Per effetto della riforma Cartabia, e segnatamente dall’art. 8 del d.lgs., 10/10/2022, n. 150, è stata regolata la partecipazione a distanza attraverso l’introduzione di un apposito titolo, inserito in seno al libro II del codice di procedura penale, vale a dire il titolo II-bis, per l’appunto intitolato “Partecipazione a distanza”, che, a sua volta, consta di due articoli ossia: l’art. 133-bis cod. proc. pen. che introduce una disposizione generale e l’art. 133-ter cod. proc. pen. che disciplina le modalità e le garanzie della partecipazione a distanza.
Orbene, scopo del presente scritto è quello di vedere cosa prevedono siffatte disposizioni legislative.
Indice
1. L’art. 133-bis cod. proc. pen.
L’art. 133-bis del cod. proc. pen. dispone quanto segue: “1. Salvo che sia diversamente previsto, quando l’autorità giudiziaria dispone che un atto sia compiuto a distanza o che una o più parti possano partecipare a distanza al compimento di un atto o alla celebrazione di un’udienza si osservano le disposizioni di cui all’articolo 133-ter”.
Questo precetto normativo, così strutturato, quindi, “definisce l’ambito di applicazione e il carattere sussidiario della disciplina, la quale trova applicazione «[s]alvo che sia diversamente previsto» (art. 133-bis)” (così: la relazione illustrativa) ed è “dettata dall’articolo successivo” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, rel. n. 2/2023 del 5 gennaio del 2023, p. 20).
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2. L’art. 133-ter cod. proc. pen.
L’art. 133-ter cod. proc. pen., come accennato già in precedenza, regola questa partecipazione a distanza.
In particolare, il primo comma stabilisce prima di tutto che l’“autorità giudiziaria, quando dispone che un atto sia compiuto a distanza o che una o più parti partecipino a distanza al compimento di un atto o alla celebrazione di un’udienza, provvede con decreto motivato” (primo periodo) fermo restando che, quando “non è emesso in udienza, il decreto è notificato o comunicato alle parti unitamente al provvedimento che fissa la data per il compimento dell’atto o la celebrazione dell’udienza e, in ogni caso, almeno tre giorni prima della data suddetta. Il decreto è comunicato anche alle autorità interessate” (secondo periodo).
Codesto comma, quindi, come appena visto, “prescrive che la decisione di autorizzare il compimento di un atto a distanza, o la partecipazione di una o più parti a distanza, debba essere assunta dall’autorità giudiziaria procedente con decreto motivato, da comunicarsi alle autorità eventualmente interessate (ad esempio, il dirigente dell’ufficio giudiziario o dell’ufficio di polizia giudiziaria presso il quale sarà effettuato il collegamento); ove non sia emesso in udienza, il provvedimento deve essere, altresì, notificato alle parti almeno tre giorni prima, unitamente al provvedimento che fissa la data per il compimento dell’atto o per la celebrazione dell’udienza” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 20), fermo restando che il decreto è altresì comunicato anche alle autorità interessate.
Ciò posto, a sua volta il comma secondo statuisce che, nei “casi di cui al comma 1 è attivato un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza o l’ufficio giudiziario e il luogo in cui si trovano le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza” (primo periodo) fermo restando che il “luogo in cui si trovano le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza è equiparato all’aula di udienza” (secondo periodo) mentre il comma terzo dispone che il “collegamento audiovisivo è attuato, a pena di nullità, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti all’atto o all’udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di essa di udire quanto viene detto dalle altre” (primo periodo) ma nei “casi di udienza pubblica è assicurata un’adeguata pubblicità degli atti compiuti a distanza” (secondo periodo).
Ad ogni modo, dell’“atto o dell’udienza è sempre disposta la registrazione audiovisiva” (art. 133-ter, co. 3, terzo periodo, cod. proc. pen.).
Ebbene, questi due commi, letti congiuntamente, “chiariscono che la partecipazione a distanza consiste nella realizzazione di un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza, o l’ufficio giudiziario, e il diverso luogo, espressamente equiparato all’aula di udienza, in cui si trovano le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza: collegamento da effettuarsi, a pena di nullità, attraverso modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti all’atto o all’udienza, a garantire la registrazione audiovisiva dell’atto o dell’udienza, e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi, la possibilità per ciascuna di esse di udire quanto viene detto dalle altre, e la pubblicità, nei casi di udienza pubblica, degli atti compiuti a distanza” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 20).
Precisato ciò, i successivi commi individuano “i vari luoghi da cui le persone che, a vario titolo, intervengono all’atto o all’udienza possono o debbono collegarsi all’aula di udienza” (così: la relazione illustrativa).
Orbene, se la regola generale, preveduta nel comma 4, è che, salvo “quanto disposto dai commi 5, 6 e 7, le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza si collegano da altro ufficio giudiziario o da un ufficio di polizia giudiziaria individuato dall’autorità giudiziaria, previa verifica della disponibilità di dotazioni tecniche e condizioni logistiche idonee per il collegamento audiovisivo”, però, le “persone detenute, internate, sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o di fermo, quando compiono l’atto o partecipano all’udienza a distanza, si collegano dal luogo in cui si trovano” (art. 133-ter, co. 5, cod. proc. pen.), così come, sentite “le parti, l’autorità giudiziaria può autorizzare le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello indicato nel comma 4” (art. 133-ter, co. 6, cod. proc. pen.).
Detto questo, anche per i difensori sono previste delle deroghe rispetto alla regola generale preveduta nel comma quarto, disponendosi al contempo alcune particolari guarentigie a loro favore.
Difatti, l’art. 133-ter, co. 7, cod. proc. stabilisce che i “difensori si collegano dai rispettivi uffici o da altro luogo, purché idoneo” (primo periodo) fermo restando che è comunque assicurato, da un lato, “il diritto dei difensori o dei loro sostituti di essere presenti nel luogo dove si trova l’assistito” (secondo periodo), dall’altro, “il diritto dei difensori o dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l’assistito per mezzo di strumenti tecnici idonei” (terzo periodo).
Infine, al comma ottavo è preveduto quanto segue: “Nei casi di cui ai commi 4 e 5 e, ove l’autorità giudiziaria non disponga diversamente, nel caso di cui al comma 6, un ausiliario del giudice o del pubblico ministero, individuato anche tra gli ausiliari in servizio presso l’ufficio giudiziario di cui al citato comma 4, o un ufficiale di polizia giudiziaria, individuato in via prioritaria tra il personale in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria e designato tra coloro che non svolgono, né hanno svolto, attività di investigazione o di protezione nei confronti dell’imputato o in relazione ai fatti a lui riferiti, è presente nel luogo ove si trovano le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza, ne attesta l’identità e redige verbale delle operazioni svolte a norma dell’articolo 136, in cui dà atto dell’osservanza delle disposizioni di cui al comma 3, primo periodo, e al comma 7, secondo e terzo periodo, delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell’esame con riferimento al luogo in cui la persona si trova, nonché dell’assenza di impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa spettanti”.
Di conseguenza, fuori “dei casi in cui l’autorità giudiziaria non disponga diversamente, all’attestazione delle generalità delle persone collegate a distanza provvede un ausiliario del giudice o del pubblico ministero ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria individuato in via prioritaria tra il personale in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria” (così: la relazione illustrativa) e il “primo potrà essere individuato anche tra gli ausiliari in servizio presso l’ufficio giudiziario ad quem, mentre la scelta del secondo non potrà cadere su un ufficiale di PG che svolga o abbia svolto «attività di investigazione o di protezione nei confronti dell’imputato o in relazione ai fatti a lui riferiti»” (così: la relazione illustrativa).
“In ogni caso, il soggetto designato dovrà altresì redigere verbale delle operazioni svolte a norma dell’articolo 136, dando atto delle circostanze già [in precedenza] elencate – in termini sostanzialmente corrispondenti – negli artt. 146-bis, co. 6, e 147-bis, co. 2, disp. att., che (…) vengono soppressi unitamente alle altre disposizioni ora riprodotte nella disposizione codicistica” (così: la relazione illustrativa).
E’ dunque imposta “la presenza di un ausiliario del giudice e del pubblico ministero o un ufficiale di polizia giudiziaria (individuato in via prioritaria tra il personale in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria), il quale, non solo attesta l’identità delle persone, ma, nel redigere il verbale, deve dar atto delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell’esame e dell’assenza di impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti all’interessato” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in Sistema penale, p. 22).
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