordinanze contingibili ed urgenti possono essere emesse dal Sindaco, sia in qualità di rappresentate della comunità locale, per far fronte ad emergenze locali in ambito sanitario e di igiene pubblica, sia in quanto Ufficiale di Governo secondo la disciplina di cui all’articolo 54 del TUEL.
Sia come rappresentate della comunità locale sia come Ufficiale di Governo, il potere del Sindaco è eccezionale, in quanto legato a situazioni di necessità ed urgenza, temporaneo, perché i provvedimenti in questione hanno un’efficacia limitata nel tempo, in relazione alla circostanza da fronteggiare e solo altamente discrezionali, in quanto trattasi di provvedimenti contenutisticamente atipici, posto che il Sindaco di fronte alla necessità può decidere di adottare provvedimenti dal contenuto più vario, non predeterminato anche derogando alle vigenti norme dispositive.
Orbene, l’articolo 35 del D.L. del 2 marzo 2020, n.9 “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19” stabilisce che: “a seguito dell’adozione delle misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non possono essere adottate e, ove adottate sono inefficaci, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali”.
Tale disposizione è stata abrogata dall’articolo 5 del D.L. 25 maggio 2020, n. 19 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Ciò nonostante il suo contenuto è sostanzialmente riprodotto dall’articolo 3, comma 2, del decreto legge da ultimo citato, il quale testualmente recita quanto segue: “i Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili ed urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto di cui al comma 1”.
Pertanto il Governo con le disposizioni richiamate ha previsto un limite contenutistico negativo ovvero dettato un criterio stringente per l’esercizio da parte dei Sindaci del potere extra-ordinem[5]
I provvedimenti adottati a livello locale, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica causata dal Covid-19, possono solo integrare la disciplina fissata a livello statale ma non possono derogare alla stessa, pena la loro inefficacia.
Se le ordinanze di necessità ed urgenza si connotano tradizionalmente per atipicità contenutistica in quanto concepite come valvole di salvezza del sistema giuridico, con le disposizioni contenute prima nel D.L. 9/2020, poi nel D.L. 19/2020, il Governo ha fissato un modello di necessità ed urgenza che invece non consente l’esercizio del potere sindacale con modalità esorbitanti il modello stesso.
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Note
[1] GALATERIA, I provvedimenti amministrativi d’urgenza
[2] GIANNINI, Manuale di diritto Amministrativo
[3] PISCITELLI Sulla nozione di tipicità dell’atto amministrativo, GIANNINI Sulla tipicità degli atti amministrativi
[4] GAROFOLI Compendio di diritto amministrativo.
[5] Avv,to ROSSANA MININNO, Diritto24
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