(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 650)
Il fatto
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condannava gli imputati alla pena di Euro 136,00 ciascuno, ritenendoli responsabili del reato di cui all’art. 650 c.p., per non avere osservato, senza giustificato motivo, il provvedimento legalmente emesso dall’autorità per ragioni di giustizia che intimava loro di presentarsi ad una Stazione dei Carabinieri affinché fossero sentiti come persone informate dei fatti nell’ambito di un procedimento penale in corso.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Proponevano congiuntamente ricorso per cassazione i predetti imputati, tramite il comune difensore, svolgendo doglianze affidate a tre motivi così formulati: 1) violazione dell’art. 650 c.p. sul rilievo che il provvedimento, che sarebbe stato violato, non era stato legalmente emesso mancando di motivazione idonea a consentire la verifica della sua legittimità; 2) violazione di legge in ragione della mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. in quanto, pur trattandosi di un comportamento non abituale e di modesta offensività, il fatto era attribuito a incensurati aventi una personalità non incline a commettere reati; 3) violazione di legge e vizi della motivazione non essendo state adeguatamente spiegate le ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena nonostante la sussistenza di molteplici elementi idonei a giustificare entrambi detti benefici.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il primo motivo, ritenuto assorbente rispetto agli altri, veniva stimato fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito che, se è vero che la contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p. certamente può essere integrata dall’inottemperanza, senza giustificato motivo, all’invito a presentarsi alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero ai fini dell’assunzione di sommarie informazioni nell’ambito di un procedimento penale posto che, in tal caso, non potendo la polizia giudiziaria procedere all’accompagnamento coattivo della persona alla quale è rivolto l’invito, la disposizione incriminatrice di cui al citato art. 650 viene ad assolvere alla sua imprescindibile funzione sussidiaria derivante dall’assenza di altri rimedi e sanzioni in caso di ingiustificata inottemperanza dell’ordine legalmente dato per “ragione di giustizia” (Sez. 1, n. 6595 del 07/01/2016), è altrettanto vero però che il provvedimento dell’autorità in ogni caso deve presentare i requisiti di legittimità che possano farlo ritenere “legalmente dato“, per le ragioni indicate nella norma, nei confronti di un certo soggetto individuabile come colui che è tenuto a osservarlo e sotto questo aspetto vengono in evidenza solo le indicazioni enunciate nell’invito nel senso che ci si deve cioè riferire al suo intrinseco contenuto che rappresenta la legittimità dell’atto cosicché rimangono irrilevanti le esplicitazioni solo verbali di natura informale che eventualmente accompagnino l’operato dell’autorità procedente.
Ciò posto, per quanto concerne in particolare l’invito a presentarsi rivolto alla persona informata dei fatti per essere sentita dalla polizia giudiziaria in un procedimento penale, secondo il Supremo Consesso, non può ritenersi legittima – e pertanto non può comunque far ravvisare l’integrazione del reato di cui trattasi nel caso dell’inottemperanza – una comunicazione che si limiti a riportare espressioni assolutamente generiche, quanto alle ragioni della convocazione, così come avviene quando si fa esclusiva menzione dei “motivi di giustizia“ (Sez. 1, n. 555 del 16/11/2011) mentre, per contro, deve essere almeno indicato che l’invito è rivolto all’assunzione delle informazioni da parte della polizia giudiziaria che così adempie alle funzioni demandategli dal codice di rito fermo restando che tale minimo obbligo di motivazione risulta già in grado di assolvere alla funzione – che condiziona intrinsecamente la legittimità dell’atto – di fare comprendere che l’interessato ha l’obbligo di presentarsi in ottemperanza a un provvedimento “legalmente dato“.
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come il provvedimento non presentasse i requisiti summenzionati avuto riguardo al suo contenuto limitandosi a richiamare in modo assolutamente generico le “ragioni di giustizia” così da non potere rappresentare l’oggetto dell’invito e, dunque, i motivi dell’obbligatorietà dell’ottemperanza, rimanendo peraltro irrilevante ogni possibile esplicitazione solo verbale in quanto estranea agli imprescindibili requisiti formali dell’atto.
Non potevano, dunque, secondo gli Ermellini, ricorrere le condizioni dell’inottemperanza a un provvedimento legalmente dato richieste per l’integrazione del reato contestato.
Tal che se ne faceva discendere l’annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), non risultando necessarie ulteriori verifiche ai fini della pronunzia di assoluzione.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui si spiega, per la sussistenza del reato previsto dall’art. 650 c.p., quando un provvedimento dell’autorità può ritenersi legalmente dato per ragioni di giustizia nel caso in cui l’invito a presentarsi è rivolto alla persona informata dei fatti per essere sentita dalla polizia giudiziaria in un procedimento penale.
Difatti, una volta postulato che il provvedimento dell’autorità in ogni caso deve presentare i requisiti di legittimità che possano farlo ritenere “legalmente dato“, per le ragioni indicate nella norma, nei confronti di un certo soggetto individuabile come colui che è tenuto a osservarlo e sotto questo aspetto vengono in evidenza solo le indicazioni enunciate nell’invito nel senso che ci si deve cioè riferire al suo intrinseco contenuto che rappresenta la legittimità dell’atto cosicché rimangono irrilevanti le esplicitazioni solo verbali di natura informale che eventualmente accompagnino l’operato dell’autorità procedente, in questa pronuncia, si afferma che, per quanto concerne in particolare l’invito a presentarsi rivolto alla persona informata dei fatti per essere sentita dalla polizia giudiziaria in un procedimento penale, non può ritenersi legittima – e pertanto non può comunque far ravvisare l’integrazione del reato di cui trattasi nel caso dell’inottemperanza – una comunicazione che si limiti a riportare espressioni assolutamente generiche, quanto alle ragioni della convocazione, così come avviene quando si fa esclusiva menzione dei “motivi di giustizia” mentre,per contro, deve essere almeno indicato che l’invito è rivolto all’assunzione delle informazioni da parte della polizia giudiziaria che così adempie alle funzioni demandategli dal codice di rito fermo restando che tale minimo obbligo di motivazione risulta già in grado di assolvere alla funzione – che condiziona intrinsecamente la legittimità dell’atto – di fare comprendere che l’interessato ha l’obbligo di presentarsi in ottemperanza a un provvedimento “legalmente dato“.
Tale pronuncia, pertanto, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare la sussistenza di questo reato ove si verifichi una situazione di tal genere.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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