La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24586 del 21 giugno 2024, ha chiarito che, in tema di pene sostitutive, il giudizio sulla base del potere discrezionale del giudice, se adeguatamente motivato, sfugge al giudizio di legittimità.
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Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Cremona (in esito a giudizio abbreviato) con la quale l’imputato è stato dichiarato colpevole della detenzione a fini di cessione di 1, 58 grammi lordi di hashish, ritenendo, dunque, l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 con conseguente condanna alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 800 di multa.
Nello specifico, l’imputato, mentre era in regime di detenzione domiciliare per altra causa, contattava i Vigili del fuoco per la messa in sicurezza di una finestra del vano scala di un edificio e, al termine dei lavori, “ritenendo di doversi sdebitare“, aveva offerto al caposquadra lo stupefacente prelevato da un barattolo di plastica che conservava nel soggiorno di casa.
La richiesta di sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità veniva disattesa avuto riguardo alla “pessima biografia penale” dell’imputato (anche con precedenti specifici e con una condanna per il reato di evasione) ed alla violazione della misura alternativa in corso di esecuzione al momento dei fatti.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione con il quale è stato dedotto vizio di motivazione in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva con quella dei lavori di pubblica utilità.
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Stupefacenti – Manuale pratico operativo
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2. Pene sostitutive e discrezionalità del giudice: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel ritenere inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza del motivo addotto, osserva che la motivazione dei giudici di appello è immune da censure: questi hanno, infatti, affermato che la pena sostitutiva non avrebbe assicurato il rispetto delle relative prescrizioni, né una prognosi positiva circa i futuri comportamenti del ricorrente in considerazione della spregiudicatezza mostrata dall’imputato.
Pur a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) si è ribadito che “il giudice, nel valutare la richiesta di pena sostitutiva, è vincolato nell’esercizio del suo potere discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità“.
Lo stesso art. 133 cod. pen. esclude, comunque, che la pena detentiva possa essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.
Inoltre, recente giurisprudenza ha sancito che “l’applicazione delle pene sostitutive non solo è incompatibile con il pericolo di recidiva, ma costituisce la specifica modalità prescelta dal legislatore per arginarlo al meglio, sia pure in un’ottica che si proietta necessariamente dopo il completamento del percorso rieducativo conseguente all’applicazione“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha affermato che il ricorso non si confronta compiutamente con gli elementi di fatto valutati dalla Corte di appello, consistenti nell’offerta dello stupefacente a dei vigili del fuoco nonostante la contestuale sottoposizione alla detenzione domiciliare e nel mancato effetto deterrente delle precedenti condanne.
Per questi la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
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