Per accelerare le procedure dei rimpatri degli stranieri e cercare di superare le difficoltà incontrate nell’attuazione della politica migratoria del governo, il testo del provvedimento sui Paesi sicuri è stato inserito in un emendamento al decreto legge. n. 145 /2024 (c.d. decreto flussi) approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 4 dicembre. Tuttavia, nonostante il Parlamento abbia emanato un provvedimento normativo che indica gli Stati da ritenersi sicuri, sono state emesse da vari giudici alcune ordinanze di rinvio alla Corte di Giustizia Europea, vanificando in tal modo gli sforzi dell’esecutivo per mitigare il fenomeno migratorio. In data 30 dicembre 2024, infine, la corte di Cassazione si è pronunciata sulla definizione del concetto di Paesi sicuri per i migranti stabilendo che, nell’attesa della decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea, tale definizione “spetta, in generale, soltanto al ministro degli Affari esteri e agli altri ministri che intervengono in sede di concerto”. Tale decisione di fatto sospende l’adozione dei provvedimenti giurisdizionali in materia, compresi quelli di trattenimento nei centri in Albania, almeno sino al 25 febbraio 2025, data prevista per la decisione della citata Corte e quindi assume un’efficacia meramente interlocutoria, nonostante le diverse e contrastanti interpretazioni fornite dalle forze politiche di maggioranza e di opposizione. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza
Indice
1. L’emendamento al decreto flussi e i provvedimenti di rinvio alla Corte di Giustizia Europea
Per accelerare le procedure dei rimpatri degli stranieri e cercare di superare le difficoltà incontrate nell’attuazione della politica migratoria, il testo del provvedimento sui Paesi sicuri è stato inserito in un emendamento al Decreto legge. n. 145 /2024 (c.d. decreto flussi) approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 4 dicembre.[1]
Il decreto assorbe varie misure, tra cui l’elenco dei Paesi sicuri, varato dal governo con un decreto e trasformato in emendamento, come già detto, la segretezza degli atti riferiti all’accordo tra l’Italia e paesi terzi (come nel caso della Libia) per la fornitura di mezzi necessari al contrasto dell’immigrazione illegale e dei traffici degli scafisti, limitazioni al transito delle ONG e una nuova disciplina processuale.[2]
Pertanto, nel corso dell’esame in sede referente, il Capo III del provvedimento è stato arricchito con le disposizioni del Decreto legge n. 158/2024 (Decreto Paesi sicuri), che è ora confluito nel Decreto Flussi. Il decreto pubblica un elenco aggiornabile di “Paesi di origine sicuri” per l’intero territorio e prevede un’informativa annuale del Governo alle Commissioni parlamentari mediante apposita relazione.
L’elenco comprende i seguenti Stati: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.[3]
Tuttavia, si rileva che vari tribunali si erano già espressi in senso sfavorevole ai provvedimenti adottati dai questori in materia di trattenimento dei migranti.
Infatti, con ordinanza in data 25 ottobre 2024, il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia Europea (CGUE) il caso di un richiedente asilo del Bangladesh per stabilire se vada disapplicato il citato decreto legge n.158/2024 con cui il governo ha riformulato la lista dei Paesi che ritiene “sicuri” per adottare le procedure accelerate di asilo in frontiera ed anche per dare attuazione al Protocollo Italia-Albania.[4]
Secondo i giudici bolognesi, i criteri usati dal governo nella designazione di Paese “sicuro” contrastano con il diritto dell’Unione europea, in particolare con le direttive europee n.32 e n.33 del 2013, ancora vigenti, in attesa che vengano sostituite dal nuovo Regolamento sulle procedure e dalla nuova normativa sui rimpatri che l’Unione europea ha varato lo scorso 27 aprile, il quale dovrebbe integrare la precedente Direttiva 2008/115/CE, come previsto dal Patto sulla migrazione e l’asilo.
Analogo provvedimento è stato adottato lo scorso 4 novembre dal tribunale di Roma; i decreti riguardavano tre cittadini egiziani e due bengalesi. Quindi, come l’Egitto anche il Bangladesh, è stato ritenuto di nuovo Paese non sicuro.
Successivamente, in data 6 novembre 2024, la sezione migranti del tribunale di Palermo ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti disposto, in applicazione del decreto legge n. 20/2023 convertito in legge 5 maggio 2023, n. 50 (cosiddetto decreto Cutro) in materia di procedura accelerata in frontiera, dal questore di Agrigento e ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito sicuro “qualora vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive UE”.
Con decreti in data 11 novembre 2024, poi, il tribunale civile di Roma ha deciso nuovamente di non convalidare il trasferimento di sette migranti di origini egiziana e bengalese detenuti nel CPR di Gjader in Albania. Infatti, secondo il giudice, i migranti trasportati dalla nave Libra della Marina militare italiana anche in questo caso non possono essere inviati in un Paese che potrebbe non essere considerato “sicuro” in base ai criteri stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.[5]
Il tribunale di Roma, sezione immigrazione, ha infatti sospeso il giudizio di convalida dei provvedimenti di trattenimento nei confronti dei citati migranti. Secondo lo stesso tribunale ci sono “vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale, emersi a seguito delle norme introdotte dal citato decreto legge” e pertanto rimettere gli atti ai giudici di Lussemburgo “è stato scelto come strumento più idoneo per chiarirli”.
Il decreto, infatti, “ha adottato un’interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della CGUE del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita dal tribunale – nel quadro della previgente normativa nazionale – nei precedenti provvedimenti di convalida delle persone condotte in Albania ed ivi trattenute”, come si evince dal provvedimento. La sospensione dei giudizi, comunque, “non arresta il decorso del termine di legge di 48 ore di efficacia dei trattenimenti disposti dalla Questura” e, pertanto, i migranti sono stati fatti rientrare in Italia.
Anche in queste fattispecie, oltre a manifestare la volontà di costituirsi presso la Corte di giustizia europea, il Ministero dell’interno ha dato mandato all’Avvocatura Generale dello Stato per proporre ricorso in Cassazione in quanto i provvedimenti sarebbero in contrasto con il citato decreto legge n.158/2024 che ha stabilito con norma primaria l’elenco dei Paesi ritenuti sicuri.
In precedenza, in data 4 novembre 2024, il Tribunale di Catania, invece, aveva emesso cinque decreti che non convalidano i trattenimenti disposti dal questore di Ragusa per migranti che avevano presentato domanda di protezione internazionale.
Secondo il Tribunale una lista di paesi sicuri “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità di tale designazione con il diritto dell’Unione europea e in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani che investono le libertà di un ordinamento democratico”. Si tratta della prima decisione del genere dopo l’adozione del citato provvedimento sui Paesi sicuri.
A differenza di quanto accaduto a Bologna e a Roma, il tribunale di Catania ha ritenuto di non dover chiedere un parere alla CGUE sulla base della giurisprudenza della stessa Corte UE poiché tale richiesta non appare necessaria “in tutti i casi in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi”. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza
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Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.
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2. Le pronunce della Corte di Cassazione in data 19 e 30 dicembre 2024
Nell’udienza del 4 dicembre 2024 sono stati discussi i ricorsi sui trattenimenti dei migranti nel Cpr di Gjader e la procura generale della prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiesto di sospendere i trattenimenti in attesa che la Corte di Giustizia UE, il 25 febbraio del 2025, si pronunci in merito alla questione dei Paesi sicuri.
Alla discussione era presente l’Avvocatura generale in rappresentanza del Viminale e della Questura di Roma che hanno chiesto il rigetto dei ricorsi delle difese dei migranti. Gli avvocati dei cittadini stranieri che erano stati portati in Albania hanno chiesto l’inammissibilità dei ricorsi presentati dall’Avvocatura e in subordine che la Cassazione sollevi il rinvio pregiudiziale alla Ue sulla corretta interpretazione del concetto di Paese sicura (Direttiva 2013/32 UE – ndr).
Successivamente con sentenza depositata il 19 dicembre 2024 la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, rispondendo ad un rinvio pregiudiziale del tribunale di Roma del primo luglio scorso, nell’affermare che “è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri”, ha ribadito che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo.[6]
Pertanto secondo i giudici “spetta al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri”. E dunque il giudice “non può sostituirsi al ministro degli Affari Esteri” né “può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”. Tuttavia il giudice “può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri”. Si tratta di un provvedimento che fa dunque riferimento alla normativa in vigore prima che il governo approvasse, ad ottobre, il nuovo decreto contenente la lista sui paesi sicuri.
Nell’attesa di comprendere quale sarà la decisione della C.G.U.E., i giudici, in riferimento ad un’altra vicenda che riguardava un migrante, hanno comunque indicato dei punti fermi. Spiega infatti la suprema Corte che “Nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da Paesi di origine designati come sicuri”.
In data 30 dicembre 2024, poi, la prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione con un’ordinanza interlocutoria di 35 pagine, aderendo alla citata proposta della Procura Generale, ha stabilito che, sulla definizione di Paesi sicuri per i migranti, deciderà la Corte di giustizia dell’Unione europea. Ma, nell’attesa, la Cassazione afferma che tale definizione “spetta, in generale, soltanto al ministro degli Affari esteri e agli altri ministri che intervengono in sede di concerto”.[7] Il giudice è, quindi “chiamato a riscontrare, nell’ambito del suo potere istituzionale, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo Paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento”.
Lo stesso giudice esercita comunque la sua funzione di controllo caso per caso in sede di convalida, anche analizzando il profilo di violenze e discriminazioni endemiche in alcune aree, senza tuttavia tracciare facili automatismi tra categorie di persone “perseguitate” ed eventuale depennamento dalla lista.
Il provvedimento pone dunque un punto fermo, in attesa della decisione della Corte UE, sui ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania emesse dalla sezione immigrazione del Tribunale di Roma il 18 ottobre.
Il 25 febbraio 2025, quindi, la Corte UE sarà chiamata a decidere sulla questione dei Paesi sicuri; intanto la Suprema Corte ha “sospeso ogni provvedimento” e i magistrati offrono però “nello spirito di leale cooperazione la loro ipotesi di lavoro senza tuttavia tradurla né in decisione del ricorso né in principio di diritto suscettibile di orientare le future applicazioni”.
Nel provvedimento, la Corre di Cassazione afferma anche che sulla definizione di Paesi sicuri “il giudice della convalida, garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce, nella valutazione che spetta al governo e quindi ai ministri”.
Inoltre, l’organo giudiziario deve anche riscontrare la sussistenza dei presupposti. Infatti, lo stesso giudice, aggiungono gli ermellini, “è chiamato a riscontrare, nell’ambito del suo potere istituzionale, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo Paese di origine sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento”. E aggiungono che “la procedura accelerata di frontiera non può applicarsi là dove il giudice ravvisi sussistenti i gravi motivi per ritenere che il Paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova, ma le eccezioni non possono essere ammesse senza limiti”.
Nell’atto la Cassazione analizza anche la pronuncia della Corte di giustizia europea dello scorso 4 ottobre, precisando in sostanza che un Paese non può essere ritenuto insicuro se lo è per alcune categorie di persone. Diversamente è da reputarsi insicuro se presenta aree di conflitto o violenza. Infatti, a detta degli ermellini, la Corte di giustizia Ue nella pronuncia si occupa “esclusivamente delle eccezioni territoriali, chiarendo che l’esistenza di aree interne di conflitto e violenza indiscriminata è incompatibile con la designazione di un Paese terzo come sicuro”. In particolare la Corte afferma che “le eccezioni per categorie di persone non hanno formato specifico oggetto della decisione della Corte di giustizia europea e non sono state esaminate dalla Corte quanto alla loro incidenza”.
Inoltre, dalla pronuncia della Corte di giustizia Ue “non sembrerebbe trarsi come implicito corollario, l’esclusione della compatibilità con la nozione di Paese sicuro, altresì, delle eccezioni personali, là dove, cioè, l’insicurezza riguardi le categorie di persone”.[8]
In definitiva, sul punto la Cassazione aggiunge che “non parrebbe esservi spazio, in altri termini, per alcun automatismo di ricaduta, nel senso che l’indicazione, nella scheda-Paese, di una categoria di persone insicura sarebbe destinata a travolgere la complessiva designazione di sicurezza dell’intero Paese”.
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3. Conclusioni: i Paesi sicuri per i migranti
La decisione della Corte di Cassazione del 30 dicembre scorso ha posto alcuni punti fermi, almeno sino alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea del prossimo 25 febbraio, ma non ha chiarito del tutto le procedure relative al trattamento dei migranti in Italia e al loro rimpatrio.
L’ordinanza, comunque, ha confermato i dubbi sui provvedimenti di convalida del trattenimento, ponendo interrogativi sulle procedure legali che riguardano l’immigrazione e la protezione dei diritti dei migranti.
D’altro canto, i timori rappresentati da più parti sulla efficacia dell’approvazione del decreto legge sui Paesi sicuri e del suo inserimento nel decreto flussi avevano già trovato un riscontro nelle ordinanze del Tribunale di Bologna e di Roma e quindi nei decreti del Tribunale di Catania, senza che l’approvazione per legge dell’elenco dei paesi “sicuri” abbia sanato i rilievi sollevati nonostante l’adozione di una normativa primaria.
Del resto l’ordinanza della Corte di Cassazione non si è discostata sostanzialmente dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea dello scorso 4 ottobre che aveva sottolineato il dovere del giudice di rilevare, anche d’ufficio, l’eventuale violazione, nel caso sottoposto al suo giudizio, delle condizioni sostanziali della qualificazione di Paese sicuro enunciate nell’allegato della direttiva 2013/32, ma ha solo fornito una sua motivata interpretazione.
In conclusione si ritiene che i provvedimenti del governo, con riferimento all’indicazione degli Stati “sicuri”, continueranno, almeno sino alla decisione della Corte di Giustizia Europea ad essere sospesi, con il probabile annullamento degli eventuali futuri trattenimenti.
Ma la risoluzione definitiva della problematica dei Paesi sicuri si avrà solo con le decisioni della Commissione Europea in materia, che tuttavia non potranno non tener conto della imminente pronuncia della Corte di Giustizia. Infatti, in data 19 dicembre scorso la Presidente della Commissione Europea ha ricevuto il favore dei dieci Stati UE, che coordinati da Italia, Danimarca e Paesi Bassi sono -nel gergo di Bruxelles- “like-minded”, cioè allineati sulle c.d. “soluzioni innovative” come gli hub di rimpatrio al di fuori del territorio UE sul modello Albania o i ritorni assistiti in collaborazione con le Agenzie ONU. Al pre-summit hanno partecipato anche i leader di Repubblica ceca, Svezia, Cipro, Grecia Polonia, Malta e Ungheria.
La stessa Von der Leyen ha confermato l’intenzione di proporre entro metà marzo del 2025 un giro di vite sui rimpatri, con una riforma dell’unico profilo che non è regolamentato dal nuovo patto sull’immigrazione approvato dal Parlamento europeo in data 17 aprile 2024, ma ancora da una normativa che ha più di dieci anni. In quell’occasione la Commissione valuterà di proporre delle modifiche alla normativa sull’asilo entrata in vigore la scorsa primavera, in particolare con la revisione “del concetto di Paese sicuro”.
Tale intervento consentirebbe di avere degli elenchi “comuni UE”, siano essi Paesi terzi (cioè quelli come l’Albania dove esternalizzare i centri) oppure di origine (i soli per cui si possano effettuare le procedure di frontiera, come quelle poste in essere a Gjader, poi invalidate dai giudici italiani).
In questo modo si potrebbe superare la prossima pronuncia della Corte di Giustizia europea, che potrebbe imporre di considerare sicuro uno Stato nella sua interezza e non anche limitatamente a porzioni del suo territorio, come già deciso lo scorso 4 ottobre.
A completare il lavoro in corso sulla “dimensione esterna”, sono previsti altri due memorandum sulla gestione dei flussi, questa volta con Marocco e Giordania, dopo quelli sottoscritti con Tunisia, Egitto e Mauritania.
Nella stessa riunione è arrivato in extremis l’approvazione all’unanimità dei 27 Stati europei di un paragrafo sulle conclusioni che dà il via agli “sforzi urgenti per facilitare, incrementare e accelerare i rimpatri, la definizione dei Paesi sicuri, il contrasto della strumentalizzazione e i percorsi sicuri e legali”.[9]
Tuttavia, il percorso definito dal progetto europeo sarà lungo e irto di difficoltà in quanto alcune forze politiche presenti nel Parlamento potrebbero non essere favorevoli a tutte le proposte della Commissione che gode di una maggioranza risicata all’interno dell’organo legislativo. Pertanto si può ritenere ragionevolmente che, allo stato, i magistrati delle Corti di Appello, ora competenti, continueranno ad invalidare i provvedimenti di trattenimento dei migranti provenienti dai Paesi ritenuti sicuri dal governo, nonostante le diverse affermazioni dei partiti di maggioranza. In questo modo, pertanto, è molto probabile che continuerà a protrarsi il contrasto tra potere esecutivo e potere giudiziario dando vita ad uno scontro senza precedenti nella storia repubblicana, in spregio del principio di leale collaborazione previsto in via generale dall’art. 20 della Costituzione.
Note
[1] Paolo Gentilucci, Decreto flussi: le modifiche e la nuova disciplina processuale, in Diritto.it del 3 dicembre 2024.
[2] P. Gentilucci, Paesi sicuri: il governo approva il decreto legge, in Diritto.it del 25 ottobre 2024.
[3] P. Gentilucci, Paesi sicuri: i giudici disapplicano il d.l., rinvii alla Corte di Giustizia Europea, in Diritto.it del 13 novembre 2024.
[4] F. Vassallo Paleologo, Dal Tribunale di Bologna un rinvio alla Corte di Giustizia UE sul nuovo decreto legge sui “paesi di origine sicuri”, in Melting Pot Europa del 30 ottobre 2024.
[5] P. Gentilucci, Sentenza della Corte di Giustizia UE: a rischio l’accordo con l’Albania?, in Diritto.it del 15 ottobre 2024.
[6] Redazione, Migranti, Cassazione: su Paesi sicuri giudice può disapplicare decreto ministeriale, in Sole 24 Ore del 19 dicembre 2024.
[7] Redazione, Decreto flussi, Cassazione: “Sui Paesi sicuri attendere la pronuncia della Corte di Giustizia Ue”, in TG COM del 30 dicembre 2024.
[8] Redazione, Migranti, la Cassazione: attendere la giustizia Ue sui Paesi sicuri, in Askanews del 30 dicembre 2024.
[9] G. Rosana, Migranti, nuove regole, per facilitare i rimpatri Si dei 27 Paesi europei, in Il Messaggero del 20 dicembre 2024.
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