Può una società strumentale, partecipata da un ente locale e da soci privati, divenire affidataria di servizi pubblici locali?
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la Sentenza n. 77 del 11/01/2011, ha risposto affermativamente, sancendo il principio che anche una società, partecipata da amministrazioni locali per la produzione di beni e servizi strumentali alle finalità istituzionali dell’ente di riferimento, possa divenire legittimamente affidataria di un servizio pubblico locale.
Nel caso in cui lo Statuto della società consenta di gestire non solamente attività e servizi strumentali, ma anche servizi pubblici locali non trova, pertanto, applicazione il divieto di cui all’art. 13 comma 1 del D.L. 04/07/06 n. 223, convertito nella L. n. 248/06.
A questa soluzione il Consiglio di Stato è pervenuto rilevando le differenze esistenti tra le società strumentali e quelle miste.
Il fenomeno delle società miste rientra nel concetto di partenariato pubblico privato (PPP), la cui codificazione risale al “libro verde” della Commissione CE relativo al PPP e al diritto comunitario degli appalti e delle concessioni.
Nel “libro verde” del 30 aprile 2004, il termine PPP si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”.
Il ricorso a capitali privati costituisce un aspetto essenziale del compito di garantire un’azione amministrativa efficiente, efficace ed improntata a criteri di economicità.
L’acquisizione del patrimonio di conoscenze tecniche e scientifiche maturate dal privato rappresenta un arricchimento del know-how pubblico, oltre che un possibile alleggerimento degli oneri economico-finanziari che le pubbliche amministrazioni devono sopportare per l’erogazione di servizi o la realizzazione di opere pubbliche.
In quest’ottica, la società mista, come espressione del PPP di tipo istituzionalizzato, implica una cooperazione tra il settore pubblico e quello privato nell’ambito di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, la quale ha la “missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico.
La società strumentale, a capitale interamente pubblico o con quote di partecipazione detenute da privati, è caratterizzata dall’essere stata costituita o partecipata dalle amministrazioni regionali o locali per la produzione di beni e servizi strumentali alle loro attività istituzionali.
Siamo in presenza di organismi che operano a supporto diretto ed immediato di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui gli enti locali di riferimento restano titolari per il perseguimento dei propri fini istituzionali.
In linea generale, tali società non svolgono attività in favore della collettività, ma nei confronti dell’ente locale che le partecipa, al fine di coadiuvarlo nello svolgimento dei compiti e delle funzioni che istituzionalmente esso è chiamato a realizzare.
L’attività delle società strumentali è stata notevolmente limitata per effetto del citato art. 13 del D.L. n. 223/06, il quale ha imposto loro il cosiddetto obbligo di oggetto sociale esclusivo.
La norma ha stabilito il divieto, a pena di nullità dei contratti stipulati, di effettuare prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati sia mediante in affidamento diretto, sia con gara, nonché il divieto di partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale.
L’obiettivo della disposizione è chiaramente quello di rendere obbligatoria l’esclusività del rapporto fra l’ente locale e la società, impedendo che essa possa giovarsi della posizione di vantaggio goduta sugli altri operatori economici per porre in essere condotte contrarie ai principi della concorrenza.
Alla luce di tali differenze di natura e di scopo, il Consiglio di Stato con la Sentenza in commento ha statuito che “le società miste che svolgono servizi pubblici locali non devono necessariamente avere un oggetto sociale esclusivo e limitato soltanto allo svolgimento di detti servizi”.
Tale principio legittima le società miste a svolgere non solo servizi pubblici locali nel rispetto delle modalità d’affidamento dettate dall’art. 23 bis del D.L. n. 112/08, ma anche a poter erogare servizi strumentali in favore di amministrazioni regionali o locali che ne detengano quote di partecipazione.
Rimane aperto, tuttavia, il problema della compatibilità di questo principio con l’obbligo di oggetto sociale esclusivo previsto dall’art. 13 commi 1-2 del D.L. n. 223/06 e soprattutto con il disposto del comma 3 del citato art. 13.
Quest’ultima disposizione, infatti, obbliga le società strumentali a cessare entro quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite.
Il Legislatore ha voluto disegnare per le società strumentali un quadro normativo molto rigido, limitando il loro campo di attività al solo settore per cui sono state costituite, vincolandole ad intrattenere rapporti negoziali solamente con gli enti locali soci ed, infine, imponendo la cessione di tutte le attività non compatibili rispetto al dettato normativo.
Il Consiglio di Stato, invece, è intervenuto per ampliare il raggio d’azione delle società strumentali, consentendo loro di superare tutti i divieti ed i limiti imposti dall’art. 13 del D.L. n. 223/06, purché lo Statuto preveda la possibilità di svolgere sia servizi strumentali che servizi pubblici locali.
A fronte dell’autorevole posizione dei giudici di Palazzo Spada, rimangono, tuttavia, dei dubbi sulla compatibilità di quest’orientamento con lo spirito degli interventi normativi, volti chiaramente a distinguere nettamente l’attività ed il quadro giuridico delle società strumentali rispetto a quelli delle società che gestiscono servizi pubblici locali.
In secondo luogo, ci si domanda se dopo la chiara disciplina dell’art. 13 del D.L. n. 223/06 sia ancora possibile che lo Statuto di una società possa prevedere come proprio oggetto sociale lo svolgimento sia di servizi pubblici locali che di servizi strumentali.
La diversità ontologica esistente tra servizi pubblici locali e servizi strumentali e la netta differenziazione dei quadri normativi di riferimento farebbe propendere per il divieto per una società di svolgere entrambe le tipologie di servizi.
Il Consiglio di Stato, invece, si è mosso in senso contrario.
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