riferimenti normativi: artt. 1117 bis c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 19939 del 14/11/2012; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17332 del 17/8/2011; Trib. Milano, Sentenza n. 2135 del 13/2/2014
La vicenda
L’amministratore di un condominio (costituito da alcuni fabbricati) chiedeva alla proprietaria di una casa unifamiliare vicina il pagamento delle spese di manutenzione di alcuni beni comuni ed in particolare di uno scivolo di accesso ai locali sotterranei e delle relative corsie di manovra.
La proprietaria della casa si rifiutava di pagare le spese all’amministratore, facendo presente di non appartenere al condominio.
L’amministratore otteneva però un decreto ingiuntivo per il pagamento delle predette spese nei confronti della vicina.
Quest’ultima si opponeva al decreto, contestando che lo scivolo di accesso al garage e cantina, posti al piano interrato, e le relative corsie di manovra (che la sua proprietà unifamiliare aveva in comune con le distinte unità abitative ricomprese nel condomino) fossero inidonee a giustificare la sua partecipazione al condominio e, conseguentemente, alle spese.
Tuttavia l’opposizione veniva respinta; la proprietaria però reagiva e proponeva appello, negando l’esistenza di un condominio e/o supercondominio, comprendente la sua proprietà; in ogni caso contestava, tra l’altro, il potere dell’amministratore di richiederle le spese e l’illegittimità della delibera assembleare sulla cui base si era domandato il decreto;
La Corte d’Appello respingeva l’impugnazione.
Secondo i giudici di secondo grado, per via della presenza di parti comuni destinate ad uso comune e legate da funzionale pertinenza, si potevano ravvisare gli estremi del supercondominio.
La proprietaria si rivolge alla cassazione ribadendo, in buona sostanza, l’inesistenza di un condominio o supercondominio in quanto la sua proprietà non poteva essere ricompresa nell’ambito né del condominio, né in quello del supercondominio, non essendo sufficiente la comproprietà con il caseggiato vicino dello scivolo di accesso al piano interrato e delle relative corsie di manovra.
La questione
Per la nascita di un supercondominio è necessario un atto costitutivo o è sufficiente che un caseggiato abbia in comune con una casa unifamiliare vicina uno scivolo di accesso al garage e cantina e le relative corsie di manovra?
La soluzione
La Cassazione ha dato torto all’amministratore ma con alcune precisazioni.
Qualora un caseggiato e una casa unifamiliare abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, appartenenti, pro quota, ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati, nasce automaticamente di fatto un supercondominio.
Tuttavia – come notano i giudici supremi – se è automatica la costituzione del
supercondominio, non lo è quella dei suoi organi, che dovranno regolarmente essere costituiti; in altre parole i condomini del caseggiato e la proprietaria della vicina casa unifamiliare avrebbero dovuto nominare un amministratore dei beni comuni (scivolo di accesso al piano interrato e delle relative corsie di manovra) per la gestione e la ripartizione dei costi secondo le specifiche tabelle millesimali del supercondominio.
In ogni caso solo l’amministratore del supercondominio avrebbe potuto chiedere le somme per la manutenzione dei beni comuni alla proprietaria della casa (ma non l’amministratore del condominio).
Secondo la Cassazione infatti il potere degli amministratori di ciascun condominio è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più fabbricati.
Le riflessioni conclusive
Il Supremo Collegio ha confermato la sentenza della Corte d’appello, ribadendo che ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio.
E’ quindi privo di pregio giuridico il ragionamento secondo cui il supercondominio, come accorpamento di due o più singoli condomini o edifici per la gestione di beni comuni (ferma l’autonomia amministrativa per i beni propri di ciascun distinto organismo), debba essere costituito attraverso atti notarili o deliberazioni degli enti che concorrono a formarlo.
Del resto, ai fini della esistenza del condominio, è sufficiente l’avvenuta costruzione di un edificio del quale siano proprietari più soggetti, con la conseguente applicabilità delle norme ad esso relative, costituendo la nomina dell’amministratore, l’approvazione del regolamento e la determinazione delle quote millesimali soltanto strumenti per la gestione degli interessi comuni e l’osservanza degli obblighi connessi al preesistente rapporto di comunione che di essi costituisce la fonte, salve eventuali modifiche o integrazioni pattizie (v., tra le altre, Cass. civ., Sez. VI, 24 marzo 2017, n. 7743; Cass. civ., Sez. II, 18 dicembre 2014 n. 26766).
Allo stesso modo un supercondominio nasce, di fatto, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che i singoli edifici di cui si compone, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 c.c.
In altre parole tale fattispecie legale si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, eccetera) in rapporto di accessorietà con fabbricati (così, Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n. 19558).
In particolare merita di essere sottolineato che, ai fini della configurabilità del supercondominio, non è indispensabile l’esistenza di beni o impianti comuni, essendo invece sufficiente l’esistenza soltanto di servizi comuni a più edifici (v., in proposito, Cass. civ., Sez. II, 19 settembre 2014, n. 19800).
Bisogna però considerare che l’esistenza della fattispecie in questione, costituendosi di fatto può essere escluso solo dal titolo, risultando irrilevanti le indicazioni provenienti dalla prima assemblea che dichiara di costituire un condominio o la titolazione che si ritrova nel regolamento condominiale (ad esempio, “Regolamento di condominio di via Roma 15”) perché entrambi queste indicazioni possono coesistere con l’esistenza di una struttura supercondominiale (v., in tal senso, Cass. civ., Sez. II, 14 novembre 2012, n. 19939).
In mancanza di indicazioni puntuali nel titolo, però, se i singoli edifici hanno, materialmente, in comune alcuni beni, impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 c.c., al supercondominio si applicano, in toto, le norme sul condominio, anziché quella sulla comunione.
Nel supercondominio i comunisti debbono però nominare un amministratore che assicuri la gestione dei beni, comuni a tutti i condomini dei vari condomini, in difetto di che può intervenire, a richiesta degli interessati, il provvedimento dell’autorità giudiziaria ex art. 1129, comma 1, secondo periodo, c.c. (Cass. civ., Sez. II, 31/01/2008, n. 2305).
E’ vero infatti se è automatica la costituzione del supercondominio, non lo è quella dei suoi organi, che dovranno regolarmente essere costituiti.
Del resto, gli insegnamenti della Suprema Corte (formatisi ancor prima dell’entrata in nel vigore della nuova disciplina di cui alla riforma operata dalla legge n. 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013) sono stati recepiti dal legislatore che, nella recente riforma della materia condominiale, ha introdotto il nuovo art. 1117 bis c.c., il quale prevede espressamente l’applicabilità delle norme del condominio degli edifici in tutti i casi in cui più edifici o unità immobiliari abbiano delle parti comuni.
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