Perdita capacità lavorative: come risarcire una casalinga?

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Con la sentenza numero 20922 del 18/07/2023 la III sezione della suprema Corte (Pres. Vincenti – relatore Porreca) chiarisce la modalità di risarcimento del danno patrimoniale della casalinga che, a causa delle lesioni subite non può attendere alle faccende domestiche, chiarendo anche la relativa legittimazione attiva.

Per approfondire si consiglia: Le tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale

Indice

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sentenza n. 20922 del 18 luglio 2023

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1. I fatti di causa e i giudizi di merito

Il giudizio trae origine da lesioni subite a causa di una insidia stradale, per quello che qui interessa, ad una donna di 35 anni, all’epoca dei fatti casalinga.
La donna agiva per ottenere il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, identificando i primi con la perdita della capacità lavorativa specifica afferente l’attività di casalinga che svolgeva per il suo nucleo familiare.
Le corti di merito condannavano sia in primo grado che in appello l’Ente proprietario della strada a risarcire i danni non patrimoniali all’attrice, oltre a quelli riflessi al coniuge e ai figli, rigettando la domanda tesa al risarcimento del danno patrimoniale.

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2. Il giudizio in Cassazione

Ricorreva per Cassazione sia la donna che il nucleo familiare, con ricorso fondato su molteplici motivi, ma che sarà esaminato limitatamente alla questione che qui interessa.
In particolare facciamo riferimento al quinto motivo di ricorso, formulato dalla sola donna, nel quale si denuncia l’omessa ovvero insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria motivazione su fatto discusso e decisivo, malgoverno della prova, violazione dell’art. 1223 c.c., comma 1, poichè, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che dall’istruttoria era risultato che la donna era divenuta completamente inabile al lavoro, e che la sua svolta attività domestica era patrimonialmente quantificabile facendo riferimento al contratto collettivo delle “collaboratrici familiari” se non al criterio del triplo della pensione sociale per l’ipotesi di cenestesi lavorativa da maggior usura.
La Corte accoglie il ricorso sulla scorta del seguente ragionamento.
La Cass. 19197/2018 ha affermato che “se viene accertata una perdita o riduzione della capacità lavorativa (generica), possono applicarsi – avuto riguardo al grado percentuale di invalidità permanente accertato in sede medico legale – le presunzioni intese a provare la esistenza di un danno patrimoniale – emergente e da lucro cessante – (cfr. Cass., 13/07/2010, n. 16392; Cass., 05/12/2014, n. 25726) determinato dall’impedimento o dalla riduzione dell’attività di lavoro domestico che il soggetto svolgeva – anche – a suo favore.”
Altresì, e in punto di legittimazione, si afferma sempre nelle suddette pronunce che se invece il lavoro domestico era svolto a titolo gratuito o in adempimento dei doveri di solidarietà familiare, a vantaggio di soggetti terzi, i danneggiati sono esclusivamente questi ultimi: Cass. 03/03/2005, n. 4657), trattandosi di attività suscettiva di valutazione economica (Cass., 09/02/2005, n. 2639; Cass., 18/11/2014, n. 24471), che trova fondamento negli artt. 4, 36 e 37 Cost. (cfr. Cass., 11/12/2000, n. 15580; Cass., 20/10/2005, n. 20324), e che potrà ricevere adeguato ristoro attraverso il criterio di liquidazione equitativa del danno, tenuto conto dei parametri forniti dal calcolo del reddito figurativo desunto dal contratto collettivo delle COLF (contratto collettivo di lavoro) ovvero del criterio legale del triplo della pensione sociale“.
Nel caso che occupa, quindi, il ricorso è accolto ma il Giudice di merito dovrà dapprima stimare il danno complessivo, indi detrarre la quota in capo agli altri componenti il nucleo familiare (che non hanno formulato domanda sul punto e che ne avrebbero avuto la legittimazione) e liquidare unicamente il danno patrimoniale subito dalla ricorrente per l’attività domestica svolta per se stessa nell’ambito del nucleo familiare.
La Corte, quindi, insegna che il danno patrimoniale da perdita dell’attività di casalinga per il proprio nucleo familiare è risarcibile come danno, appunto, patrimoniale e vede come legittimati tutti i familiari che godono dell’attività casalinga della danneggiata e che, in seguito alle lesioni, non potranno più essere svolte. La liquidazione si effettuerà in via equitativa, applicando il CCNL delle colf o il criterio del triplo della pensione sociale.
La sentenza è cassata e rimessa alla Corte di merito per la decisione che dovrà tenere in conto i predetti principi.

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Michele Allamprese

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