Ospedale responsabile solo del danno tra intervento parziale e risolutivo

Intervento medico parziale: l’ospedale risponde solo del danno biologico temporaneo subito tra il primo e il secondo intervento.

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Intervento medico parziale e successivo intervento risolutivo: l’ospedale risponde solo del danno biologico temporaneo subito tra il primo e il secondo intervento. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Terni -sez. civ.- sentenza n. 967 del 5-12-2024

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_TERNI_N._967_2024_-_N._R.G._00001364_2023_DEL_05_12_2024_PUBBLICATA_IL_05_12_2024.pdf 179 KB

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Indice

1. I fatti: i danni tra il primo e il secondo intervento


I genitori di un bambino agivano in giudizio nei confronti della struttura sanitaria presso la quale il bambino aveva subito due operazioni alle adenoidi e alla tonsilla, chiedendo il risarcimento dei danni subiti.
In particolare, gli attori lamentavano che i sanitari della convenuta avevano non correttamente valutato la problematica di cui era affetto il figlio e avevano conseguentemente indicato l’esecuzione di un primo intervento chirurgico, di adenoidectomia senza tonsillectomia, che successivamente si era rivelato incompleto e non idoneo a curare completamente il bambino, il quale pertanto era stato sottoposto ad un nuovo intervento di adenoidectomia con tonsillectomia.
Gli attori richiamavano i risultati della CTU eseguita nel precedente giudizio per ATP, dove era stato accertato che il bambino, sin dall’età di 3 anni, aveva iniziato ad accusare disturbi della respirazione associati ad apnee notturne e, sottoposto a visita specialistica otorinolaringoiatra, era stata riscontrata la presenza di una vegetazione adenoidea (non risolta con terapia a base di antibiotici) e pertanto sottoposto ad intervento di adenoidectomia senza tonsillectomia presso la struttura sanitaria convenuta. Tuttavia, dopo tre mesi, si erano ripresentati gli stessi sintomi e, quindi, a seguito di una
teleradiografia del cranio, era stata rilevata la presenza di formazioni adenoidee che non erano state
rimosse completamente durante il primo intervento. Conseguentemente, il bambino era stato sottoposto a nuovo intervento di adenoidectomia questa volta con tonsillectomia.
La struttura sanitaria si era costituita in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree ritenendole infondate in fatto e in diritto. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

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2. Le valutazioni del Tribunale


Secondo il giudice l’accettazione di un paziente in ospedale, per effettuare un ricovero o una visita ambulatoriale, determina la conclusione tra il paziente e la struttura sanitaria di un contratto atipico a prestazioni corrispettive a forma libera, con il quale la struttura sanitaria deve fornire al paziente una prestazione complessa composta da una serie di obblighi di protezione e accessori nonché la prestazione medica richiesta dal paziente. La struttura risponde nei confronti del paziente sia nel caso in cui la stessa risulti inadempiente rispetto alle obbligazioni di protezione e accessori sulla medesima direttamente gravanti, sia nel caso in cui si verifichi l’inadempimento alla prestazione sanitaria da parte dei medici che hanno avuto in cura il paziente anche se non sono alle dipendenze della struttura sanitaria (ciò in quanto la struttura risponde per i fatti ascrivibili ai sanitari che vi operano all’interno).
In considerazione di ciò, sul danneggiato grava soltanto l’onere di provare l’esistenza del rapporto contrattuale e di allegare in maniera dettagliata l’inadempimento della struttura nonché di provare il nesso di causalità tra detto inadempimento e il danno subito.
Soltanto a seguito dell’assolvimento del predetto onere probatorio da parte del paziente, graverà sulla struttura sanitaria l’onere di provare l’esatto adempimento della prestazione o l’impossibilità della stessa derivante da causa ad essa non imputabile. 

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, il paziente ha dimostrato la sussistenza del rapporto contrattuale nonché della sussistenza del nesso di causalità tra il non corretto adempimento della prestazione medica da parte dei sanitari e la sola invalidità temporanea del minore.
In particolare, dalla relazione dei CTU è emerso che il primo intervento è stato parzialmente incompleto, in quanto non è stato opportunamente valutato il grado di ostruzione tonsillare nel determinismo della sintomatologia del bambino. Invece, il corretto intervento avrebbe dovuto essere quello di effettuare la tonsillectomia (come poi avvenuto nel secondo intervento, che è invece è risultato corretto e utile).
In altri termini, per i CTU, nel primo intervento vi è stato un errore diagnostico da parte dei sanitari, che non hanno sottoposto il bambino, prima dell’intervento, ad un controllo strumentale (la pulsiossimetria notturna), ma hanno effettuato la diagnosi solo sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo del paziente. Tale condotta dei sanitari si è rivelata imprudente in quanto ha esposto il bambino alla necessità di effettuare un secondo intervento per risolvere definitivamente la patologia.
Dal predetto inadempimento dei sanitari non è derivato alcun danno biologico a carattere permanente, bensì è stata una concausa della malattia avuta dal bambino tra il primo e il secondo intervento. Infatti, la malattia del bambino è dipesa in parte dalla recidiva della ipertrofia delle adenoidi e in parte dalla condotta imprudente dei sanitari sopradescritta.
Tuttavia, secondo i CTU il quadro di ipertrofia adenoidea, che si è sviluppato quale recidiva di malattia dopo un anno dalle dimissioni dalla struttura sanitaria, non ha alcuna correlazione causale con l’operato dei sanitari, in quanto, in questa peculiare patologia, le recidive sono molto frequenti e possono svilupparsi dopo alcuni mesi o dopo anni. Mentre i CTU hanno ritenuto correlato alla condotta imprudente dei sanitari soltanto un periodo di invalidità temporanea al 25% di 120 giorni.
Conseguentemente, il giudice ha liquidato il predetto danno nell’importo di €. 1.700,00 (mille settecento).
Per quanto riguarda, invece, il danno per violazione del consenso informato, il giudice ha ritenuto che non vi è stata alcuna violazione con riferimento al primo intervento (in quanto le informazioni fornite ai genitori del paziente erano adeguate all’intervento prospettato); invece in relazione al secondo intervento chirurgico, il giudice ha ritenuto che il relativo modulo era generico e non esprimeva i rischi e le possibili complicanze specifiche inerenti l’intervento.
Nonostante ciò però il giudice ha ritenuto di non liquidare alcun importo a titolo di risarcimento del danno per la violazione del consenso informato. Ciò in quanto il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione può essere autonomamente risarcito solo quando il paziente abbia subito, a causa del deficit informativo, un pregiudizio (patrimoniale, o non patrimoniale, e in tale ultimo caso di apprezzabile gravità) diverso dalla lesione del diritto alla salute. Tuttavia, nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che parte attrice non abbia dettagliatamente dedotto la predetta lesione al diritto all’autodeterminazione e non la abbia adeguatamente provata.

Avv. Muia’ Pier Paolo

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