In data 11 novembre 2024 il Tribunale di Roma non ha convalidato nuovamente il fermo di sette migranti detenuti nei centri in Albania, istituiti con l’accordo stipulato a Roma il 6 novembre 2023, sempre sulla base della sentenza in data 4 ottobre 2024 con cui la Corte di giustizia europea ha ribadito il controllo della giurisdizione sulle decisioni amministrative precisando, tra l’altro, che il giudice nazionale che esamina la legittimità di una decisione amministrativa con cui si nega la concessione della protezione internazionale deve rilevare la violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro. Pertanto, nonostante che il governo in data 23 ottobre 2024 abbia emanato un decreto legge, poi inserito in un emendamento al Decreto legge n. 145 dell’11 ottobre 2024 (c.d. decreto flussi), che indica gli Stati da ritenersi sicuri, dopo alcune ordinanze di rinvio alla Corte di Giustizia Europea, anche il Tribunale di Roma ha sospeso i provvedimenti del Questore di Roma di trattenimento dei citati migranti detenuti nei centri in Albania, trasmettendo il provvedimento alla Corte di Giustizia Europea, accentuando così il braccio di ferro tra il governo e la magistratura. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza
Indice
1. Il decreto legge n. 158 in data 23 ottobre 2024 (Paesi sicuri)
Al fine di contenere il fenomeno migratorio nel nostro Paese, peraltro mitigatosi nel corso dell’anno 2024, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge n.158 del 23 ottobre 2024 che introduce disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale e contiene una lista dei paesi di origine cosiddetti “sicuri” per le persone migranti, in modo che le richieste di asilo avanzate dai loro cittadini vengano analizzate attraverso una procedura accelerata, mentre il richiedente asilo si trova in uno stato di detenzione.[1]
Il testo, analogamente a quanto previsto da altri Paesi europei, aggiorna con atto avente forza di legge l’elenco dei Paesi di origine sicuri. Tenuto conto dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati come Paesi di origine sicuri, secondo il governo, i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Con il citato decreto diventa quindi “fonte primaria l’indicazione dell’elenco di 19 Paesi sicuri sugli originari 22 presenti in un decreto interministeriale”.[2]
Inoltre, “l’elenco dei Paesi di origine sicuri è aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge ed è notificato alla Commissione europea. Ai fini dell’aggiornamento dell’elenco di cui al comma 1 (dell’art. 1), il Consiglio dei Ministri delibera, entro il 15 gennaio di ciascun anno, una relazione, nella quale, compatibilmente con le preminenti esigenze di sicurezza e di continuità delle relazioni internazionali e tenuto conto delle informazioni di cui al comma 4, riferisce sulla situazione dei Paesi inclusi nell’elenco vigente e di quelli dei quali intende promuovere l’inclusione. Il Governo trasmette la relazione alle competenti commissioni parlamentari” (art. 1, lett. d).[3]
Con tale decreto il governo ha voluto dare una maggiore legittimità politica e istituzionale alla lista dei “paesi di origine sicuri” che in precedenza sono stati approvati con un decreto interministeriale. Il fatto che la lista sia contenuta in un decreto legge dovrebbe in teoria darle maggiore valore in un eventuale contenzioso, ma in sostanza il governo sta suggerendo ai giudici di dare maggiore rilevanza al provvedimento d’urgenza appena approvato, invece di adeguarsi alla sentenza della Corte di Giustizia.
Inoltre, il decreto introduce anche una norma di diritto processuale, modificando il D.Lgs. n.25/2008 all’art 35-bis prevedendo la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e un reclamo alla Corte di appello avverso la sentenza di primo grado con termini molto ristretti per assumere le decisioni.
Per accelerare le procedure di approvazione, il testo del provvedimento è stato inserito in un emendamento al Decreto legge. n. 145 dell’11/10/2024 (c.d. decreto flussi) in corso di esame da parte del Parlamento. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza
Immigrazione, asilo e cittadinanza
Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.
Paolo Morozzo della Rocca | Maggioli Editore
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2. Le Ordinanze di rinvio alla Corte Europea di Giustizia
Con ordinanza in data 25 ottobre 2024, il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia Europea (CGUE) il caso di un richiedente asilo del Bangladesh per stabilire se vada disapplicato il citato Decreto legge n.158/2024 con cui il governo ha riformulato la lista dei Paesi che ritiene “sicuri” per adottare le procedure accelerate di asilo in frontiera ed anche per dare attuazione al Protocollo Italia-Albania.[4]
Secondo i giudici bolognesi, i criteri usati dal governo nella designazione di Paese “sicuro” contrastano con il diritto dell’Unione europea, in particolare con le direttive europee n.32 e n.33 del 2013, ancora vigenti, in attesa che vengano sostituite dal nuovo Regolamento sulle procedure e dalla nuova normativa sui rimpatri, che dovrebbe integrare la precedente Direttiva 2008/115/CE, come previsto dal Patto sulla migrazione e l’asilo, che l’Unione europea ha varato lo scorso 27 aprile.
Il caso sul quale sono stati chiamati a decidere i giudici bolognesi riguarda un cittadino del Bangladesh, che aveva impugnato il provvedimento di diniego emesso in data 17 settembre 2024 dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna, sezione di Forlì-Cesena, con il quale la sua domanda di protezione internazionale era stata dichiarata manifestamente infondata (art. 28-ter, comma 1, lettera b), D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25) in ragione della sua provenienza da paese di origine sicuro e della ravvisata mancata indicazione di gravi motivi per ritenere che quel Paese non è sicuro per la situazione particolare in cui lo stesso richiedente si trova. Il ricorrente aveva richiesto altresì la sospensione del provvedimento impugnato (art. 35-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 25/2008).
Il tribunale, dunque, era chiamato a valutare se nel caso di specie “la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale avesse prodotto l’automatica sospensione del provvedimento impugnato o se, in ogni caso, ricorressero gravi e circostanziate ragioni che ne imponevano la sospensione da parte del giudice adito (art. 35-bis, comma 4, del D.L.vo 25/2008)”.
Come si legge nel rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE “Il tribunale, dovendo decidere su tale istanza cautelare, ritiene che sussistano i presupposti per la proposizione di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dovendosi risolvere alcuni contrasti interpretativi che si sono manifestati nell’ordinamento italiano e che attengono alla disciplina rilevante contenuta nella Direttiva n. 2013/32/UE e, più in generale, alla regolazione dei rapporti
tra il diritto dell’Unione Europea e il dritto nazionale[…].
Il Tribunale richiama, poi, il diritto nazionale vigente, a partire dagli articoli 10, 24 e 113 della Costituzione. Si riporta quindi il nuovo articolo 2-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (nella formulazione antecedente alla modifica di cui al decreto-legge 23 ottobre 2024 n. 158). Seguono i richiami ad altre norme del decreto Lgs. n. 25/2008, in ordine alla procedura davanti alla Commissione territoriale, alle domande “manifestamente infondate” ed alla sospensiva dei provvedimenti di diniego.
Il Tribunale di Bologna conclude, infine, con la richiesta, alla Corte di giustizia UE, di applicazione del procedimento accelerato ai sensi dell’art. 105 oppure d’urgenza ai sensi dell’art. 107 del regolamento di procedura.
Analogo provvedimento è stato adottato lo scorso 4 novembre dal tribunale di Roma; i decreti riguardano tre cittadini egiziani e due bengalesi. Quindi, come l’Egitto anche il Bangladesh, è stato ritenuto di nuovo Paese non sicuro.
Successivamente, in data 6 novembre 2024, la sezione migranti del tribunale di Palermo ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti disposto, in applicazione del decreto legge n. 20/2023 convertito in legge 5 maggio 2023, n. 50(cosiddetto decreto Cutro) in materia di procedura accelerata in frontiera, dal questore di Agrigento e ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito sicuro “qualora vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive Ue”.
Con decreti in data 11 novembre 2024, poi, il tribunale civile di Roma ha deciso nuovamente di non convalidare il trasferimento di sette migranti di origini egiziana e bengalese detenuti nel CPR diGjader inAlbania. Infatti, secondo il giudice, i migranti trasportati dalla nave Libra della Marina militare italiana anche in questo caso non possono essere inviati in un Paese che potrebbe non essere considerato “sicuro” in base ai criteri stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea; i predetti migranti sono stati già trasferiti da una nave della Guardia Costiera presso il CARA di Brindisi.[5]
Il tribunale di Roma, sezione immigrazione, ha infatti sospeso il giudizio di convalida dei provvedimenti di trattenimento nei confronti dei citati migranti. Secondo lo stesso tribunale ci sono “vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale, emersi a seguito delle norme introdotte dal citato decreto legge” e pertanto rimettere gli atti ai giudici di Lussemburgo “è stato scelto come strumento più idoneo” per chiarirli.
Il decreto, infatti, “ha adottato un’interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della CGUE del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita da questo tribunale – nel quadro della previgente normativa nazionale – nei precedenti provvedimenti di convalida delle persone condotte in Albania ed ivi trattenute”, come si evince dal provvedimento. La sospensione dei giudizi, comunque, “non arresta il decorso del termine di legge di 48 ore di efficacia dei trattenimenti disposti dalla Questura” e, pertanto, i migranti devono rientrare in Italia.
Secondo i giudici della sezione immigrazione “deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione Europea”. Pertanto, ferme restando le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre in concreto “la corretta applicazione del diritto dell’Unione Europea, che, notoriamente prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana”.
Deve, inoltre, “essere chiaro” – proseguono i giudici della Capitale – “che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l’individuazione delle procedure da applicare” e che “l’esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l’espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisito di legge per restare in Italia”. [6]
I quesiti posti alla Corte dai giudici romani sono quattro, alla quale si chiede di “chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale” emersi dopo il decreto sui Paesi sicuri emesso dal governo. Il tribunale motiva la sospensione del giudizio che ha prevalso su “una decisione di autonoma conferma da parte del tribunale della propria interpretazione” ossia quella di non convalidare.
Per i giudici l’esecutivo, con il decreto approvato a fine ottobre, ha adottato un’interpretazione del diritto UE e della sentenza della CGUE del 4 ottobre scorso “divergente da quella seguita dal tribunale di Roma nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e lì trattenute”. Non solo spiegano i giudici, si tratta di questioni che avrebbero “conseguenze anche per gli altri Stati membri”, quindi particolarmente urgenti e di una tale importanza di dover essere chiarite dalla Corte.[7]
Con il primo quesito proposto dal tribunale di Roma si chiede alla Corte di stabilire se sia possibile che l’elenco dei Paesi sicuri venga deciso esclusivamente dal legislatore ordinario, quindi attraverso un atto normativo primario “avente forza e valore di legge”. In questo modo si legge nel dispositivo “la designazione del Paese di origine sicuro potrebbe avvenire anche derogando tacitamente alla disciplina generale e quindi senza rispettare i criteri da quest’ultima stabiliti”.
Il secondo quesito riguarda la novità introdotta dal decreto legge n. 158/2024 che “non contempla più alcun riferimento a schede informative sui Paesi esaminati ai fini della loro inclusione nell’elenco, né menziona la necessità di citare le fonti da cui sono tratte tali informazioni”. Sulla base di tale disposizione, per il tribunale, non è possibile verificare “l’attendibilità delle fonti e per il richiedente asilo non è possibile contestarle”, come sostanzialmente stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione del 27 settembre 2024 di cui si farà cenno più avanti.
A seguito del terzo quesito la Corte di Giustizia UE dovrà precisare se il giudice “potrà servirsi di proprie fonti informative qualificate al fine di ricercare ed acquisire elementi di conoscenza che possano essere confrontati con quelli su cui si fonda la qualificazione di uno Stato terzo come Paese di origine sicuro”.
L’ultimo interrogativo si sofferma invece sulla sentenza della Corte di Giustizia UE dello scorso 4 ottobre che aveva stabilito che uno Stato di origine può essere ritenuto sicuro solo se effettivamente lo è tutto il suo territorio, senza però esprimersi sull’esclusione di alcune categorie di persone.
Sul primo punto il menzionato decreto legge si è adeguato ma, secondo i giudici romani “deve valere anche per le categorie di persone il principio enunciato (dalla Corte, ndr) per le parti di territorio. E questo anche perché, secondo l’ordinanza “un’esclusione per categorie di persone, riguarda nella maggior parte dei casi, l’intero territorio di uno Stato”.
Inoltre, “l’applicazione di una procedura accelerata- spiega il tribunale- appare incompatibile con l’esistenza di situazioni di persecuzione, discriminazione e maltrattamento come quelle relative a categorie di persone”.
Pertanto, l’assenza del presupposto di applicabilità della suddetta procedura impedisce un legittimo trattenimento non soltanto al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato, ma anche con riferimento a qualunque altra motivazione addotta nel provvedimento di trattenimento.
Anche in queste fattispecie, oltre a manifestare la volontà di costituirsi presso la Corte di giustizia europea, il Ministero dell’interno ha dato mandato all’Avvocatura Generale dello Stato per proporre ricorso in Cassazione in quanto i provvedimenti sarebbero in contrasto con il citato decreto legge n.158/2024 che ha stabilito con norma primaria l’elenco dei Paesi ritenuti sicuri.
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3. I decreti del Tribunale di Catania in data 4 novembre 2024
In precedenza, in data 4 novembre 2024, il Tribunale di Catania invece aveva emesso cinque decreti che non convalidano i trattenimenti disposti dal questore di Ragusa per migranti che avevano presentato domanda di protezione internazionale.
Secondo il Tribunale una lista di paesi sicuri “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità’ di tale designazione con il diritto dell’Unione europea e in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani che investono le libertà di un ordinamento democratico’”. Si tratta della prima decisione del genere dopo l’adozione del citato decreto legge sui Paesi sicuri.
A differenza di quanto accaduto a Bologna e a Roma, il tribunale di Catania ha ritenuto di non dover chiedere un parere alla Cgue sulla base della giurisprudenza della stessa Corte Ue poiché “in tutti i casi in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi”.
Pertanto, “Non resta che disapplicare ai fini della decisione il decreto-legge del 23 ottobre 2024, posto che, com’è noto, le sentenze interpretative della Corte di giustizia europea vincolano il giudice nazionale, anche se appartenente ad altro Stato membro rispetto a quello che ha proposto il rinvio pregiudiziale”.
Al centro della decisione è la designazione dell’Egitto come Paese d’origine sicuro, che nel decreto del 23 ottobre scorso non presenta eccezioni per gruppi di persone a rischio, com’era invece nel precedente elenco “per gli oppositori politici, i dissidenti, gli attivisti e i difensori dei diritti umani o per coloro che possano ricadere nei motivi di persecuzione di cui all’articolo 8, comma 1, lettera e) del Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251″[8] Analoga valutazione è stata fatta per il Bangladesh.
Solo un cenno merita la sentenza della Corte di Cassazione, sesta sezione, del 27 settembre 2024, emessa quindi prima della decisione della Corte di giustizia europea del 4 ottobre 2024, con la quale è stata cassata una decisione della Corte di Appello di Brescia, secondo cui la lista dei Paesi sicuri viene aggiornata “sulla base di pertinenti informazioni” e “l’inserimento del Paese di origine del richiedente nell’elenco dei Paesi sicuri produce l’effetto di far gravare sul ricorrente l’onere di allegazione rinforzata in ordine alle ragioni soggettive oggettive per le quali invece il Paese non può considerarsi sicuro”. Si sottolinea, tuttavia, che il richiedente in questo caso è indagato per il reato di “organizzazione di immigrazione clandestina”.
4. Conclusioni
La decisione della sezione immigrazione del tribunale di Roma ha nuovamente acceso i riflettori su una questione delicata: il trattamento dei migranti in Italia e il loro rimpatrio. L’ordinanza apre, quindi, la strada a una revisione del provvedimento di convalida del trattenimento, ponendo interrogativi sulle procedure legali che riguardano l’immigrazione e la protezione dei diritti dei migranti. La XVIII sezione del tribunale di Roma, come altri tribunali, ha assunto questa decisione in base all’articolo 267 del TFUE, che consente alle giurisdizioni nazionali di rimettere questioni di diritto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
D’altro canto, i timori rappresentati da più parti sulla efficacia dell’approvazione del decreto legge sui Paesi sicuri hanno trovato un riscontro nelle ordinanze del Tribunale di Bologna e di Roma e quindi nei decreti del Tribunale di Catania, senza che l’approvazione per legge dell’elenco dei paesi “sicuri” abbia sanato i rilievi sollevati.
Inoltre, come già detto, le decisioni dei giudici italiani si adeguano alla sentenza della Corte di Giustizia Europea dello scorso 4 ottobre che aveva sottolineato il dovere del giudice di rilevare, anche d’ufficio, l’eventuale violazione, nel caso sottoposto al suo giudizio, delle condizioni sostanziali della qualificazione di Paese sicuro enunciate nell’allegato della direttiva 2013/32; motivo per cui, nonostante sia stata adottata dal governo italiano una normativa primaria, permangono dubbi sull’efficacia del predetto strumento legislativo.
Si sottolinea, poi, che il 3 dicembre prossimo la Corte di Cassazione si dovrà pronunciare su un ricorso pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma con una ordinanza di rinvio alla Corte ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., a seguito della quale il Tribunale di Roma, agli inizi dello scorso luglio, ha sospeso il suo giudizio sull’istanza cautelare presentata con un ricorso contro la decisione di manifesta infondatezza della richiesta di protezione, pronunciata dalla Commissione territoriale di Roma, nei confronti di un richiedente asilo tunisino, dunque ritenuto proveniente da un “paese di origine sicuro”. Il provvedimento di diniego è così rimasto sospeso, sino alla successiva decisione dello stesso Tribunale sulla istanza cautelare, “con conseguente diritto nel contempo del richiedente asilo alla titolarità e al rinnovo semestrale, del permesso di soggiorno provvisorio collegato alla proposizione della domanda di asilo”. La prossima decisione della Corte di Cassazione, se non solleverà un ulteriore questione pregiudiziale davanti la Corte di Giustizia UE, potrebbe assumere quindi un’importanza fondamentale e costituire l’ultima possibilità per il governo, prima della decisione della CGUE, di evitare una pericolosa debacle giudiziale.
In conclusione si ritiene che il provvedimento del governo, con riferimento all’indicazione degli Stati “sicuri”, potrebbe essere dichiarato inefficace dalla Corte di Giustizia Europea per le ragioni suesposte e quindi il contrasto tra potere esecutivo e potere giudiziario, nonostante le raccomandazioni del Capo dello Stato, potrebbe acuirsi ulteriormente dando vita ad uno scontro politico-istituzionale senza precedenti, mettendo così in serio pericolo la tenuta democratica del nostro ordinamento.
Note
[1] Redazione, Il governo ha inserito la lista di “paesi sicuri” in un decreto-legge, in Il Post del 321 ottobre 2024.
[2] Comunicato stampa del Governo n. 101 del 21 ottobre 2024.
[3] P. Gentilucci, Paesi “sicuri”: il governo approva il decreto legge, in Diritto.it del 25 ottobre 2024.
[4] F. Vassallo Paleologo, Dal Tribunale di Bologna un rinvio alla Corte di Giustizia UE sul nuovo decreto legge sui “paesi di origine sicuri”, in Melting Pot Europa del 30 ottobre 2024.
[5] P. Gentilucci, Sentenza della Corte di Giustizia UE: a rischio l’accordo con l’Albania?, in Diritto.it del 15 ottobre 2024.
[6] A. Campana, Il tribunale di Roma sospende il trattenimento dei migranti in Albania e passa gli atti all’UE. Salvini “sentenza politica”, in AGI dell’11 ottobre 2024.
[7] F. Pozzi, Migranti in Albania, altro stop. Il governo: sentenza politica, in il Messaggero del 12 novembre 2024.
[8] F. Baraggino, Migranti, per il Tribunale di Catania il decreto sui Paesi sicuri è illegittimo. “Non c’è necessità di rivolgersi alla Corte di Giustizia Ue”, in Il fatto quotidiano del 4 novembre 2024.
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