Personale militare e applicazione della L. 104/1992 (e succ. mod. e int.)

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Sommario: 1. Nozioni generali. – 1.1. Sentenza del Consiglio di Stato n. 3411/2012. – 2.  Casistica giurisprudenziale.

 

 

 

1. Nozioni generali

 

Argomento di particolare interesse (anche e soprattutto a livello giurisprudenziale) è quello concernente l’applicabilità della legge n. 104 del 1992 al personale militare.

La domanda, infatti, da porsi è la seguente: la legge 104 del 1992 si applica anche al personale militare ed alle forze di polizia, riconoscendo, quindi pari diritti tra cittadini in uniforme e gli altri? .

Svariate sono le problematiche, infatti, legate alla valutazione del diniego da parte dell’Amministrazione Militare dei benefici previsti dalla legge n. 104/1992 ed in particolar modo rispetto alle agevolazioni previste con riguardo alla possibilità di ottenere uno spostamento della sede di lavoro.

La legge 4 novembre 2010, n. 183  ha apportato, come noto,  modifiche alle norme che disciplinano i trasferimenti ex legge 104/1992.

L’art. 24 della legge 183/2010 ha apportato le seguenti modifiche alla normativa che disciplina i trasferimenti ex legge 104/1992.

 

 

Norma previgente

1. Le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,  come  modificato  dall’articolo  19  della  presente  legge, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonche’ ai  genitori  ed  ai  familiari  lavoratori,  con  rapporto di lavoro pubblico  o privato, che assistono con continuita’ e in via esclusiva un  parente  o  un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorche’ non convivente.

 

Norma vigente

1. Le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,  come  modificato  dall’articolo  19  della  presente  legge, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonche’ ai  genitori  ed  ai  familiari  lavoratori,  con  rapporto di lavoro pubblico  o privato, che assistono con continuita’ e in via esclusiva un  parente  o  un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorche’ non convivente

 

 

Alla legge n. 104 del 1992, come già evidenziato, sono state apportate delle modifiche da parte della legge del 4 novembre 2010 n. 183 tra cui occorre segnalare, nell’ambito di cui trattiamo:

–         abrogazione del requisito della continuità ed esclusività dell’assistenza (3);

–         viene limitata la platea dei soggetti che possono fruire dell’agevolazione in relazione al grado di parentela o affinità (4);

–         si deve trattare sempre di assistenza a persona con handicap grave;

–         scompare ogni riferimento alla convivenza con la persona da assistere, prevista, invece, dalla precedente formulazione del comma 3 dell’articolo 33 della legge n. 104/1992;

–         scelta della sede di lavoro: il lavoratore può scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (prima era la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio;

–         un solo lavoratore può fruire dell’agevolazione per la stessa persona con handicap

 

 

 

1.1. Sentenza del Consiglio di Stato n. 3411/2012

 

Recente giurisprudenza in tal senso (1), dopo lunghi contrasti in ordine alla questione sottesa,  ha definitivamente affermato l’applicabilità della “nuova legge 104/1992” così come modificata dal c.d. Collegato Lavoro, ovvero la legge n. 183/2010, anche ai militari ed alle forze dell’ordine.

Nella menzionata sentenza si è precisato che l’articolo 24 della precitata legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (Permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge n. 104 del 1992, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio; l’art. 19 della medesima legge, rubricato “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, tuttavia, ha previsto che: “…1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.  2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”. Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce un passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.

Si legge ancora testualmente nella sentenza n. 3411/2012 che “L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel riconoscere la “specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni, primo dei quali è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.

Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze Armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti: ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti. Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco. Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n. 104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione.  della norma sostituita. Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte: essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio. In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni: sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco. Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme. L’appello è in conclusione accolto, con la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento degli atti ivi impugnati. Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell’istanza di trasferimento.

La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio”.

La nuova legge 104/1992 è di immediata applicabilità. Pertanto, è irrilevante e non opponibile agli interessati che le rispettive amministrazioni non abbiano ancora provveduto a pubblicare circolari esplicative in materia.

Tutti coloro che si trovino nelle condizioni di beneficiare dell’articolo 33 della legge 104/1992 (trasferimento di sede o permessi mensili) possono presentare istanza ed i superiori hanno l’obbligo di riceverla e di evaderla.

Come ha chiarito il Consiglio di Stato, il trasferimento di sede ed i permessi mensili spettano anche a colui che abbia altri parenti astrattamente idonei e disponibili ad assistere il congiunto disabile. Nemmeno è più necessario che il rapporto di assistenza sia già in atto, ben essendo possibile instaurarlo ex novo.

L’unica condizione richiesta è che nessun altro parente fruisca già dei benefici in esame (2).

Sempre il Consiglio di Stato, in altre decisioni, ha stabilito che, ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 183 del 2010, la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze armate, alle Forze di polizia e al Corpo Nazionale dei vigili del fuoco solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dal citato articolo 19 (sentenza n. 2707/11 del Consiglio di Stato (sez. quarta); sentenza n. 66/2012 del Consiglio di Stato (sez. quarta); sentenza n. 300/2012 del Consiglio di Stato (sez. quarta); in almeno altre due occasioni, invece, sempre il Consiglio di Stato si è pronunciato favorevolmente (sentenza n. 7025/11 del Consiglio di Stato (sez. terza); sentenza n. 6987/11 del Consiglio di Stato (sez. terza).

 

 

 

2. Casistica giurisprudenziale

 

L’inidoneità permanente rileva quale impossibilità della prestazione lavorativa anche se accertata senza ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio (nella specie, relativa a un licenziamento di un infermiere seguito all’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante da una forma di

In presenza di istanza di trasferimento di sede lavorativa, alla luce anche delle recenti modifiche apportate all’art. 33 della legge n. 104 del 1992 dalla legge 4 novembre 2010, n. 183 e poi dal d.lgs. 18 luglio 2011, n. 119, la P.A. datrice di lavoro deve tenere conto delle attuali necessità assistenziali dell’interessato ed anche delle esigenze di servizio che, peraltro, per essere ritenute (eventualmente) prevalenti sugli interessi tutelati alla assistenza di soggetti in condizioni di handicap, devono essere rilevanti e non possono essere oggetto di indicazione solo generica (Conferma della sentenza del T.a.r. Lombardia, Milano, sez. III, 11 febbraio 2011, n. 463).

Cons. Stato, sez. III, 11 ottobre 2011 n. 5508

 

Il quinto comma dell’art. 33 della legge n. 104/1992 permette l’avvicinamento della sede di servizio assegnata solo ove questa assegnazione abbia interrotto una situazione di assistenza in atto in favore del parente o affine entro il terzo grado disabile. In questo senso milita anche la disposizione posta alla fine del comma in esame e per la quale il lavoratore che presta l’assistenza “non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”, restando confermato che la norma tutela le situazioni di assistenza già in atto (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, quater, n. 1570/2008).

Cons. Stato, Sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5231

 

L’istanza di trasferimento di sede lavorativa prevista dalla legge n. 104 del 1992 spetta soltanto quando risulti la esclusività e la continuità della assistenza da parte del richiedente ad un parente o affine entro il terzo grado con handicap in situazione di gravità, per l’assenza di altri familiari – che ne abbiano la materiale possibilità – tenuti a prestare gli obblighi di assistenza (Conferma della sentenza del T.a.r. Puglia – Lecce, sez. III, n. 4944/2005).

Cons. Stato, Sez. IV, 06 aprile 2011, n. 2134

 

 

La disciplina di cui all’art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992 non configura un diritto soggettivo di precedenza al trasferimento del familiare lavoratore (che effettivamente assiste con continuità un parente portatore di handicap), bensì un interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio, ove possibile, con l’ineludibile conseguenza che la pretesa del lavoratore, impegnato effettivamente ad assistere con continuità un parente portatore di handicap, alla scelta della sede di lavoro deve trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell’Amministrazione di appartenenza (Riforma della sentenza del T.a.r. Liguria, sez. I, 1 aprile 2005, n. 408).

Cons. Stato, Sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 923 Ministero dell’Economia e delle Finanze C. De.Re.Au.

 

 

La pubblica amministrazione deve accogliere la richiesta di trasferimento del lavoratore motivata da una grave situazione personale, anche se nell’ufficio di destinazione non ci sono posti disponibili. Il rischio del sovrannumero è infatti un elemento secondario rispetto all’esigenza del dipendente di assistere il coniuge gravemente malato: le gravi esigenze personali prevalgono infatti su quelle dell’organizzazione dell’organico. 

In applicazione dell’art. 55 del d.P.R. n. 335 del 1982, il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio, laddove, sussistano gravi ed eccezionali situazioni personali.

TAR Puglia – Lecce, sez. III, 24 settembre 2010 n. 1990

 

L’art. 33 della legge prevede al comma 5 che “il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

La finalità perseguita dal legislatore di favorire l’integrazione nella famiglia di provenienza della persona handicappata “è pertanto perseguita attraverso un’agevolazione per il familiare lavoratore, che gli consenta o gli renda più agevole, mediante l’assegnazione ad una sede di lavoro il più vicino all’abitazione, di accudire e assistere nel miglior modo il parente o l’affine portatore di handicap” (così T.A.R. Calabria – Reggio Calabria 10.10.93 n. 908; nello stesso senso: T.A.R. CAMPANIA – Napoli, Sezione 7: Sentenza 10.05.2007, n. 4909 e, da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione 4, Sentenza 30 giugno 2010, n. 4164 che specifica come la Legge n. 104/1992 conferisce …al dipendente, sia pubblico che privato, “…il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio…”).

 

Il Consiglio di Stato, sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3991, ha stabilito che «i trasferimenti ai sensi della l. n. 104/1992 per l’assistenza a parenti dichiarati invalidi e bisognevoli di cure, per essere concessi, devono presentare, tra gli altri, l’elemento della continuità, nel senso che l’assistenza doveva essere già prestata al momento in cui si è instaurato il rapporto di servizio con l’amministrazione, per cui in questi casi la stessa amministrazione pubblica è tenuta, nei limiti delle proprie esigenze organizzatorie, ad evitare che si interrompa un’assistenza in atto».

Quale corollario di tale orientamento si è poi affermato che «alla formula dell’assistenza “in via esclusiva” richiesta dall’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992 ai fini del riconoscimento del trasferimento deve essere riconosciuto il significato dell’indisponibilità (e non dell’inesistenza) oggettiva e soggettiva di altre persone in grado di sopperire alle esigenze assistenziali»; (così Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3566 e si veda anche Consiglio Stato, sez. VI, 27 luglio 2007, n. 4182 che valorizza «il gradimento del disabile all’assistenza da parte del richiedente »).

 

 

 

Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master e in corsi per aziende; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq


 

 

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(1)    Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 luglio 2012 n. 3411. Il Consiglio di Stato ha chiarito che la legge n. 104/1992, ed in particolare l’articolo 33, così come modificato dall’articolo 24 della legge n. 183/2010, si applicano anche ai militari, alle forze dell’ordine ed ai vigili del fuoco. Il principio di specificità delineato dall’articolo 19 della legge n. 183/2010 non è ostativo all’applicazione diretta della legge.

(2)    Cfr. sul punto http://www.grnet.it/giustizia/4174-la-legge-1041992-dopo-la-svolta-del-consiglio-di-stato-istruzioni-per-luso

(3)    Prima il prestatore di lavoro doveva assistere con continuità ed in via esclusiva il parente o affine con handicap grave; dopo le modifiche del 2010, atteso che il comma 5 (trasferimenti) rimanda al comma 3 (permessi) per individuare i beneficiari dei trasferimenti, è necessario solamente che il lavoratore assista un parente o un affine con handicap grave, anche quindi, in modo saltuario e non in via esclusiva.

(4)    Dopo le modifiche il parente o affine da assistere deve essere ordinariamente entro il secondo grado (entro il terzo grado soltanto “qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Rinaldi Manuela

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