Patto di riduzione del canone di locazione e mezzi di prova

La registrazione non è l’unico mezzo di prova a disposizione del contribuente per dimostrare l’esistenza di un patto di riduzione del canone di locazione.

Riferimenti normativi: art. 2704 c.c.

Precedenti giurisprudenziali: CTP – Treviso, Sez. 1, Sentenza n. 145 del 12/11/2020

Indice:

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

La vicenda

La vicenda cominciava quando l’Agenzia delle Entrate faceva pervenire ad un contribuente avviso di accertamento IRPEF al fine di procedere al recupero a tassazione del canone per la locazione di pareti per finalità pubblicitarie. Il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, facendo presente che con un patto modificativo del canone di locazione aveva ridotto del 70% il canone originariamente stabilito a carico della società conduttrice. L’Ufficio si costituiva in giudizio rilevando che il patto modificativo non era opponibile nei suoi confronti in quanto non registrato e non avente data certa.  La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso del locatore; al contrario la Commissione tributaria regionale dava ragione al contribuente; secondo i giudici tributari la scrittura privata con la quale era stato ridotto il canone locativo, seppure non registrata, non era priva di valenza probatoria potendo essere liberamente valutata unitamente ad ulteriori elementi di prova. In ogni caso rilevava che dalla documentazione bancaria prodotta si evinceva il versamento da parte della locataria in favore della contribuente di una somma corrispondente al canone così come ridotto a seguito del patto modificativo e che, pertanto, il reddito soggetto a tassazione corrispondeva a tale minore importo. L’Agenzia delle Entrate ricorreva in cassazione, sostenendo che la scrittura privata contenente il patto di riduzione del canone era opponibile al Fisco, solo in caso di registrazione; in caso contrario non avrebbe acquisito data certa.

La questione

La registrazione del patto modificativo costituisce un obbligo fiscale posto a carico del contribuente? È possibile ricorrere ad altri mezzi di prova?

La soluzione

La Cassazione ha dato ragione al contribuente. Secondo i giudici supremi infatti il perfezionamento dell’accordo di riduzione del canone può determinare, di fatto, la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro (come pure ai fini delle imposte dirette), e conseguentemente, la corresponsione di una minore imposta. Di conseguenza può rispondere ad esigenze probatorie la necessità di attribuire all’atto di modifica contrattuale la data certa di fronte ai terzi; ciò può avvenire attraverso la registrazione del patto in questione, registrazione che, come sottolineano i giudici supremi, non costituisce però un obbligo fiscale posto a carico del contribuente, ma un utile mezzo per agevolare la prova da parte del locatore della intervenuta riduzione del canone, senza tuttavia che possa escludersi a tal fine l’utilizzo di altri mezzi di prova. Del resto, la Cassazione ha ricordato che l’art. 2704 c.c. consente di desumere la data certa della scrittura rispetto ai terzi, oltre che dalla registrazione e dalle altre situazioni tipiche contemplate dalla norma, anche dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.

Le riflessioni conclusive

Nell’ambito di un rapporto di locazione è possibile che le parti si accordino per una riduzione consensuale del canone. In altre parole, non si può escludere che il conduttore chieda al locatore di ridurre il canone di locazione (per esempio, in considerazione di difficoltà economiche), ed il locatore, intenzionato ad accogliere tale richiesta, formalizzi l’accordo di riduzione del canone. In tal caso, viene modificato l’originario contratto stipulato, con definizione di una riduzione del canone di locazione (mentre, l’opposto accordo di aumento del canone sarebbe nullo ex art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998).

Le sole variazioni di misura del canone (come, l’accordo di riduzione del canone) non sono infatti di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione o di modalità non rilevanti ai fini della configurabilità di una novazione (Cass. civ., Sez. III, 09/04/2003, n. 5576). Secondo l’Agenzia delle Entrate deve ritenersi che, fatta salva l’ipotesi in cui il predetto accordo di riduzione del canone venga formalizzato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, non sussista in capo ai contraenti l’obbligo di comunicare all’Amministrazione finanziaria la modifica contrattuale intervenuta (risoluzione n. 60/E del 28 giugno 2010). Si fa presente, tuttavia, che il perfezionamento dell’accordo di riduzione del canone può determinare, di fatto, la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro (come pure ai fini delle imposte dirette), e conseguentemente, la corresponsione di una minore imposta. La prova di tale accordo è certamente opportuna e può essere data non solo attraverso la registrazione (che non è obbligatoria) ma anche altri mezzi di prova.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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