Le misure del PNRR, che guardano ad innovazione, transizione verde e valorizzazione dei territori, sono ormai pienamente operative e richiedono alla Pubblica Amministrazione un crescente impegno in termini di capacità progettuale a cui può concorrere lo sviluppo di forme di partenariato pubblico-privato (PPP). Le potenzialità di questo strumento, che, di base, racchiude le varie forme che può assumere la cooperazione tra enti pubblici e soggetti privati, non sono state tuttavia opportunamente sfruttate dal 18 aprile 2016, data in cui è entrato in vigore il Codice dei Contratti Pubblici, ad oggi.
Sebbene il vigente Codice abbia avuto il merito di introdurre una disciplina organica del PPP, del tutto assente nel D.lgs. 163/2003, si è comunque avvertita l’esigenza di innovare l’istituto, valorizzandolo all’interno della nuova formulazione del Codice dei Contratti pubblici, che si applicherà a tutti i nuovi procedimenti a partire dal 1° aprile 2023.
Lo schema di codice, in via di approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri successivamente ai pareri favorevoli resi dalle Camere lo scorso 16 febbraio, è frutto del lavoro di una Commissione speciale a composizione mista (Consiglieri di Stato, avvocati, tecnici, professori universitari) e persegue l’obiettivo principale di semplificare e accelerare le procedure, nell’ottica di garantire piena conformità ai principi europei e razionalizzare la normativa di settore.
Indice
1. La nuova topografia del codice
Nella struttura dell’impianto codicistico vigente, i contatti di PPP sono disciplinati nella parte IV, successivamente alla disciplina delle concessioni (parte III) che risultano essere oggetto di una disciplina sostanzialmente autonoma.
All’interno del nuovo codice, invece, si è operata un’inversione sistematica per cui le disposizioni generali in materia di partenariato pubblico-privato precedono la disciplina delle figure contrattuali tipiche quali la concessione (parte II- Libro IV), la locazione finanziaria (parte III), il contratto di disponibilità (parte IV), mentre gli articoli 179, 180, 181 e 182 del codice vigente sono stati soppressi e sostituiti integralmente dagli artt. 174 e 175, che costituiscono la parte I del Libro IV – “Disposizioni Generali”.
Non solo è stato definito il rapporto (di genere a specie) tra il PPP le concessioni e tutte le altre tipologie contrattuali, ma sono stati meglio precisati i rapporti tra concessione e finanza di progetto: a differenza di quanto si evince dalla struttura dell’impianto codicistico del 2016, la finanza di progetto non rappresenta un tipo contrattuale a sé ma un capitolo ‘interno’ alla disciplina della concessione.
2. “Disposizioni generali”
Viene anzitutto introdotta la nozione generale di PPP quale operazione economica e non più “contratto”; detta modifica, non solo rilevante sul piano terminologico ma anche applicativo, è funzionale a rendere più agevole il ricorso alle forme di partenariato, senza addivenire necessariamente alla stipula di un contratto rigidamente definito nei contenuti.
Il legislatore è poi intervenuto sugli strumenti di programmazione, valutazione preliminare, controllo e monitoraggio, prevedendo l’adozione di un programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato.
Nell’elaborazione del programma triennale, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad indicare, per ciascun progetto, le eventuali ragioni che giustificano l’applicazione del criterio premiale in luogo della prelazione. Ed infatti, vige la regola generale secondo cui, se non diversamente specificato, il criterio da applicare è la prelazione, così da non disincentivare la presentazione di proposte da parte delle imprese dovuta dall’l’incertezza sulla fase successiva alla presentazione della stessa.
Il ricorso al partenariato pubblico-privato deve essere preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità che confronta la stima dei costi e dei benefici del progetto di PPP nell’arco dell’intera durata del rapporto con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto per un arco temporale equivalente e considera la capacità del progetto di generare soluzioni innovative. Per svolgere la detta valutazione, nei casi di progetti di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo indicativamente superiore a 10 milioni di euro, gli enti concedenti interessati a sviluppare progetti di PPP devono richiedere un parere preventivo, non vincolante, al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri. Presso lo stesso dipartimento, viene svolto il monitoraggio dei PPP attraverso il portale istituito presso la Ragioneria generale dello Stato.
Dal punto di vista dei soggetti coinvolti alla realizzazione delle operazioni di PPP, si segnalano due importanti novità: in primo luogo, il nuovo Codice distingue gli enti concedenti qualificati a stipulare contratti di PPP su tre distinte fasce di importo e, in secondo luogo, viene introdotta la figura del Responsabile Unico del progetto di partenariato, nominato dall’ente concedente una volta sentito l’operatore economico, funzionale a garantire un controllo specifico quali-quantitativo su ogni fase di esecuzione del contratto di partenariato pubblico-privato.
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3. I contratti di concessione
La concessione costituisce la disciplina di ‘default’ – destinata cioè ad attivarsi in mancanza di norme speciali – di tutte le figure partenariali tipiche e atipiche [2].
Il nuovo Codice ha il merito di chiarire il perimetro applicativo della Parte IV, segnatamente, con riferimento ai servizi economici di interesse generale (SIEG) – che (salvo i settori esclusi dal successivo art. 181, in quanto estranei alla concorrenza e al mercato) sono da ritenere inclusi [3]- e con riferimento alle c.d. opere fredde [1], le quali sono senza dubbio assoggettate alle disposizioni della parte IV. Conseguentemente, la ripartizione dei rischi propria del PPP vale anche in presenza di una infrastruttura incapace di produrre reddito, purchè le venga comunque trasferito il c.d. “rischio di disponibilità”.
Proprio sul versante del rischio e dell’equilibrio economico-finanziario nelle concessioni, il nuovo Codice non detta alcun limite quantitativo al valore monetario che l’ente aggiudicatore può trasferire all’operatore privato; al contrario il Codice vigente pone un ‘tetto’ rilevante ai fini della stessa configurazione del PPP per cui l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire un prezzo il cui valore – sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione – non può essere superiore al 49% del costo dell’investimento complessivo.
Il legislatore è poi intervenuto sulle condizioni relative alla risoluzione, al recesso e alla modifica dei contratti di concessione.
Quanto al primo aspetto, il nuovo Codice introduce l’obbligo di inserire una clausola penale di predeterminazione del danno all’interno del contratto e i criteri per il calcolo dell’indennizzo ed un termine di 120 giorni (e non di 90 come previsto dal Codice vigente) entro cui gli enti finanziatori, nel caso di risoluzione del rapporto per cause imputabili al concessionario, possono indicare un operatore economico che subentri nella concessione.
Quanto al secondo, l’ente concedente può recedere per motivi di pubblico interesse garantendo un indennizzo a favore del concessionario non più “pari al 10% del valore delle opere ancora da eseguire ovvero, nel caso in cui l’opera abbia superato la fase di collaudo, del valore attuale dei ricavi risultanti dal piano economico-finanziario allegato alla concessione per gli anni residui di gestione” ma “compreso tra il minimo del 2% ed il massimo del 5% degli utili previsti dal Piano economico-finanziario, in base ad una valutazione che tenga conto delle circostanze, della tipologia di investimenti programmati e delle esigenze di protezione dei crediti dei soggetti finanziatori”.
Infine, quanto alla possibilità di modificare il contratto durante il periodo di efficacia senza indire una nuova procedura di gara, il nuovo codice prevede che questa è possibile, a prescindere dal suo valore monetario, se è stata prevista nei documenti di gara iniziali in clausole di revisione dei prezzi.
In coerenza con le finalità della “twin transition” -transizione digitale ed ecologica- il nuovo Codice introduce l’obbligo, per l’ente concedente, di ricorrere alla digitalizzazione della procedura di aggiudicazione secondo le disposizioni del Libro II parte II e di considerare, tra i criteri di originariamente previsti, quelli ambientali, sociali e relativi all’innovazione.
4. Finanza di progetto
La relazione illustrativa dello schema di codice elaborata dal Consiglio di Stato pone in evidenza che l’istituto della finanza di progetto è stato significativamente semplificato, in quanto: i) sono stati eliminati tutti i riferimenti alla nautica di diporto; ii) è stata eliminata la finanza di progetto ad iniziativa pubblica perché ritenuta una duplicazione della concessione; iii) nella finanza di progetto ad iniziativa privata non è più previsto che gli operatori economici presentino proposte già presenti nel programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere soddisfatte attraverso forme di PPP.
Al fine di incentivare la partecipazione degli investitori istituzionali, il nuovo codice introduce la facoltà per questi di subappaltare le prestazioni oggetto del contratto di concessione a imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando, a condizione che il nominativo del subappaltatore venga comunicato, con il suo consenso, all’ente concedente entro la scadenza del termine per presentare l’offerta.
Inoltre, allo scopo di rendere il PPP uno strumento di effettiva collaborazione tra il soggetto pubblico e il privato, le richieste dell’ente concedente al promotore possono eventualmente essere rimodulate sulla base di soluzioni alternative suggerite dallo stesso promotore, il quale, se così stabilito in sede di programmazione, può beneficiare di un punteggio premiale (in alternativa al diritto di prelazione).
Tra le altre novità, si segnala l’obbligo di costituire una società di scopo [2] da parte dell’aggiudicatario; al contrario, la disciplina vigente prevede che sia il concedente a stabilire, nel bando, se la costituzione della società di progetto sia o resti una facoltà in capo all’aggiudicatario.
5. Nuovi istituti e forme di cooperazione
Senza alcuna pretesa di completezza, visto il grado di innovazione apportato all’assetto del codice vigente, si vuole fornire una panoramica sulle nuove operazioni economiche e sui nuovi istituti introdotti nel Libro IV.
Nell’ottica di guidare la transizione ecologica e di valorizzare meccanismi di inclusione sociale, sono state delineate nuove figure contrattuali, quali il contratto di rendimento energetico o di prestazione energetica (c.d. “Energy Performance Contract” – EPC), cheha adoggetto il conseguimento di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, e il c.d. partenariato sociale, che accorpa gli istituti dell’intervento di sussidiarietà orizzontale e del baratto amministrativo propri del codice vigente.
Infine, la parte VI racchiude la disciplina dei c.d. “Servizi globali“, ossia contratti a prestazione complessa in cui far rientrare ogni forma di cooperazione tra pubblico e privato non tipizzata dal Codice.
Tuttavia, come evidenziato dalla Relazione illustrativa del Consiglio di Stato, i Servizi Globali non sono propriamente riconducibili al PPP ma, distinguendosi comunque dall’appalto, si è ritenuto comunque di inserirli nel Libro IV. Difatti, se si pensa al contraente generale -figura fatta confluire all’interno dei Servizi Globali- e lo si confronta con il concessionario di opere pubbliche, le differenze non sono affatto trascurabili; basti pensare che il contraente generale è escluso dalla gestione dell’opera realizzata e non è gravato dal rischio operativo.
- [1]
Si specifica che l’ambito applicativo della figura della concessione, in relazione alla classificazione delle opere suscettibili di realizzazione mediante strumenti alternativi all’appalto in tre categorie: opere calde, opere tiepide, opere fredde. Le prime sono quelle dotate di una intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi di utenza, in misura tale da ripagare i costi di investimento e di remunerare adeguatamente il capitale coinvolto nell’arco della vita della concessione. Le seconde sono quelle che, pur avendo la capacità di generare reddito, non producono, tuttavia, ricavi di utenza in misura tale da ripagare interamente le risorse impiegate per la loro realizzazione, rendendo così necessario un contributo pubblico. Le opere c.d. “fredde” sono, infine, quelle per le quali il privato che le realizza e gestisce fornisce direttamente servizi alla Pubblica Amministrazione e trae la propria numerazione da pagamenti effettuati dalla stessa (ospedali, carceri, scuole et similia).
- [2]
Da notare il cambiamento terminologico: nel codice vigente si utilizza il termine “società di progetto”, ora ci si riferisce alla “società di scopo”
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