Pedopornografia, è reato anche il possesso di immagini virtuali

Alesso Ileana 22/09/17
Per il reato di pedopornografia è irrilevante che si tratti di minori “virtuali”. È reato anche il possesso di immagini virtuali che coinvolgano o rappresentino minori che subiscono pratiche ed atti sessuali.

Corte di Cassazione, Sezione III penale 9 maggio 2017, n.22265.

Un uomo viene condannato dal Giudice per le Indagini Preliminari di Brescia perché nel suo computer sono stati rinvenuti migliaia di files con immagini di pornografia virtuale, disegni o fumetti, che ritraggono minorenni intenti a subire pratiche ed atti sessuali.

La sentenza viene impugnata alla Corte di Appello di Brescia che assolve l’imputato poiché a suo parere le immagini non ritraggono minorenni reali e non hanno una qualità tecnica tale da dare l’apparenza di una situazione autentica, così da essere scambiata per una fotografia.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Brescia impugna la sentenza in Cassazione chiedendone l’annullamento poiché ritiene irrilevante, ai fini della esistenza del  reato di pedopornografia, che si tratti di minori virtuali piuttosto che di minori reali.

 

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La Corte di Cassazione dà ragione al Procuratore Generale ed esaminata la questione, osserva quanto segue:

1) le norme sulla pedopornografia non tutelano esclusivamente la libertà sessuale del soggetto minore concretamente raffigurato. Tutelano l’intangibilità della personalità dei minori nel rispetto dei tempi e dei modi del loro sviluppo;

2) la nozione di immagine del minore impegnato in attività sessuali comprende non soltanto la riproduzione dello stesso in una situazione di “fisicità pornografica” ma anche disegni, pitture e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l’idea che l’oggetto della rappresentazione pornografiche sia un minore;

3) possono quindi considerarsi immagini pedopornografiche virtuali le riproduzioni artificiali frutto della tecnologia grafica e della fantasia sessuale dell’autore;

4) il reato di pedopornografia virtuale, sanzionato dal nostro codice penale, è un crimine di natura informatica sia perché il materiale illecito è realizzato per mezzo di tecnologie informatiche e sia perché i comportamenti, ivi compresa anche la semplice detenzione, sono ottenute non già acquistando in edicola un fumetto pedopornografico ma attraverso l’uso delle nuove forme di condivisione via internet di files-immagine o video-files.

 

La Corte di Cassazione, quindi, chiarendo il significato da attribuire alla nozione di immagine virtuale pedopornografica, sottolinea inoltre che la qualità di rappresentazione deve essere tale da far apparire come accadute o realizzabili nella realtà e, quindi, “vere”, o verosimili, situazioni virtuali, frutto di immaginazione di attività sessuali coinvolgenti minori.

Alesso Ileana

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