Indice
1. La questione
Il Tribunale di Roma respingeva una istanza di riesame proposta da un imputato, già condannato in primo grado per i reati di cui agli artt. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, 337 e 495 cod. pen., avverso il provvedimento cautelare che per tali fatti gli aveva imposto la misura degli arresti domiciliari.
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che deduceva violazione di legge in relazione agli artt. 275 cod. proc. pen. e 163, 164 cod. pen., sostenendosi in particolare che il Tribunale capitolino avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla ritenuta adeguatezza e proporzionalità della misura coercitiva in atto, mancando, altresì, di considerare la possibilità di conseguire nel merito il beneficio della sospensione condizionale della pena, sussistendone i requisiti.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso proposto era ritenuto manifestatamente infondato in quanto, ad avviso del Supremo Consesso, la valutazione svolta da Tribunale era argomentata e niente affatto apodittica, avendo portato a ritenere necessario il mantenimento della misura custodiale domiciliare, considerata l’alta probabilità di recidiva nel reato.
In particolare, per quanto concerne la mancata valutazione circa la concedibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena, gli Ermellini, una volta fatto presente che il giudice di merito aveva posto in evidenza come il ricorrente, nonostante la giovane età, risultasse più volte processato e come il suo percorso criminale venisse ad impedire una prognosi positiva di astensione dalla commissione di ulteriori reati, richiamano, a sostegno della correttezza dell’operato di questo giudice, quell’orientamento nomofilattico, autorevolmente espresso (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011) e costantemente ribadito (Sez. 6, n. 50132 del 21/11/2013), secondo il quale la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato (art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.) esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena in quanto la concessione della sospensione medesima è indefettibilmente correlata ad una previsione favorevole in ordine alla condotta futura del condannato, essenzialmente esclusa dalla contraria valutazione in termini di concreto ed attuale pericolo di reiterazione.
Tal che se ne faceva conseguire come la valutazione del Tribunale fosse stata ineccepibile e scevra da critiche sul piano della legittimità e della congruità logica.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando non è necessario procedere a norma dell’art. 275, co. 2-bis, primo periodo, cod. proc. pen. che, come è noto, dispone che non “può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena”.
Difatti, si afferma in tale pronuncia, lungo il solco di un costante indirizzo interpretativo elaborato dalla Cassazione in subiecta materia, che la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato (art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.) esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena.
E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di questo approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che, al contrario, sostenga la mancata applicazione dell’art. 275, co. 2-bis, primo periodo, cod. proc. pen. laddove il giudice de libertate abbia ravvisato la sussistenza di cotale esigenza cautelare.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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