Pensione quota 100: le novità introdotte

Erica Ferrini 26/02/19
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Il Decreto Legge n. 4/2019, insieme all’introduzione del reddito di cittadinanza, ha previsto numerose novità in tema di pensionamento anticipato, in particolare la possibilità di accedere al pensionamento con il raggiungimento della cosiddetta “quota 100”: sommando l’età anagrafica (che non deve comunque essere inferiore ai 62 anni) e l’età contributiva (che deve essere di almeno 38 anni) deve risultare un numero non inferiore a 100 per poter accedere al pensionamento. Tuttavia, accanto a questa, che è sicuramente la novità più “famosa” introdotta in tema di pensioni ve ne sono altre, sicuramente interessanti. Vediamole insieme.

La quota 100

Il legislatore precisa subito che si tratta di una misura sperimentale valevole per il triennio 2019 – 2021 e riguarda tutti coloro che sono iscritti all’INPS nonché a ad altre forme di gestione separata. Pertanto, avranno la possibilità di accedervi tutti coloro che raggiungeranno i requisiti entro il 2021. Come già anticipato, per quota 100 si intende la somma, che deve essere appunto almeno pari a 100, tra l’età anagrafica, che non può essere inferiore ai 62 anni e l’età contributiva, che non può essere inferiore ai 38 anni.

Sono inoltre abrogate le disposizioni che prevedevano l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita. Al fine del raggiungimento dei requisiti è possibile cumulare i periodi assicurativi maturati con diverse forme pensionistiche.

Il legislatore, probabilmente per avere il tempo di gestire le varie attività organizzative connesse all’attuazione delle presenti disposizioni, prevede inoltre un paletto temporale per gli aspiranti pensionati: coloro che hanno raggiunto la quota 100 entro il 31.12.2008 potranno presentare domanda solo dopo il 01 aprile 2019, mentre coloro che maturano i requisiti durante il 2019 potranno avanzare la domanda soltanto dopo tre mesi decorrenti dalla data di maturazione dei requisiti.

I dipendenti delle pubbliche amministrazioni

Nel rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, che potrebbe venire compromesso da un pensionamento in massa dei dipendenti di un determinato ente pubblico, con conseguenti carenze di personale e malfunzionamento degli uffici, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni che hanno maturato i requisiti ed intendano accedere al pensionamento devono darne comunicazione con un preavviso di almeno sei mesi. Sono inoltre maggiori, rispetto a quelli previsti per i dipendenti privati, i paletti temporali per poter presentare la richiesta: coloro che hanno raggiunto i requisiti al 31.12.2018 non potranno presentare domanda fino al 01 luglio 2019, mentre coloro che raggiungono i requisiti durante il 2019 potranno avanzare domanda soltanto dopo sei mesi decorrenti dalla data di maturazione dei requisiti. Infine, i dipendenti pubblici non potranno percepire il TFR loro spettante finché non avranno maturato i requisiti previsti per il pensionamento antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto, contrariamente ai dipendenti  del settore privato, che maturano il diritto al TFR alla cessazione del rapporto lavorativo.

Per quel che riguarda gli insegnanti, potranno presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio dell’anno scolastico o accademico.

Il pensionamento anticipato indipendentemente dall’eta’ anagrafica

Indipendentemente dall’età anagrafica, maturano il diritto al pensionamento i lavoratori con un’anzianità contributiva pari rispettivamente a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Analogamente a quanto già previsto per la quota 100, la domanda potrà essere avanzata dopo tre mesi decorrenti dalla data di maturazione dei requisiti, in ogni caso, non potranno essere presentate prima del 01 aprile 2019

L’opzione donna

Uno “sconto” è previsto per le donne che, secondo L’opzione donna, trattata all’articolo 16, potranno accedere al pensionamento anticipato, sempre che abbiano raggiunto i  35 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 2018 le lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1960 e lavoratrici autonome nate entro il 31 dicembre 1959. Non si può sottacere come questa norma appaia quantomeno incongrua, sia per quel che riguarda la scelta di penalizzare le lavoratrici autonome rispetto alle lavoratrici dipendenti, sia per la limitazione del raggiungimento del requisito di anzianità contributiva ad una data antecedente all’entrata in vigore del presente decreto legge, ovvero al 31.12.2018. Difatti, trattandosi di misure sperimentali riguardanti il triennio 2019 – 2021, sarebbe stato più corretto posticipare il raggiungimento il limite per il raggiungimento del requisito al 31.12.2021.

La pace contributiva

L’articolo 20 prevede la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, fino a 5 anni di anzianità contributiva, anche non continuativi ma comunque ricompresi tra la data del primo e quello dell’ultimo contributo versato. Ma attenzione, perché questa possibilità è riservata solamente ai lavoratori privi di anzianità contributiva al 31.12.1995. Il legislatore è severo su questo limite, tanto da prevedere l’annullamento d’ufficio del riscatto già effettuato  qualora venga acquisita successivamente l’anzianità contributiva per periodo antecedenti al 01 gennaio 1996.  Il pagamento può anche essere dilazionato in rate mensili, fino ad un massimo di 60 di almeno € 30,00 ciascuna e vi può provvedere anche il datore di lavoro, mediante la destinazione, a tale scopo, dei premi di produzione.

Non si può non sottolineare come il limite dell’assenza di anzianità contributiva al 31.12.1995 è di fatto inutile ai fini del raggiungimento del pensionamento anticipato in termini brevi, in quanto si tratta di soggetti che, al massimo, ad oggi hanno raggiunto i 24 anni di anzianità contributiva. Consentire loro di riscattare  fino a 5 anni li avvicina indubbiamente al pensionamento, ma non potranno comunque usufruirne nel triennio 2019 – 2021. E’ evidente che si tratta di una previsione volta non tanto ad agevolare il pensionamento anticipato, quanto a rimpinguare le casse dell’INPS, così da poter sostenere gli oneri che prevede a suo carico il presente decreto.

L’assegno straordinario a carico dei fondi di solidarieta’ bilaterali

E’ necessario innanzitutto precisare che cosa sono i fondi di solidarietà bilaterali, terminologia forse non a tutti familiare: istituiti con la L. 92/2012 e poi parzialmente modificata D.Lgs 148/2015, si tratta di fondi attivati presso l’INPS su iniziativa delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali a seguito di un apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Sono obbligatori per le imprese che occupano più di 5 dipendenti in tutti i settori nei quali non si applicano le disposizioni in materia di integrazione salariale e hanno la finalità di assicurare a tutti i lavoratori una tutela in costanza del rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di Cassa Integrazione Ordinaria e Straordinaria. Possono altresì avere la finalità di assicurare ai lavoratori prestazioni integrative rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro; contribuire al finanziamento di programmi formativi dell’Unione Europea

Infine, possono erogare assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni, ed è proprio quest’ultima finalità che viene presa in considerazione dal D.L 4/2019 il quale, all’articolo 22 prevede proprio la possibilità che i fondi di solidarietà bilaterali eroghino assegni straordinari a sostegno del reddito dei lavoratori che raggiungano i requisiti per l’accesso alla pensione quota 100 nei successivi tre anni, possibilità tuttavia subordinata al raggiungimento di accordi collettivi a livello aziendale o territoriale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

Considerazioni conclusive

Esaminando il testo legislativo in questione non si può non muovere una critica alla tecnica redazionale utilizzata dal legislatore: il testo risulta infatti di difficile comprensione a causa dell’uso eccessivo di rimandi ad altre normative anche in casi non necessari. Ad oggi il decreto risulta incompleto, vi sono infatti delle parti lasciate “in bianco”, da completare probabilmente in sede di conversione.

Si deve precisare che il D.L. 4/2019 non prevede alcunché in merito all’entità dell’assegno pensionistico, argomento molto dibattuto e che sicuramente preoccupa molti lavoratori che sono o entreranno entro il 2021 in possesso dei requisiti per poter esercitare l’opzione per il pensionamento anticipato secondo la quota 100, su cui tuttavia ad oggi non vi è ancora nulla di certo. Il D.L. è tutt’ora all’esame delle Camere per la sua conversione in Legge entro 60 giorni e sono stati presentati già molti emendamenti, è quindi molto probabile che, qualora convertito in Legge, presenti modifiche anche significative rispetto al testo originario qui analizzato.

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