Patteggiamento e D.lgs. n. 74 del 2000

Approfondimento sul patteggiamento e d.lgs. n. 74/2000 in relazione alla sentenza n. 38648/2018 della Corte di Cassazione.

Per avere un quadro unitario delle diverse novità normative che si sono susseguite nel tempo si consiglia il seguente volume: Le riforme della giustizia penale

Indice

1. Il patteggiamento: l’art. 444 c.p.p.

1. L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una ((pena)) sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. ((L’imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato.))
1-bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, nonché 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l’ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, ((le determinazioni in merito alla confisca)), nonché ((congrue le pene indicate,)), ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti.
Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3. Si applica l’articolo 537-bis.
3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta.
3-bis. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale, la parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie.
In questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta.
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Le Riforme della Giustizia penale

In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

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2. La differenza tra i reati dichiarativi ed i reati omissivi

Al fine di comprendere i presupposti applicativi del cd. “patteggiamento ai delitti tributari, si rende necessario operare una preliminare distinzione tra reati tributari dichiarativi e reati tributari omissivi. Nel primo nucleo rientrano la  dichiarazione fraudolenta, la dichiarazione infedele e la dichiarazione omessa; nel secondo nucleo, invece, rientrano di pieno diritto l’art.10 bis riferito all’omesso versamento di ritenute certificate; l’art.10 ter, riferito all’omesso versamento IVA; l’art.10 quater riferito all’indebita compensazione.

3. Segue: l’accesso al patteggiamento nella prima e seconda ipotesi

Ciò premesso, occorre chiarire quando, in relazione ai su indicati reati, vi sia la possibilità di accedere al patteggiamento. Ebbene, i rapporti tra “norma tributaria” e “norma di procedura penale” passano attraverso l’art. 13 bis del d.lgs. n. 74 del 2000.
La norma, testualmente, così recita:
Art. 13-bis  (Circostanze del reato) d.lgs. n. 74 del 2000
1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
2. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.
4. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
5. La disposizione di cui all‘art.13-bis, comma 2, del d.lgs. 10.3.2000 n.74, come inserito dall‘art.12 del d.lgs. 24.9.2015 n.158, che introduce condizioni all’accesso al “patteggiamento” per i reati tributari, subordinando tale accesso all’integrale pagamento del debito tributario o al ravvedimento operoso, è senz’altro applicabile al reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta…), a differenza di quanto invece previsto per il reato di cui all’articolo 10-ter dello stesso decreto legislativo (omesso versamento dell’Iva).

4. Segue ancora: i passaggi salienti della sentenza della Corte di Cassazione n. 38684 del 2018

Chiarito il dato normativo, appare opportuno esaminare alcuni passaggi della sentenza prescelta.
·      Premessa:
“[…] Con un unico motivo di ricorso [il ricorrente] lamenta le “illegalità della pena inflitta ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n.74 del 2000” giacché tale norma escluderebbe la possibilità di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i delitti previsti da detto decreto se non previo pagamento integrale del debito tributario e avvenuto ravvedimento operoso, circostanze sulle quali, invece, nulla il provvedimento impugnato avrebbe detto, sì da non potersi le stesse ritenere essersi verificate […]”.
Traducendo quanto esposto in parole più lineari, l’applicazione della pena (e, conseguentemente, il patteggiamento ex art. 444 c.p.p.) è esclusa solo in ipotesi di pagamento integrale del debito tributario e/o ravvedimento operoso.
Conseguentemente, se manca il pagamento integrale di quanto dovuto, si può procedere al patteggiamento.
·      Proseguiamo.
Coerentemente con quanto appena chiarito e con la sola aggiunta dei dettagli normativi,“[…] i reati di cui agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater comma 1, non [sono] punibili [dunque, nessun patteggiamento] se “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito dell[a] special[e] procedur[a] conciliativ[a] e di adesione all’accertamento prevista dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”.
Proprio tale coesistenza significa infatti che, rappresentando il pagamento del debito tributario [il quale deve essere effettuato categoricamente entro la data di dichiarazione di apertura del dibattimento] […] causa di non punibilità dei reati ex artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, lo stesso non può logicamente, allo stesso tempo, per queste stesse ipotesi, fungere anche da presupposto di legittimità di applicazione della pena che, fisiologicamente, non potrebbe certo riguardare reati non punibili.
Sicché, in altri termini, O L’IMPUTATO PROVVEDE, ENTRO L’APERTURA DEL DIBATTIMENTO, AL PAGAMENTO DEL DEBITO, in tal modo ottenendo la declaratoria di assoluzione per non punibilità di uno dei reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, OVVERO NON PROVVEDE AD ALCUN PAGAMENTO, restando in tal modo logicamente del tutto impregiudicata la possibilità di richiedere ed ottenere l’applicazione della pena per i medesimi reati e tale alternativa è, a ben vedere, implicitamente condensata nella clausola di salvezza contenuta, come appena detto sopra, nella parte finale dell’art. 13 bis laddove in particolare, lo stesso richiama il contenuto dell’art. 13 comma 1 cit. […]”.

5. La quantificazione dell’imposta alla luce della Corte di Cassazione, sentenza n. 471 del 2022

Ai fini della quantificazione del debito tributario (provando, da un lato, a completare il percorso precedente, dall’altro ad inserire nuove e più ampie nozioni di diritto tributario a mo’ di digressione) occorre soffermare l’attenzione sulla differenza tra operazioni soggettivamente inesistenti ed operazioni “oggettivamente inesistenti.
·      “[Più precisamente] ci troviamo in presenza di operazioni “solo” soggettivamente inesistenti perché l’indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è infatti circostanza indifferente ai fini dell’iva, dal momento che la qualità dei venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, conseguentemente, sull’entità dell’imposta che l’acquirente può legittimamente detrarre, fondandosi il sistema dell’Iva sul presupposto che tale imposta sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili, non entrando nel conteggio del dare ed avere ai fini Iva le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, per cui esporre dati fittizi anche solo soggettivamente significa creare le premesse per un rimborso al quale non si ha diritto […]”;
·      “[…] Per le imposte dirette, invece, assume rilievo la sola inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti. Tanto implica che i costi realmente sostenuti devono essere considerati ai fini dell’accertamento del reato di cui alla lett. b) dell’art. 4 d.lgs. n. 74/2000. Ciò ha fatto, tuttavia, senza dare conto delle emergenze probatorie in base alle quali ha affermato che tutti i costi erano fittizi, nonostante il tema fosse stato specificamente devoluto sia con il motivo che lamentava la mancata analisi delle varie voci di costo sia con quello che censurava l’entità della pena inflitta sul presupposto che si sarebbe trattato di fittizietà soggettiva e non di fittizietà oggettiva […]”.
La distinzione, come si è avuto modo di capire, non è di poco momento e ben si collega con la tematica della estinzione integrale o parziale del debito tributario. Un errore di qualificazione della tipologia di inesistenza riscontrata produce come conseguenza una difficoltà applicativa della causa di non punibilità. L’incertezza dell’ammontare, conseguentemente, aumenta le probabilità di accesso al patteggiamento ex art. 444 c.p.p.

6. Conclusioni

In conclusione, si può osservare come la disciplina offerta dal d.lgs. 74 del 2000 (come un po’ tutto il nucleo del diritto tributario e penale tributario, talmente lacunoso da aver introdotto una scriminante) sia poco chiara e di non immediata applicazione. La dottrina e la giurisprudenza devono certamente essere sempre chiamate a fare la loro parte. Pur tuttavia, l’inserimento di una nuova disposizione più chiara sarebbe auspicabile. Sarebbe, più nel dettaglio, opportuno specificare la portata dell’art. 444 c.p.p. in relazione ai delitti tributari omissivi, i più esposti al rischio di difficoltà interpretativa che, conseguentemente, genera il sovraccarico di attività giurisdizionale (in contrasto con le esigenze di suo snellimento e velocizzazione).

Micaela Lopinto

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