Patteggiamento: concessione della sospensione condizionale della pena

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     Indice

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

1. La questione

Il G.i.p. del Tribunale di Rimini, previa formulazione delle rispettive richieste concordate con il Pubblico Ministero, aveva applicato ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. la pena di quattro anni e tre mesi di reclusione e 11.000,00 euro di multa nei confronti di uno degli imputati, quella di due anni di reclusione e 3.000,00 euro di multa nei confronti ad un altro, nonché quella di due anni di reclusione e 4.000,00 euro di multa, condizionalmente sospesa, nei confronti di un altro ancora, tutte in relazione a plurimi episodi di traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 73, commi 1 e 4, 80 d.P.R. n. 309 del 1990).

Avverso il provvedimento summenzionato, oltre a due tra i tre imputati, proponeva ricorso per Cassazione anche il Procuratore della Repubblica il Tribunale di Rimini, deducendo violazione di legge in relazione alla sospensione condizionale della pena applicata nei confronti dell’imputato non ricorrente in quanto, nonostante il beneficio non fosse stato concordato dalle parti, da un lato, il difensore dell’imputato non aveva subordinato il patteggiamento alla relativa concessione, dall’altro, il ricorrente Pubblico Ministero aveva espressamente ribadito di non prestare consenso alla sospensione della pena.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione 

In relazione al ricorso proposto dalla pubblica accusa, la Suprema Corte lo riteneva fondato poiché l’accordo, intercorso fra le parti, non contemplava il beneficio di cui all’art. 163 cod. pen..

Di conseguenza, la sentenza impugnata era annullata senza rinvio, limitatamente alla concessione della sospensione condizionale della pena che, a sua volta era eliminata, in conformità a quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di patteggiamento, la sospensione condizionale della pena può essere concessa, in forza del rapporto negoziale che legittima la sentenza, soltanto se faccia parte integrante dell’accordo o se la questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice, in quanto la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto ed il beneficio non può essere accordato d’ufficio (Sez. 2, n. 42973 del 13/06/2019; in senso conforme, tra le molte, Sez. 4, n. 34352 del 13/05/2003; Sez. 5, n. 4121 del 23/06/1998; Sez. 6, n. 7109 del 09/06/1997; Sez. 4, n. 4030 del 06/12/1995).

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando la sospensione condizionale della pena può ritenersi concessa in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso e consolidato orientamento nomofilattico, che, per l’appunto in tema di patteggiamento, la sospensione condizionale della pena può essere concessa, in forza del rapporto negoziale che legittima la sentenza, soltanto se faccia parte integrante dell’accordo o se la questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice, in quanto la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto ed il beneficio non può essere accordato d’ufficio.

Ove quindi si verifichi una di queste situazioni, e, nonostante ciò, sia concesso siffatto beneficio, ben può un provvedimento che lo riconosca, come avvenuto in questa occasione, essere dichiarato illegittimo da parte della Corte di Cassazione.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

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