Tale documento viene appunto emesso dal Professionista (ed ovviamente trasmesso al Cliente) prima che venga emessa la fattura fiscale (in formato elettronico o cartaceo). Detto documento viene emesso per sfruttare la possibilità di offrire al Cliente un documento con tutti i riferimenti della prestazione per cui si richiede il pagamento.
La nota pro forma
Da un punto di vista pratico, la notula pro-forma è emessa dal Professionista per chiedere il pagamento del corrispettivo al Cliente. Il prospetto di parcella – contrariamente alla fattura – non è un documento valido ai fini fiscali.
Tale documento non genera obblighi né per la determinazione dei ricavi né per la liquidazione dell’IVA. Questo consente al Professionista di beneficiare di alcuni vantaggi, e segnatamente:
• la possibilità di modificare il documento in qualsiasi momento. È possibile emettere e modificare la notula pro-forma senza dover modificare documenti fiscali già emessi. In caso di variazioni o errori su importi è sempre possibile intervenire. Diverso è il caso per la fattura fiscale. In questo caso se l’importo è errato è necessario emettere una nota di credito per stornare la fattura, e riemetterla;
• evitare il pagamento dell’IVA prima del pagamento. L’IVA diventa esigibile al momento di emissione della fattura vera e propria. Con il prospetto di parcella non si rischia di dove anticipare l’IVA su compensi non ancora riscossi. Tuttavia, è importante sottolineare che una volta ricevuto il pagamento per una nota pro-forma, dovrà essere emessa la fattura fiscale riportante la data di avvenuto pagamento. La notula pro-forma, dal punto di vista prettamente formale si presenta come una normale fattura.
Tuttavia, all’interno di essa deve esservi specificatamente indicato che si tratta di Fattura Pro-Forma (Avviso di Parcella o Progetto di Notula). Inoltre, il prospetto di parcella è dotato di una numerazione propria, del tutto indipendente dalla numerazione delle fatture classiche. Questo significa, ad esempio, che avendo emesso 2 fatture e dovendo compilare il primo avviso di par[1]cella, questi ripartirà dalla numerazione, assumendo valore 1. Come sopra evidenziato, dal punto di vista squisitamente formale il prospetto di parcella è del tutto identico alla fattura fiscale. Occorre, quindi, che vi siano degli elementi in grado di rendere riconoscibili i due documenti. Al fine di distinguere la notula pro-forma dalla normale fattura occorre:
• inserire nella notula la dicitura “fattura pro-forma”. Solitamente l’indicazione viene effettuata nella parte alta del documento;
• specificare il numero progressivo di fattura pro-forma. Numero che, come detto, deve essere indipendente dal progressivo utilizzato per le fatture fiscali (dicitura “fattura pro-forma n. [o]”);
• indicare la seguente dicitura: “Il presente documento non costituisce fattura valida ai fini del D.P.R. n. 633/1972. La fattura definitiva verrà emessa all’atto del pagamento del corrispettivo (articolo 6, comma 3, DPR n. 633/72)”. In genere la stessa viene inserita tra le note in fondo alla pagina. Questi aspetti sono particolarmente importanti. Infatti, nel caso in cui venga compilata una notula pro-forma in maniera non corretta, l’Amministra[1]zione Finanziaria potrebbe considerare il documento come una vera e propria fattura, con tutte le conseguenze del caso per il Professionista che non abbia adempiuto agli obblighi formali previsti al sorgere del momento impositivo. Come ad esempio la registrazione o l’inclusione del documento nella liquidazione periodica. Pertanto, diventa fondamentale per ogni Professionista che si appresti ad emettere un prospetto di parcella, al fine di evitare spiacevoli conseguenze, compilare correttamente il documento, evitando di inserire nello stesso esplicita e separata indicazione sia dell’IVA applicata nella prestazione, sia della conseguente imposta, ma limitandosi piuttosto ad indicare in maniera chiara il valore della prestazione al Cliente, che è il vero obiettivo della fattura pro-forma.
Diritti e onorari
La parcella dell’Avvocato, un tempo, si componeva di due voci: diritti e onorari . I diritti erano dovuti per le attività più propriamente “materiali”, come gli accessi in cancelleria e il supporto al Cliente.
Gli onorari erano, invece, i compensi dovuti per l’attività di difesa e di studio, quella cioè più tecnica ed intellettuale. La giurisprudenza riteneva, tuttavia, che la parcella fosse ugualmente legittima anche quando prevedeva un’unica voce, onnicomprensiva di diritti e onorari, senza tenere separati gli uni dagli altri (sempre che ciò non avesse comportato una limitazione del diritto di difesa del Cliente). Oggi, questa distinzione è stata abbandonata. Alla data odierna, infatti, non esistono più né i diritti, né gli onorari e la parcella si compone di un’unica voce: il compenso. Il compenso, quindi, racchiude tutte le possibili ragioni di credito dell’Avvocato, a cui poi andranno aggiunte le spese vive, ossia i costi per la difesa.
Le spese vive possono essere rappresentate ad esempio da: • spese per viaggi e trasferte (benzina, hotel, pasti); • contributo unificato (ossia la tassa che si paga per iniziare una causa); • costi di notifiche (tutte le volte in cui gli atti giudiziari devono essere spediti o comunque portati a conoscenza della controparte); • marche da bollo; • diritti di cancelleria, per la richiesta di copie, duplicati, formule esecutive, ecc.; • costi per fotocopie e altro materiale di cancelleria. Tali voci devono essere evidenziate nella fattura, sia per una questione fiscale (esigenza di trasparenza verso l’Agenzia delle Entrate), sia per una questione di correttezza e trasparenza con il Cliente (il quale potrebbe voler conoscere il dettaglio delle spese vive).
Le spese vive non sono soggette ad IVA. Oltre all’onorario, l’Avvocato può esigere il cosiddetto rimborso forfettario del 15%. Il rimborso forfettario è una voce determinata da spese vive difficilmente documentabili come la benzina per gli spostamenti in Tribunale o le piccole spese di cancelleria per le quali non è stata richiesta la fattura (si pensi alle fotocopie del valore di pochi euro). Il rimborso forfettario si applica sul compenso e costituisce una maggiorazione del 15%. Si aggiunge poi la voce della previdenza, ossia la Cassa Forense. Questa voce viene rappresentata, nella parcella e poi in fattura, con l’acronimo CPA (cassa previdenza avvocati) o anche CAP. È pari al 4% della somma tra onorario e rimborso forfettario, escluse le spese vive. Infine, c’è l’IVA che si applica alla somma tra CPA, onorario e rimborso forfettario. La somma di tutte queste voci costituisce l’importo che il Cliente deve corrispondere al proprio difensore.
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